Cop 28: una finestra quotidiana sul grande incontro sul clima
6 dicembre, negoziazione multilivello, ambiente costruito e trasporti
Echi della giornata su clima e transizione energetica. La dichiarazione sull'idrogeno. Il confronto per tracciare una nuova strada sull'urbanizzazione e sulla mobilità. La società civile a Dubai. 8/12/23
Siamo a metà strada qui a Dubai e il discorso raggiunge l’acme. Le iniziative e le pubblicazioni di nuovi studi e pareri si moltiplicano. Il 6 dicembre è arrivato Vladimir Putin in visita agli Emirati Arabi Uniti. Il presidente russo, soggetto a un mandato d'arresto da parte della Corte penale internazionale per l'invasione dell'Ucraina da parte del suo Paese, ha incontrato ad Abu Dhabi il leader degli Emirati, Zayed Al Nahyan. Poi andrà in Arabia Saudita da Mohammed bin Salman e incontrerà anche il presidente iraniano. Nessuno dei Paesi arabi ha firmato il trattato istitutivo della Corte penale internazionale, Putin non rischia niente. L’Associated Press ha affermato che i colloqui di Putin si concentreranno probabilmente sulla produzione di petrolio.
Le previsioni su un buon esito della Cop 28 sono sempre più incerte. È ora il momento cruciale in questi colloqui sul clima, laddove si deve vedere se la collettività internazionale intende aumentare le proprie ambizioni e fare sul serio (Kerry), o ripiegare sconfitta. Nella prima settimana ognuno ha lucidato le proprie medaglie, l’Africa sul loss and damage, l’Europa sul carbon pricing, gli Stati Uniti con l’impegno a non costruire nuove centrali a carbone e a triplicare le energie rinnovabili. Ma la seconda settimana è un’altra storia nella quale deve venir fuori un progetto comune e condiviso sul quale peserà la controversia tra gli Stati Uniti con il loro gas e la Cina con il suo carbone. Proviamo a fare un punto per temi.
Clima
La pressione si sta accumulando sui negoziatori della Cop 28 dopo che il Copernicus Climate Change Service europeo (C3s) ha annunciato mercoledì che novembre è il sesto mese consecutivo con il record della temperatura media e che il 2023 si appresta a strappare al 2016 il primato di anno più caldo. Un nuovo rapporto avverte che la Terra è sul punto di incontrare cinque punti critici climatici catastrofici (tipping point) a causa dell’inquinamento da carbonio nell’atmosfera, con altri tre in vista nel 2030 se il mondo si surriscalda di più di 1,5 °C. I punti critici nel sistema Terra rappresentano minacce di una portata mai affrontata dall’umanità. Possono innescare devastanti effetti domino, inclusa la perdita di interi ecosistemi e della capacità di coltivare colture di base, con impatti sociali tra cui migrazioni di massa, instabilità politica e default finanziari. I punti critici a rischio includono il collasso delle grandi calotte glaciali in Groenlandia e nell’Antartico occidentale, il diffuso scioglimento del permafrost, la morte delle barriere coralline nelle acque calde e l’arresto della circolazione oceanica nel Nord Atlantico. A differenza di altri eventi climatici, come ondate di caldo sempre più frequenti e diffuse e precipitazioni più intense, il sistema climatico perde l’attuale parvenza di proporzionalità con le emissioni di gas serra e passa in maniera irreversibile da uno stato a uno completamente diverso. Quando il sistema climatico cambia di stato, cosa che a volte può accadere con uno shock improvviso, può alterare in modo permanente il modo in cui funziona il pianeta.
Energia
Continuano ad affluire azioni e proposte dopo la giornata del 5 dicembre dedicata all’energia. Il Global Decarbonization Accelerator (Gda), appena lanciato, propone un insieme di azioni volte a decarbonizzare il sistema energetico esistente puntando sul sistema industriale per costruire il sistema energetico del futuro. Ricordiamo che 118 governi si sono impegnati a triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030, il Target del settimo Obiettivo di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030. Il raggiungimento di emissioni nette zero dal settore energetico entro il 2050 si basa sulla capacità del mondo di triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030.
Nel Gda si inserisce la Dichiarazione di intenti sull'idrogeno degli Emirati Arabi Uniti, con 39 Paesi che approvano uno standard globale di certificazione dell'idrogeno. L’idrogeno è un vettore energetico versatile che potrebbe aiutare a decarbonizzare settori difficili da abbattere. Sulla base dei progetti annunciati, la fornitura di idrogeno potrebbe aumentare di quasi 40 volte entro il 2030. Questa dichiarazione potrebbe contribuire a sbloccare la crescita del settore. La Carta per la decarbonizzazione di O&G è stata firmata da 50 aziende che rappresentano oltre il 40% della produzione globale di petrolio e gas. I firmatari si sono impegnati a ridurre al minimo le emissioni nette entro il 2050 per tutte le emissioni Scope 1 e 2 (derivanti dalla produzione e non dall'uso), a ridurre quasi a zero le emissioni di metano nelle operazioni upstream entro il 2030, a portare a zero il flaring di routine entro il 2030 e ad aumentare la trasparenza nella rendicontazione delle emissioni.
Phase-out dei fossili
Ci si confronta duramente tra i negoziatori secondo cui una eliminazione dei combustibili fossili è necessaria per mantenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 °C al di sopra dei livelli preindustriali, e quelli secondo cui una eliminazione ordinata e graduale dei fossili unabated è accettabile. Che cosa voglia dire unabated è un altro nodo da sciogliere. Comunemente si concede che i settori difficili da abbattere siano acciaio, cemento, prodotti chimici e forse aviazione. Alcuni poi parlano di catturare il carbonio e stoccarlo senza ricorso ad alcun phase-down, chiamiamoli i seguaci di Al Jaber. Qualcuno ha avanzato un paradosso: possiamo fare a meno dell’eliminazione dei fossili, più o meno graduale, se riusciamo a eliminare dall’atmosfera tutto il carbonio emesso da qui in avanti, più tutto il carbonio emesso dopo che quasi certamente avremo consumato il budget di carbonio degli 1,5°C.
La lobby fossile, che spesso sostiene questo tipo di argomentazioni, non ha un piano concreto per eliminare il carbonio su tale scala così rapidamente. È quasi impossibile farlo e costerebbe molto più della decarbonizzazione rinnovabile e farebbe perdere i benefici di un ambiente più pulito, più sicuro e anche più produttivo. La capacità tecnico-economica limitata di cui disponiamo per sviluppare i mezzi per eliminare il carbonio deve concentrarsi sulle emissioni difficili da abbattere. Facendo due conti, a meno che non abbiamo da spendere mille miliardi di dollari all’anno, 10 volte il Green climate fund, 120 dollari all’anno per ogni essere vivente, per portare la Ccs dalla attuale capacità di 45 Mt a 32 Gt/yr, le alternative rinnovabili restano vincenti, costando circa 30 volte di meno (UniOxford).
La Ccs è una delle questioni più controverse della Cop. Molte delle aziende industriali e degli investitori qui stanno scommettendo molto sulla Ccs, partendo dal presupposto che l’economia sarà lenta nel trovare alternative economicamente vantaggiose ai combustibili fossili. Il linguaggio attualmente sul tavolo per la decisione finale della Cop 28 richiede un massiccio incremento della Ccs, senza alcuna limitazione sulla portata o sui settori per cui può essere utilizzata. Vanessa Nakate, la Greta africana, ha ammonito (video) che se vogliamo essere concreti nell’aiutare le persone che vivono in comunità vulnerabili, dobbiamo affrontare non solo i sintomi della crisi climatica ma anche la causa principale, ovvero l’uso di combustibili fossili. La prima cosa che dovremmo fare per ridurre le perdite e i danni è smettere di estrarre e bruciare nuovo carbone, petrolio e gas. Il successo della Cop 28 dipenderà dal fatto che i leader avranno o meno il coraggio di chiedere un’eliminazione graduale giusta ed equa di tutti i combustibili fossili, senza scuse ed eccezioni.
Un monito arriva anche dall’Italia dal Club di Roma. Una lettera aperta firmata da circa 75 scienziati afferma che l’eliminazione graduale dei combustibili fossili è necessaria per mantenere in vita l’obiettivo degli 1,5 °C di Parigi. Scenari coerenti con questo obiettivo richiedono la completa eliminazione del carbone entro il 2050 e una rapida eliminazione del petrolio e del gas (dimezzandoli ogni decennio). Subito dopo il 2050 il mondo dovrà provvedere alle emissioni nette negative per avere 1,5 °C a fine secolo.
Sul metano disperso le opinioni sembrano più concordi. Mitigare ed eliminare l’inquinamento da metano, un gas serra molto potente e di breve vita, è un altro grande obiettivo della Cop 28. Un impegno globale sul metano è stato lanciato per la prima volta alla Cop 26, con oltre 150 Paesi firmatari che hanno accettato di contribuire volontariamente a ridurre l’inquinamento da metano del 30% entro il 2030. Durante i lavori della Cop 28, la Banca mondiale dovrebbe annunciare un nuovo fondo dedicato alla tecnologia di rilevamento delle perdite di metano nei Paesi in via di sviluppo, con il sostegno indipendente di alcune compagnie petrolifere e del gas. Il 2 dicembre gli Stati Uniti e la Cina hanno ospitato un vertice sul metano e sui gas diversi dalla CO2 e la Cina si è impegnata a includere per la prima volta il metano nel suo piano climatico 2035. Durante il fine settimana, gli Stati Uniti hanno reso note nuove norme sul metano che si stima impediranno a 58 Mt di metano di raggiungere l’atmosfera tra il 2024 e il 2038. Nello specifico, le norme vietano il flaring nei pozzi petroliferi appena perforati e impongono alle compagnie petrolifere di monitorare le perdite dai pozzi e dalle stazioni di compressione tramite sensori di terze parti.
Adattamento
Mitigare il cambiamento climatico in un contesto politico o sociale non significa mai limitare gli impatti della crisi climatica, come costruire rifugi contro condizioni meteorologiche estreme. Tutto ciò che ha a che fare con gli impatti della crisi climatica è in realtà adattamento. Sfortunatamente molte persone si confondono e usano la mitigazione quando intendono adattamento. Per mitigazione si deve intendere sempre abbattimento delle emissioni di gas serra. Significa ridurre le emissioni o frenare la loro crescita futura. I Paesi ricchi devono ridurre effettivamente le proprie emissioni e per conseguenza le emissioni globali. Gli altri, i più poveri, possono solo tentare di frenare l’aumento il più possibile. I negoziati su questo importante aspetto dell’accordo di Parigi non stanno procedendo abbastanza velocemente e dal Global Stocktake ci si aspetta la definizione della direzione futura dell’azione di mitigazione.
L’adattamento, nel frattempo, ha i suoi problemi. Innanzitutto è sottofinanziato, sottostaffato e sottostimato: siamo lontani dalla parità tra sforzo di mitigazione e di adattamento. Sono in corso un po' in sordina discussioni su un obiettivo globale in materia di adattamento, che dovrebbe eguagliare per carisma l’obiettivo degli 1,5 °C di Parigi. In carenza di una visione condivisa, i Paesi in via di sviluppo vogliono almeno il raddoppio dei finanziamenti destinati all’adattamento. Sottolineano che i Paesi poveri già spendono gran parte dei loro bilanci, che potrebbero essere spesi meglio in sanità o istruzione, dovendo risolvere i problemi causati da condizioni meteorologiche estreme, e questo è insostenibile e ritarda il loro sviluppo di anni. Tali discussioni rappresentano una preoccupazione vitale per il mondo in via di sviluppo, che rivendica progressi più rapidi su questo fronte nei prossimi giorni a Dubai. Le misure per l’adattamento al cambiamento climatico sono la Cenerentola del negoziato e nulla cambierà alla Cop 28 soprattutto perché le perdite e danni hanno preso il campo.
Qualche settimana fa l’Ocse aveva annunciato che i finanziamenti per l’adattamento sono diminuiti del 14% tra il 2020 e il 2021. Poi ci sono state le promesse del Fondo per l’adattamento alla Cop 28. Francia e Germania ribattono le cose già dette alla Cop 27 e Stati Uniti, Ue, Regno Unito e Giappone faranno lo stesso. Una fonte di liquidità potrebbero essere i mercati del carbonio. Ma a marzo, i venditori di crediti di carbonio e le banche specializzate hanno respinto il tentativo di imporre una tassa obbligatoria sulle compensazioni per finanziare l’adattamento. Così raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento dai livelli del 2019 entro il 2025 è una chimera oltreché una goccia nel mare. Raggiungere l’obiettivo significherebbe disporre di 40 miliardi di dollari l’anno. Le Nazioni Unite affermano che le esigenze di adattamento ammonteranno a circa 140-300 miliardi di dollari all’anno entro il 2050.
Il mercato del carbonio
Una serie di scandali di greenwashing di alto livello portati alla luce dalla stampa negli ultimi mesi non ha smorzato gli entusiasmi nella Cop 28 per una delle soluzioni climatiche più controverse: i crediti di compensazione del carbonio. Il vertice è inondato di aziende, governi e gruppi di supervisione indipendenti che cercano di tagliare o agevolare gli accordi di scambio delle emissioni di carbonio e di ricucire la malconcia reputazione del settore. Kerry, il presidente keniota e altri alti funzionari a Dubai hanno sostenuto il ruolo che i crediti di carbonio possono svolgere nel guidare il capitale privato dalle aziende ad alte emissioni negli Stati Uniti e in Europa verso progetti di riduzione del carbonio nel sud del mondo, come le energie rinnovabili e la conservazione delle foreste. Decine di sviluppatori di progetti stanno partecipando al vertice, proponendo compensazioni derivate da tutto, dalle alghe e dall'allevamento del bestiame agli impianti solari e alla conservazione delle foreste. Il loro obiettivo generale è quello di scrollarsi di dosso la reputazione di una contabilità scadente che ha sopravvalutato irresponsabilmente i benefici climatici dei progetti, così come le accuse di accaparramento di terre e di trattenuta dei proventi finanziari destinati alle comunità locali.
L’articolo 6 dell’Accordo di Parigi consente ai Paesi di trasferire i crediti di carbonio accumulati grazie agli sforzi nazionali di mitigazione delle emissioni di gas serra, come la riforestazione o la protezione delle foreste, ad altri paesi che hanno bisogno di aiuto per raggiungere i propri obiettivi climatici. Il quadro dell’articolo 6 è stato ufficialmente approvato alla Cop 26 di Glasgow, ad eccezione di una componente cruciale: un sistema di verifica dei crediti di carbonio. I crediti di carbonio venduti sui mercati volontari e di conformità esistenti vengono verificati da terzi privati prima della loro vendita finale. Ma non esiste uno standard globale che guidi questi processi, il che lascia il sistema creditizio vulnerabile alle fluttuazioni di valutazione e al potenziale greenwashing. Il risultato finale delle discussioni sull’articolo 6 potrebbe avere un impatto su crediti di carbonio, se genuini e regolati, per miliardi di dollari.
Global stocktaking
Non possiamo cadere nella trappola dei conti del ragioniere, ha detto Stiell, il capo della Unfccc, e nemmeno della politica del minimo comune denominatore. Tutti i governi devono dare ai propri negoziatori chiari ordini di marcia. Abbiamo bisogno della massima ambizione. Abbiamo un testo iniziale sul tavolo... ma è un mucchio di liste dei desideri oggetto di feroci contrasti. Ci sono molte opzioni sul tavolo in questo momento che parlano dell’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Spetta ai Paesi risolvere questo problema, che significa elaborare una dichiarazione molto chiara che segnali il declino terminale dell’era dei combustibili fossili come la conosciamo.
Finanziamento
In sintesi la situazione ad oggi degli impegni (pledges), rappresentata dalla presidenza della Cop 28, è la seguente:
- Loss and damage: 726 milioni di dollari
- Green climate fund: 3,5 miliardi di dollari (aumenta il secondo replenishment di 12,8 milioni di dollari)
- Adaptation fund: 133,6 milioni di dollari
- Least developed countries fund: 129,3 milioni di dollari
- Special climate change fund (Sccf): 31 milioni di dollari
- Renewable energy: 5 miliardi di dollari
- Cooling: 25,5 milioni di dollari
- Clean cooking: 30 milioni di dollari
- Technology: 568 milioni di dollari
- Methane: 1,2 miliardi di dollari
- Climate finance: 30 miliardi di dollari dagli Emirati Arabi Uniti, 200 milioni di dollari in diritti speciali di prelievo e 32 miliardi di dollari dalle banche multilaterali di investimento
- Food: 3,1 miliardi di dollari
- Nature: 2,6 miliardi di dollari
- Health: 2,7 miliardi di dollari
- Water: 150 milioni di dollari
- Gender: 2.8 milioni di dollari
- Relief, recovery and peace: 1,2 miliardi di dollari.
Ambiente costruito
Il 6 dicembre è stato, tra l’altro, la giornata della rigenerazione urbana. Un comunicato stampa dalla leadership della Cop 28 informa di un incontro ministeriale sull’urbanizzazione e il cambiamento climatico, in cui i ministri del governo, i leader regionali, i sindaci, presenti numerosi a Dubai, le istituzioni finanziarie e le parti interessate non governative sono stati esortati a sostenere una Dichiarazione congiunta sui risultati sull’urbanizzazione e il clima. Si concentra su come le città dovrebbero essere progettate in modo rispettoso del clima e su come proteggere i residenti dal peggioramento degli impatti del collasso climatico, come siccità, ondate di caldo e inondazioni.
La dichiarazione, sostenuta da 40 ministri dell’edilizia abitativa e dello sviluppo, definisce un piano in 10 punti per promuovere l’inclusione delle città nel processo decisionale sul cambiamento climatico, guidare l’azione multilivello per il clima e accelerare l’implementazione dei finanziamenti per il clima urbano in modo che le città sono preparati e sostenute per rispondere alla crisi climatica. La presidenza della Cop 28 ha affermato che ben il 90% delle città è minacciato dall’innalzamento del livello del mare e dalle tempeste e che tende ad essere più caldo delle aree rurali: i loro residenti affrontano temperature in media 10 °C più alte.
La Cop 28 rappresenta un cambio di paradigma verso l’azione. Stiamo dando potere e sostegno alle città in prima linea nel cambiamento climatico per cogliere l’iniziativa, ha detto Al Jaber. Abbiamo portato qui oltre 450 sindaci e governatori alla Cop 28 e la loro conoscenza del territorio è fondamentale per dare forma alle nostre soluzioni globali. Quando parliamo di inclusività intendiamo questo: abbiamo bisogno che tutte le voci siano al tavolo. Ogni città ha esigenze e soluzioni individuali, ma fondamentalmente questo è un problema globale. Dubai è una di queste città che sta affrontando temperature alle stelle. Mentre i suoi abitanti più ricchi possono godere di aria condizionata fresca e persino di una pista da sci al coperto per ripararsi dal caldo insopportabile, i lavoratori più poveri non sono così fortunati. Una recente indagine ha scoperto che i lavoratori migranti a Dubai hanno lavorato a temperature pericolosamente alte per preparare le strutture per la Conferenza.
Trasporti
Altro importante tema della giornata. La Cop può a buona ragione prendere atto che la crescente flotta di veicoli elettrici (Ev) in tutto il mondo sta già incidendo sorprendentemente sulla domanda di petrolio. Il punto di svolta è stato il sostegno politico al passaggio all'elettrificazione, riducendo in modo sostanziale la domanda di petrolio da parte del settore dei trasporti, che è stato il motore principale della crescita della domanda globale di petrolio (Iea). Secondo l’Iea, i trasporti sono responsabili di circa il 60% della domanda mondiale di petrolio, mentre gli Stati Uniti da soli rappresentano circa il 10%. Questa quota dovrebbe diminuire, poiché l’Iea prevede che i veicoli elettrici avranno cancellato circa 5 milioni di barili al giorno della domanda mondiale di petrolio entro il 2030. Secondo gli esperti del settore, il tasso di futura adozione dei veicoli elettrici dipenderà fortemente dai prezzi e dalla disponibilità di stazioni di ricarica.
A Dubai c’è anche una società civile
Il conflitto a Gaza ha avuto un forte impatto sui colloqui sul clima della Cop 28 di Dubai. Mentre i delegati discutevano dei piani per affrontare il cambiamento climatico, in disparte gli attivisti cercavano di attirare l’attenzione sul massacro di persone nel territorio palestinese. Ma mentre molti gruppi per la giustizia climatica si sono rapidamente inseriti a Dubai nella campagna su Gaza, in alcuni Paesi la questione è molto più controversa, e figure di spicco dell’attivismo climatico, in particolare Greta Thunberg, sono state criticate per aver sposato la causa palestinese. Riferisce il Guardian che, quando Greta ha pubblicato una sua foto con in mano un cartello “sosteniamo Gaza” su Instagram in ottobre, la reazione in Israele e Germania è stata dura e immediata. Un portavoce delle forze di difesa israeliane (Idf) inizialmente ha spropositato a Politico che chiunque si identificherà in qualsiasi modo con Greta in futuro è un sostenitore del terrorismo, sciocchezza in seguito ritrattata. Non senza una ragione Israele ha chiesto a Greta di parlare a nome delle sue vittime, accompagnando l’istanza con prese di posizione variamente minacciose. In Germania, politici ed esperti di tutto lo spettro politico hanno chiesto che il ramo nazionale di Fridays for Future, il movimento di protesta studentesco avviato da Greta nel 2018, prendesse le distanze dalle opinioni di lei. Il gruppo ha rilasciato una dichiarazione in cui sottolinea il suo sostegno al diritto di esistere di Israele e, nelle settimane successive, ha preso esplicitamente le distanze dai post sui social media pubblicati dal gruppo internazionale. Der Spiegel ha rincarato la dose chiedendo se Greta non abbia tradito il movimento per il clima. La risposta di F4F e di Greta sul Guardian non lascia spazio a speculazioni: “Gli orribili omicidi di civili israeliani da parte di Hamas non possono in alcun modo legittimare i crimini di guerra in corso da parte di Israele. Il genocidio non è legittima difesa, né è in alcun modo una risposta proporzionata”. La violenza in Israele e a Gaza dal 7 ottobre è diventata un punto critico inaspettato per gli attivisti climatici nei Paesi ricchi. Mentre i leader mondiali si incontrano per il vertice Cop 28 a Dubai, i movimenti, molti dei quali hanno costruito il loro sostegno sull’inclusione e sulla giustizia globale, sono divisi su se e come prendere posizione sul conflitto a Gaza, posto che prendere una posizione sia il modo giusto di approcciare il problema.
Il 7 dicembre a Dubai il negoziato ha osservato un giorno di riposo, ed anche noi.
di Toni Federico, coordinatore del Gruppo di lavoro "Energia e Clima" (Goal 7-13) dell’ASviS e del Comitato tecnico-scientifico della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Gli approfondimenti completi sono disponibili sul sito della Fondazione.
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