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Un passo avanti importante sui criteri di selezione degli investimenti pubblici
La trasformazione del Cipe in Cipess era tra le richieste dell’ASviS già sei anni fa. Il cambio di nome è subentrato nel 2021, ma solo adesso una direttiva del presidente del Consiglio gli dà sostanza. E si comincia dal Mims.
di Donato Speroni
Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Bruno Tabacci, siamo di fronte “alla più grande e complessa sfida con cui il Paese si dovrà misurare nei prossimi anni, ovvero coniugare la crescita con la sostenibilità”. Come spiega Celestina Dominelli sul Sole 24 Ore,
Tabacci, in forza della delega ricevuta dal presidente Mario Draghi in materia di coordinamento della politica economica e programmazione degli investimenti pubblici di interesse nazionale e in qualità di segretario del Cipess, ha sollecitato la definizione di una precisa road map che riempisse di senso il restyling partito a gennaio dello scorso anno.
Per capire la portata di questa innovazione, è necessario fare qualche passo indietro. Fin dalla sua fondazione nel 2016 l’ASviS, nei suoi documenti e nelle dichiarazioni di Enrico Giovannini, che ne è stato portavoce fino al suo ingresso nel governo di Mario Draghi, ha sollecitato la trasformazione del Cipe in Cipess. Il Cipe, Comitato interministeriale per la programmazione economica, è l’organo che determina i criteri di assegnazione dei fondi agli investimenti pubblici e alle iniziative private soggette ad agevolazioni. La trasformazione in Cipess, stabilendo un nesso tra programmazione economica e sviluppo sostenibile, non era solo un fatto nominalistico, ma voleva indurre a un effettivo mutamento nei criteri di scelta.
Proprio per questo motivo, la proposta dell’ASviS fu osteggiata per diversi anni, per una resistenza burocratica a modificare il business as usual. Finalmente, un decreto legge del 14 ottobre 2019 (governo Conte bis) ha stabilito la nuova denominazione,
al fine di rafforzare il coordinamento delle politiche pubbliche in vista del perseguimento degli obiettivi in materia di sviluppo sostenibile indicati dalla risoluzione adottata dall’assemblea generale dell’organizzazione delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015.
Per la prima volta, con questo decreto, si stabiliva dunque un nesso diretto tra le scelte di politica economica nazionale e i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. La data della trasformazione del Cipe in Cipess era fissata al 1° gennaio 2021 ma, anche a causa della pandemia, lo scorso anno è trascorso senza sostanziali modifiche nel modus operandi del Comitato. Il 7 dicembre però il presidente del Consiglio ha emanato una direttiva che definisce le nuove modalità di funzionamento. Vi si stabilisce che i progetti e i piani di investimento pubblici dovranno essere orientati alla sostenibilità e, a tal fine, dovranno rispondere a parametri puntuali e misurabili lungo l'intero percorso di elaborazione, realizzazione e messa a terra. Come ha spiegato al Sole 24 Ore lo stesso Tabacci,
Abbiamo ora uno strumento operativo che colloca il nostro Paese all'avanguardia sul tema e che sono sicuro avrà riflessi positivi anche nell'elaborazione dei processi di attuazione del Pnrr, perché eleva la sostenibilità, uno degli obiettivi primari che l'Europa ci chiede di centrare, a pilastro caratterizzante del pensare e dell'agire dello Stato nelle sue articolazioni.
E adesso? Come spiega il quotidiano economico,
spetterà ora al Cipess definire, entro il 2022, la ‘cassetta degli attrezzi’, vale a dire un set di indicatori di sostenibilità che costituirà la lente attraverso cui valutare le proposte di investimento pubblico da sottoporre all'esame del comitato e che sia in linea anche con la tassonomia Ue. Il tutto facendo anche tesoro del lavoro condotto finora dal Dipe, il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, che ha già avviato iniziative sperimentali volte a individuare metodologie e strumenti per la valutazione di sostenibilità delle decisioni di competenza del Cipess e che lavorerà in stretto raccordo con il comitato.
L’obiettivo è dunque quello di mettere a punto un documento di base, contenente le indicazioni da seguire e la documentazione integrativa sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale da presentare per le proposte di finanziamento di piani e progetti.
Le nuove verifiche di sostenibilità non devono però tradursi in un rallentamento degli investimenti, proprio nel momento in cui il governo è impegnato nella gestione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che si deve concretizzare in centinaia di miliardi di investimenti da attuarsi entro il 2026. Così il Dipe, guidato da Marco Leonardi, ha avviato una consultazione con il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims), che deve attuare una ampia porzione di questi investimenti. D’altra parte, al Mims Leonardi ha trovato una immediata rispondenza nel ministro Giovannini, ovviamente molto sensibile alla esigenza di questa correzione di rotta negli investimenti pubblici. Peraltro, il ministro aveva già introdotto, nelle linee guida per la fattibilità di un’opera, la richiesta della Relazione di sostenibilità.
Lo stesso Giovannini ha spiegato il processo al quotidiano economico, sottolineando il suo carattere irreversibile.
Irreversibile perché in quella direzione va l'Europa, perché è coerente con l’Agenda 2030 e con il principio del ‘Do not significant harm’ (non recare danno significativo all'ambiente, ndr) che d'ora in avanti saranno la base per la programmazione dei fondi europei. Il Pnrr è il rodaggio di un metodo che varrà per valutare e selezionare i progetti anche se sarà istituzionalizzato il Next Generation Eu oppure se, parlo a titolo di esempio, si deciderà di scorporare gli investimenti verdi dal deficit.
Il lavoro che il Dipe sta facendo col Mims servirà anche per impostare il percorso di altri ministeri che devono ancora avviare il cambio di rotta verso la sostenibilità. Venerdì 21 al Mims un seminario con la partecipazione di Leonardi è servito a fare un passo avanti nella messa a punto delle nuove procedure, anche attraverso l’anticipazione (citiamo ancora dal Sole 24 Ore), di
due pilastri che hanno dato sostanza operativa per primi al nuovo corso: le linee guida operative perla valutazione degli investimenti nel settore ferroviario e le linee guida del Consiglio superiore dei lavori pubblici per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica.
Abbiamo raccontato in dettaglio questa modifica dei percorsi per la messa a punto degli investimenti pubblici per tre ragioni. Innanzitutto, abbiamo voluto dar conto degli sviluppi dello storico impegno dell’ASviS per improntare l’azione della pubblica amministrazione allo sviluppo sostenibile: dopo sei anni, possiamo dire che i primi risultati concreti si cominciano a vedere. Questa svolta anticipa di qualche settimana un altro risultato importante per l’ASviS: la modifica costituzionale (che dovrebbe essere votata in definitiva lettura entro febbraio) nella quale si sancisce l’impegno al rispetto dell’ambiente nell’interesse delle future generazioni. È evidente che l’impronta degli investimenti pubblici verso la sostenibilità e l’equilibrio intergenerazionale sono due aspetti della stessa battaglia.
In secondo luogo, ci sembra importante questo segnale sui temi della sostenibilità, che proviene da Palazzo Chigi, con la direttiva Draghi, l’impegno del sottosegretario Tabacci e il lavoro del Dipe. In questi mesi si è avuta la sensazione che i temi della sostenibilità fossero in buona parte delegati ai singoli ministeri, in particolare al ministero della Transizione ecologica che, pur avendo cambiato nome e accresciuto le competenze rispetto al vecchio ministero dell’Ambiente, non è comunque in condizione di seguire tutti gli aspetti dell’azione pubblica necessaria per realizzare in Italia gli Obiettivi dell’Agenda 2030. La rinnovata diretta assunzione di responsabilità della presidenza del Consiglio è dunque importante. Ricordiamo che in passato il coordinamento dell’azione pubblica per l’attuazione dell’Agenda 2030 doveva essere attuato, a Palazzo Chigi, dalla Cabina di regia “Benessere Italia” che però è stata smantellata a seguito delle difficoltà di funzionamento. Di fatto, le mosse e le dichiarazioni di questi giorni affidano questa responsabilità al Dipartimento di Leonardi e al sottosegretario Tabacci.
Infine, la terza ragione, che riguarda una riflessione più generale, sul valore della politica. Chiunque venga eletto alla presidenza della Repubblica (al momento in cui scriviamo ancora non lo sappiamo) ci sembra di poter dire, all’unisono con tutti i commentatori, che la politica non ha dato buona prova di sé. Troppi ritardi, troppe incertezze, troppe manovre poco comprensibili per l’opinione pubblica. Ma la res publica è anche altra cosa, la paziente e difficile costruzione di itinerari di azione per lo sviluppo del Paese: una ricerca che non si è interrotta neppure in questi giorni e che è preziosa per consentire all’Italia di uscire dalla crisi non con un ritorno all’indietro, ma con nuove regole più adatte alle sfide del futuro. La storia della trasformazione del Cipe in Cipess esemplifica bene questo processo, che ci auguriamo non venga rallentato dalle doglie della politica politicante.