Approfondimenti
Green economy italiana e Ue a confronto: gli Stati generali 2016
Nonostante le difficoltà, lo sviluppo del settore nel nostro Paese è fra i migliori in Europa, anche se la sua percezione internazionale resta negativa.
Dicembre 2016
La Relazione sullo Stato della green economy presentata agli Stati generali 2016 analizza la posizione della green economy italiana rispetto a quella degli altri grandi Paesi europei (Germania, Regno Unito, Francia e Spagna) oltre alla media europea, attraverso 16 indicatori chiave per 8 tematiche strategiche: emissioni di gas serra; efficienza energetica ; fonti energetiche rinnovabili; riciclo dei rifiuti e produttività delle risorse; eco-innovazione; agricoltura biologica e di qualità certificata dei prodotti agroalimentari; consumo di suolo e siti naturali protetti europei; emissioni di gas serra nei trasporti e peso del trasporto su gomma. La green economy italiana, anche se non mancano i puti deboli, risulta ben collocata nella media europea : migliore della media europea per 9 degli indicatori considerati , per 3 la situazione è nella media europea e solo per 4 indicatori la green economy italiana risulta al di sotto della media europea (aumento dei gas serra nel 2015, crescita delle rinnovabili negli ultimi 3 anni, consumo di suolo e miglioramenti nell’efficienza energetica negli ultimi 10 anni ). Molto interessante è anche il posizionamento della green economy italiana rispetto a quella delle altre 4 grandi economie europee, per i 16 indicatori chiave, dove ottiene:
- 4 primi posti: nella quota raggiunta di rinnovabili sul consumo finale di energia, nel riciclo dei rifiuti speciali, nelle emissioni pro-capite di CO2 nei trasporti e nei prodotti agroalimentari di qualità certificata;
- 3 secondi posti, sempre in buona posizione: nell’efficienza energetica per unità di Pil, nella produttività delle risorse e nell’agricoltura biologica;
- 5 terzi posti, in una posizione intermedia della classifica: nella riduzione dei gas di serra dal 1990, nel riciclo dei rifiuti urbani, nell’eco-innovazione, nella estensione dei siti naturali tutelati, nel rapporto tra ferrovia e strada nel traffico merci terrestre;
- 3 quarti posti , dove si registrano importanti ritardi che vanno recuperati: nel miglioramento dell’efficienza energetica negli ultimi 10 anni, nella crescita delle rinnovabili negli ultimi 3 anni e nel consumo di suolo;
- 1 quinto posto nella crescita dei gas serra nel 2015 che desta preoccupazioni per il futuro e richiede misure di correzione anche in vista dei maggiori impegni previsti dall’attuazione dell’Accordo di Parigi.
- A partire da questi posizionamenti, è stato elaborato un indice di performance che deriva dalla somma delle posizioni di un Paese registrate con i 16 indicatori chiave e dalla successiva normalizzazione su una scala da 0 (peggiore performance possibile con 16 quinti posti) a 100 (migliore performance possibile con 16 primi posti). L’Italia con un indice di performance così impostato, raggiunge il punteggio di 59/100, davanti alla Germania con 53/100, al Regno Unito con 50/100, alla Francia e Spagna con 48/100 . Anche se le distanze fra i cinque non sono enormi , in questa valutazione l’Italia mostra la migliore performance complessiva fra i cinque principali Paesi europei. Studi sulla green economy italiana ne sono stati fatti e pubblicati diversi ,ma questa è la prima volta che si documenta un primato della green economy italiana fra le principali economie europee : un dato che dovrebbe far riflettere tutti –decisori politici compresi- sulle sue potenzialità di traino per far uscire il Paese da una stagnazione che si sta prolungando da troppi anni.
Tenendo però ben presente un dato di grande debolezza . La seconda parte di questa Relazione analizza la collocazione internazionale della green economy italiana in una valutazione comparata di 80 Paesi mondiale realizzata in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile dal centro di ricerca “Dual Citizen” di Washington DC che compara 4 dimensioni: leadership e cambiamento climatico; efficienza dei settori; mercato e investimenti; ambiente. Per ciascuna di queste dimensioni effettua due tipi di comparazioni: una di performance e una di percezione.
L’analisi delle performance si basa su un mix di parametri quantitativi e qualitativi ; l’analisi di percezione si basa sulle risposte fornite da un gruppo di esperti qualificato e rappresentativo di vari Paesi. Sulla base di questa analisi, la green economy italiana fa registrare buone performance sull’efficienza e la qualità di alcuni settori strategici (efficienza energetica degli edifici, turismo e mobilità sostenibili, economia circolare e fonti rinnovabili), dove siamo all’11° posto nella classifica mondiale, e sulla qualità dell’aria, dove siamo al 21° posto con sicure possibilità di migliorare.
All’opposto, fa registrare le performance peggiori nel mercato e negli investimenti per la green economy, in particolare nella bassa attrattività di investimenti esteri, dove precipitiamo al 41° posto, e nella capacità di leadership e di lotta al cambiamento climatico, che ci colloca al 32° posto, posizione che potrebbe anche peggiorare viste le evoluzioni più recenti a cominciare dall’aumento delle emissioni di gas serra nel 2015. Il risultato complessivo, della media ponderata delle diverse dimensioni analizzate, porta a una performance della green economy italiana al 15° posto fra gli 80 Paesi analizzati: una posizione discreta, leggermente inferiore al peso mondiale dell’economia italiana.
A questo risultato abbastanza positivo si contrappone in modo stridente il dato estremamente basso della percezione della green economy italiana a livello internazionale, che ci vede precipitare complessivamente al 29° posto (al 68° per leadership e cambiamento climatico). E’ quindi urgente , con la collaborazione di tutti - istituzioni ai vari livelli, mezzi di informazione, centri di ricerca, imprese green e loro organizzazioni - un’operazione verità: affinché la green economy italiana sia conosciuta e percepita all’estero almeno per quello che è e per quello che fa; affinché il livello di percezione internazionale corrisponda a quello delle sue effettive performance.
Questo recupero di conoscenza e di credibilità internazionali è indispensabile e urgente per le possibilità di sviluppo della green economy italiana e, dato il peso crescente della green economy per i mercati e per le opinioni pubbliche a livello mondiale, per la credibilità e il futuro dell’Italia.