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Il contrasto al caporalato è legge
Il 18 ottobre la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente il ddl sul caporalato. Dalla responsabilità del datore di lavoro all’innalzamento delle pene, la legge interviene per contrastare il fenomeno attraverso modifiche sulle disposizioni penali, tra cui la riscrittura del reato e un rafforzamento del Fondo anti-tratta.
Novembre 2016
Ecco una sintesi dei punti modificati dalla nuova norma.
- Il nuovo reato di caporalato
I. Il caporalato in senso stretto. Intermediazione
II. Il La condotta dell’imprenditore. Sfruttamento
III. Indici di sfruttamento
IV. Circostanze aggravanti speciali
2. Attenuanti, confisca e Fondo Anti-tratta
3. Interventi sulla Rete del lavoro agricolo di qualità
4. Riallineamento retributivo
1. Il nuovo reato di caporalato
Il primo articolo della legge riscrive l’art. 603 bis del Codice Penale rubricato “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, riformulando la fattispecie di reato.
All’attuale formulazione, verrà sostituita la seguente:
Con la nuova formulazione, i fatti oggetto di repressione diventano due: da una parte il c.d. caporalato in senso stretto, tipizzato come reclutamento di “manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori”; dall’altra il caporalato in senso ampio, cioè la condotta dell’imprenditore che “utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione (caporalato), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”.
I. Il caporalato in senso stretto. Intermediazione
Il reato di caporalato viene scisso in due ipotesi: a) un’ipotesi base che punisce chi “recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori”; b) un’ipotesi aggravata caratterizzata dall’utilizzo di “violenza o minaccia”.
L’ipotesi base viene punita con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ogni lavoratore reclutato.
L’ipotesi aggravata dall’utilizzo di violenza o minaccia, invece, viene sanzionata con le medesime pene previste dalla previgente disciplina: reclusione da cinque a otto anni e multa da 1.000 a 2.000 euro per ogni lavoratore reclutato.
L’aver previsto la punibilità (comprensibilmente attenuata) anche delle condotte che prescindano dall’utilizzo della forza permette di perseguire anche quelle ipotesi che, con la previgente formulazione, potevano sfuggire alla repressione poiché prive, per l’appunto, di questi nuovi requisiti. Si è di fronte, quindi, ad un allargamento dell’ambito di applicazione della fattispecie.
Tale allargamento, peraltro, viene realizzato inoltre attraverso l’eliminazione del requisito dell’organizzazione dell’attività, che scompare nella nuova formulazione, così come lo stato di necessità del lavoratore, rimanendo esclusivamente lo stato di bisogno.
A bilanciare l’estensione dell’applicabilità, il legislatore ha stabilito che per integrare la fattispecie di caporalato, la condotta deve essere accompagnata dal dolo specifico (cioè rappresentazione e volontà) “di destinarla (la manodopera reclutata) al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento”.
II. La condotta dell’imprenditore (caporalato in senso ampio/sfruttamento)
Novità della nuova formulazione è l’introduzione della punibilità di chi “utilizza, assume o impiega manodopera […] sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”. Al pari del caporalato in senso stretto, è prevista la reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ogni lavoratore.
Questa fattispecie, quindi, punisce l’imprenditore che realizzi un vero e proprio sfruttamento dei lavoratori, approfittando del loro stato di bisogno. Tale condotta può essere realizzata anche fuori dalle ipotesi di utilizzo dell’attività di intermediazione del c.d. caporalato in senso stretto.
Anche questa ipotesi prevede un innalzamento della pena qualora i fatti siano commessi mediante l’utilizzo di violenza o minaccia: in questo caso è prevista la reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro.
Conseguenza dell’aver introdotto la penale responsabilità del datore di lavoro è la previsione, all’art. 3 della legge, della possibilità di sottoporre l’azienda a controllo giudiziale durante il procedimento penale, qualora l’interruzione dell’attività possa recare danno all’azienda o ridurre i livelli occupazionali, con valutazione effettuata dal giudice.
In ogni caso, relativamente al delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, è sancita la responsabilità amministrativa da reato degli enti ex D.lgs. 231/2001.
Per entrambe le ipotesi di reato, poi, è reso obbligatorio l’arresto in flagranza di reato qualora il reato sia commesso con violenza o minaccia.
III. Indici di sfruttamento
Al secondo comma, l’articolo 603 bis tipizza gli indici di sfruttamento: descrive, cioè, le ipotesi in cui deve ritenersi integrato il requisito dello sfruttamento dei lavoratori.
Questo comma è stato sostanzialmente confermato: le modifiche apportate dalla legge in esame non sono tali da determinare uno stravolgimento della disciplina, ma si limitano a piccoli, non per questo irrilevanti, interventi.
Innanzitutto, gli indici di sfruttamento vengono estesi anche alla condotta dell’imprenditore, adeguando, di conseguenza, il comma alla nuova fattispecie di reato.
Le ulteriori modifiche riguardano: a) la sostituzione della “sistematica retribuzione” con la “reiterata retribuzione”, in questo modo rendendo meno stringente l’interpretazione e rendendo, almeno a prima vista, più elastica l’applicabilità della fattispecie; b) ai contratti collettivi nazionali, utilizzati come parametro per misurare la difformità della retribuzione dagli standard del mercato, si aggiungono i contratti territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative; c) viene aggiunto il periodo di riposo come oggetto di violazione da parte del datore di lavoro e anche qui viene sostituita la “sistematica violazione” con la “reiterata violazione”; d) la violazione delle norme di sicurezza e igiene sul luogo di lavoro non è più accompagnata dalla necessaria idoneità ad esporre il lavoratore a pericolo per salute, sicurezza o incolumità, e questa è forse la novità più importante tra le modifiche di questo comma, essendo ora sufficiente ad integrare lo sfruttamento anche la mera violazione della normativa in materia; e) viene eliminato l’avverbio “particolarmente” che accompagnava l’aggettivo “degradanti” riferito alle condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza o situazioni alloggiative cui il lavoratore venga sottoposto, determinando anche in questo caso un allargamento della punibilità.
IV. Circostanze aggravanti speciali
Nessuna modifica viene apportata dalla legge al comma terzo, riguardante le circostanze aggravanti speciali, che continuano quindi ad aumentare la pena da un terzo alla metà nei casi precedentemente previsti e che qui si riportano: 1) il fatto riguarda più di tre lavoratori; 2) uno o più soggetti reclutati sono minori in età non lavorativa; 3) il fatto è commesso esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.
2. Attenuanti, confisca e Fondo anti-tratta
La legge, poi, introducendo due nuovi articoli al Codice Penale, rispettivamente 603bis 1 e 603bis 2, disciplina le attenuanti e l’istituto della confisca.
Le attenuanti sono concesse a coloro che si siano efficacemente adoperati per evitare ulteriori conseguenze derivanti dal delitto, per assicurare il sequestro delle somme, per il raccoglimento di prove e per l’individuazione dei responsabili del reato.
Viene introdotta la confisca obbligatoria per le cose che furono destinate o servirono a commettere il reato e del prezzo, profitto o prodotto del reato stesso.
La legge approvata dispone che i proventi della confisca derivante da condanna o applicazione della pena su richiesta (c.d. patteggiamento) sono assegnati al Fondo anti-tratta e la destinazione delle somme di questo fondo anche all’indennizzo delle vittime di caporalato.
3. Interventi sulla Rete del lavoro agricolo di qualità
Con decreto legge 91/2014 è stata istituita presso l’INPS la Rete del lavoro agricolo di qualità: la possibilità di iscrizione è riservata, attualmente, alle imprese che non abbiano riportato condanne penali per violazioni della normativa giuslavoristica, in materia di imposte sul valore aggiunto e sui redditi e che non abbiano subito sanzioni amministrative definitive.
La legge sul caporalato interviene sulla disciplina che regola la Rete istituita presso l’INPS in diversi modi.
Innanzitutto viene esteso l’elenco di reati ostativi, cioè i reati che le imprese, per poter procedere con l’iscrizione alla Rete, non debbano aver commesso: in particolare, ma non esclusivamente, vengono inseriti la riduzione in schiavitù, commercio di schiavi, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, delitti contro l’incolumità pubblica, delitti contro la P.A.
La legge interviene modificando il requisito negativo delle sanzioni amministrative alle imprese ai fini dell’iscrizione alla Rete, ponendo come limite anche la condanna a sanzioni amministrative non definitive.
Viene poi estesa la necessaria applicazione dei contratti collettivi nazionali a quelli territoriali o aziendali come ulteriore requisito per l’iscrizione della società alla Rete.
Come clausola di chiusura, poi, viene previsto che tali imprese, pur se rispondenti ai requisiti per l’iscrizione, non possono essere controllate da imprese di qualsiasi natura che non siano in possesso dei requisiti indicati.
4. Riallineamento retributivo
Attualmente, la disciplina vigente riserva la predisposizione del programma di riallineamento retributivo agli accordi provinciali. Con intervento sulla disciplina del riallineamento retributivo (art. 5 comma 1, d.l. 510/1996), si prevede che nel settore agricolo gli accordi provinciali possano demandare, in tutto o in parte, questo compito agli accordi aziendali di recepimento, a condizione che siano sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l'accordo provinciale.
Per il testo della legge, cliccare qui.