Approfondimenti
Nord e Sud Italia: il nostro Paese ancora oggi viaggia a due velocità diverse
di Andrea Olla, autore del blog andreaolla.com
Italia a due velocità: i dati su Pil, sanità e istruzione evidenziano un forte divario tra Nord e Sud. Un Paese spaccato, dove le diseguaglianze frenano la crescita e mettono a rischio la coesione nazionale.
29 luglio 2025
Tanto si è parlato, negli ultimi mesi, di autonomia differenziata, legge fortemente voluta dalla Lega di Matteo Salvini e in particolare da Roberto Calderoli, volto storico della Lega Nord e attuale ministro per le Questioni regionali e le autonomie.
Senza soffermarmi troppo sul merito di questa legge, peraltro in buona parte bocciata dalla Corte costituzionale, sicuramente un merito le va riconosciuto: ha finalmente riportato al centro del dibattito politico le disparità tra il Nord e il Sud Italia.
È proprio su questo tema che vorrei soffermarmi oggi, partendo da una domanda: esiste realmente un confine invisibile tra Nord e Sud? Meridione e Settentrione sono realmente così diversi? E, se sì, in che misura?
Economia, salute e istruzione: dove il divario si fa sentire
Partiamo dal gettito fiscale: la differenza del Pil pro capite, un importante indicatore del tenore di vita, è subito indicativa: 33.400 euro al Nord, 18.500 al Sud.
Stiamo parlando di quasi il doppio, ma, attenzione, non è finita qui: le differenze aumentano se si va più in profondità; sorprende, ad esempio, che la regione del Nord più povera, la Liguria, sia comunque più ricca della regione del centro-sud più ricca, l’Abruzzo: 31.000 euro a fronte di 25.400 euro pro capite.
Uno dei punti toccati dalla legge sull’ autonomia era quello relativo alla tutela della salute, tema peraltro recentemente tornato al centro del dibattito politico: è probabilmente l’ambito in cui è più evidente il confine invisibile che divide il Nord dal Sud Italia.
Mi ha molto colpito sentire un’intervista al governatore del Veneto, Luca Zaia – leghista doc nonché tra i principali promotori dell’autonomia – che raccontava di un dialogo avuto con una signora del mezzogiorno, secondo cui la migliore sanità del Sud è il treno.
Potrebbe sembrare una visione eccessiva, fuori dalla realtà, ma a confermarlo sono ancora una volta i dati.
Per esempio, il tasso di mortalità infantile in Toscana è di 1,8 su 1000 persone, mentre in Sardegna è di 2,43 su 1000; oppure, la percentuale delle famiglie in povertà sanitaria, cioè quelle che hanno difficoltà o addirittura rinunciano a curarsi, al Sud è all’8% mentre al è Nord al 4%; ancora, ben 12.401 pazienti meridionali affetti da patologie oncologiche si sono spostati al Nord per ricevere cure adeguate ma solo 811 hanno fatto il viaggio inverso.
Eppure il diritto alla salute è riconosciuto a tutti i cittadini, e in egual misura, così come prevede l’articolo 32 della Costituzione, che addirittura lo definisce come fondamentale diritto dell’individuo.
A questo punto è lecito chiedersi, ma c’è uguaglianza in una nazione che ha delle statistiche del genere?
Ci sono tanti altri campi in cui questa disparità emerge con ancora più chiarezza, cito giusto un ultimo esempio significativo: l’istruzione.
La disuguaglianza emerge, per esempio, relativamente alla nella spesa destinata agli investimenti: 34,6 euro per un alunno del mezzogiorno e 54 euro per uno del Nord; ma appare anche rispetto all’insegnamento in sé: secondo un recente studio promosso dalla Fondazione Agnelli e dalla Fondazione Rocca, uno studente del mezzogiorno è indietro di due anni in matematica (-24 punti alle prove invalsi) rispetto a uno studente che frequenta la stessa classe al Nord.
In conclusione
Voglio partire da una frase di Aldo Moro, che sosteneva che ‘’è necessario, in una società democratica, che lo Stato non sia di alcuni, ma di tutti; non sia la fortuna di pochi, ma la solidarietà sociale resa possibile dal maturare della coscienza democratica e alimentata dalla consapevolezza del valore dell’uomo e delle ragioni preminenti della giustizia’’.
Forse è da questa frase, tanto complessa quanto attuale, seppur pronunciata quasi settanta anni fa durante un congresso della Democrazia cristiana, che dovremmo imparare.
Siamo un Paese già profondamente diviso per ragioni storiche, politiche, sociali ed economiche: è vitale per il futuro dell’Italia eliminare questo divario, attuando riforme realmente strutturali per il Sud, così da farlo crescere e far crescere, di conseguenza, tutta l’Italia.
Forse, per una volta, questa piaga della divisione nella quale spesso si rigira il coltello, dovremmo provare, invece, a ricucirla: abbiamo già perso tanto tempo, con piani per il Sud tanto sbandierati quanto inefficaci, quanto tempo dobbiamo perdere ancora.
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