Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Luisa Leonzi
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Cop 30

GIORNO 1. La Cop 30 prende il via: sarà la Conferenza della finanza

Belém, 11 novembre 2025

È cominciata la Cop 30, nel cuore dell’Amazzonia e il simbolismo è forte: la foresta più grande del Pianeta come scenario del più importante negoziato sul clima. Lula l’ha voluta qui, in casa sua, per “riportare il clima dove la natura parla”. Ma appena si arriva al centro congressi, ancora un mezzo cantiere, si capisce che la sfida di questa Cop sarà più politica che poetica.

Il primo dato è già arrivato: l’Unfccc ha pubblicato l’aggiornamento del Ndc Synthesis Report, il documento che mette insieme tutti gli impegni climatici nazionali e c’è una buona notizia: le emissioni globali previste al 2035 sono in calo del 19-24% rispetto al 2019. Un segnale, piccolo ma reale, che la curva delle emissioni sta finalmente iniziando a piegarsi. La cattiva notizia è che non basta: con questi ritmi, il riscaldamento globale a fine secolo resta tra +2,2°C e +3,4°C, ben lontano dall’obiettivo di 1,5°C fissato a Parigi.

Ed è qui che si capisce il senso politico di questa Cop: non si tratta più solo di promettere tagli, ma di implementare, di far funzionare davvero le politiche già scritte sulla carta, come ricordato dal direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini, “la Cop 30 non è una partita da guardare in casa, ma da giocare in campo”. E la differenza, questa volta, la farà la finanza.

Tutti ne parlano, giornalisti e negoziatori: questa è la Cop della finanza. Dopo l’accordo di Baku, che aveva fissato a 300 miliardi di dollari l’anno i fondi per l’azione climatica, il tema ora è come (e da chi) arrivare agli almeno 1.300 miliardi necessari per mitigazione e adattamento. Non è solo una questione economica, ma di responsabilità: il parere della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, pubblicato a luglio, ha chiarito che i Paesi che non agiscono abbastanza potrebbero essere ritenuti giuridicamente responsabili dei danni causati dal cambiamento climatico. In altre parole: non è più solo un problema di fondi, ma di giustizia internazionale.

Fuori dai padiglioni, intanto, c’è uno spettacolo che racconta più di tante plenarie: Belém è piena di auto elettriche cinesi, le navette che accompagnano delegati e giornalisti sono fornite da due dei principali produttori della Cina, un modo per dire, senza dirlo, che la transizione si gioca anche sul terreno industriale. È un’immagine che vale più di molti discorsi: il Paese che emette più CO₂ al mondo è anche quello che esporta la maggior parte delle soluzioni “verdi”. La Cina è responsabile di circa 12 miliardi di tonnellate di CO₂ all’anno, più di Usa e Unione europea messi insieme, ma al tempo stesso è leader globale nelle rinnovabili e nella mobilità elettrica. Eppure, la Cina non sarà presente, così come gli Stati Uniti e l’India.

Gli equilibri della Cop 30 in pillole:

  • L’Unione europea ha confermato l’obiettivo di -90% di emissioni entro il 2040, ma sta rallentando: servirebbero 500 miliardi di euro in più ogni anno per restare in rotta.
  • Gli Stati Uniti, con l’uscita di Trump dall’Accordo di Parigi, rischiano di ridurre le emissioni di appena 7-19% entro il 2035, molto meno del previsto.
  • La Cina, invece, continua a crescere in emissioni totali ma migliora la propria efficienza e guida la corsa alle tecnologie pulite.

Insomma, chi inquina di più sta anche costruendo le soluzioni, e chi si proclamava leader climatico ora è in fase di difesa.

Cosa aspettarsi oggi:

Oggi si entra nel vivo dei negoziati, con tre nodi da sciogliere:

  • la definizione del nuovo obiettivo globale sulla finanza climatica;
  • l’adozione del Global Goal on Adaptation, che è un quadro globale per migliorare la capacità di adattamento, rafforzare la resilienza e ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici, come stabilito dall'Accordo di Parigi (Articolo 7)
  • le regole per i mercati del carbonio.

Già dai discorsi di apertura della prima giornata si è percepito che sarà una vera e propria conferenza sulla fiducia tra Nord e Sud del mondo, tra promesse e realtà, tra chi ha già i mezzi per cambiare e chi ancora li aspetta.

 

di Andrea Grieco

Aderenti