Editoriali
In queste elezioni c’è una forte richiesta di attenzione ai temi del futuro
Con numerose iniziative, la società civile chiede ai partiti di pronunciarsi su ambiente e giustizia sociale. Si avverte la necessità di un nuovo modello di vita e ci si chiede se la politica è in grado di gestire questa transizione.
di Donato Speroni
Qualcuno forse penserà che sia solo wishful thinking, che confonda la realtà con i miei desideri, ma mi sembra che una delle grandi novità di queste elezioni, a parte il voto in autunno, sia il ruolo assunto dalla società civile, con incontri, documenti, sollecitazioni ai partiti per dare risposte concrete non solo sui temi di più immediato interesse come le bollette energetiche, ma anche sulle prospettive di medio termine.
In parallelo col calo delle capacità di elaborazione interna delle formazioni politiche, ormai quasi tutte “a democrazia limitata”, con un ridottissimo numero di iscritti rispetto a qualche decennio fa e scarsa partecipazione di base, si è rafforzata la capacità di interlocuzione delle associazioni che esprimono interessi ambientali, economici, sociali e in molti casi i partiti hanno risposto alle domande che sono state poste con indicazioni dettagliate, che però raramente hanno trovato spazio sui principali media. Il dibattito è stimolato anche dalla sensazione che il Paese sia veramente a un punto di svolta, non solo per il possibile cambio di maggioranza, ma per l’importanza delle scelte del prossimo quinquennio, sul piano costituzionale, nell’attuazione del Pnrr e anche perché si tratta di anni cruciali per una politica di sostenibilità a cominciare dalle scelte energetiche. Vediamo come si è sviluppato finora questo dialogo.
L’ASviS ha aperto il fuoco chiedendo l’adesione delle forze politiche a un decalogo di proposte, come già aveva fatto nel 2018. Alcune delle proposte formulate quattro anni fa sono diventate realtà, come la riforma della Costituzione con l’inserimento della tutela dell’ambiente e dell’equilibrio intergenerazionale e la trasformazione del Cipe in Cipess, Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile. Lunedì 12 l’Alleanza raccoglierà le risposte dei partiti in un evento che potrà essere seguito in diretta streaming. Il confronto con i partiti sul decalogo dell’ASviS si sviluppa anche nella trasmissione “Alta sostenibilità” su Radio radicale. La prima puntata, con Paola De Micheli (Pd), Valentina Grippo (Azione) e Nicola Procaccini (FdI) è andata in onda lunedì 5.
Ha avuto una grande risonanza il manifesto degli scienziati per il clima, già citato in un precedente editoriale, che ha raccolto più di 200mila firme. I programmi sull’ambiente sono stati seguiti con particolare attenzione da Green and Blue, l’inserto pubblicato da Repubblica, La Stampa, il Secolo XIX e le tredici testate del network Gnn, che ha riassunto una serie di richieste formulate ai partiti da diverse associazioni. Tra queste, la seconda proposta del decalogo ASviS:
Creare un Istituto pubblico di studi sul futuro, con il compito di analizzare gli scenari e individuare i rischi, come già avviene in altri Paesi, per evitare di arrivare impreparati, vulnerabili e fragili a futuri shock sistemici e per disegnare le politiche pubbliche in modo utile per le prossime generazioni.
che Green and Blue ha sintetizzato così:
Che ne pensate di realizzare un istituto pubblico dedicato al Futuro per aiutare i giovani?
Riportiamo integralmente le risposte pubblicate.
Enrico Letta (Pd). Siamo tra quanti hanno sottoscritto il documento ASviS “Dieci idee per un’Italia Sostenibile in linea con l’Agenda 2030 dell’ONU”. Siamo consapevoli che occorre spingere i nostri giovani verso competenze e mestieri dedicati alla sostenibilità, per costruire politiche pubbliche lungimiranti. Abbiamo fortemente voluto nel PNRR la clausola di condizionalità per l’occupazione giovanile e siamo favorevoli alla creazione di un patto strutturale per creare opportunità di lavoro per i giovani, puntando sulle nuove competenze necessarie alle transizioni ecologica e digitale, oltre a promuovere e sostenere la formazione delle ragazze nelle discipline STEM.
Giuseppe Conte (M5S). L'Italia ha bisogno di investire sui giovani e di aiutarli nella realizzazione delle loro aspirazioni in maniera strutturale. Presso il ministero per le Politiche giovanili è stato istituito il Comitato per la valutazione dell'impatto generazionale delle politiche pubbliche, con finalità di analisi e verifica sistematica dell'impatto generato dalle politiche pubbliche e dalle misure inerenti, direttamente o indirettamente, le nuove generazioni, per offrire dati e informazioni utili a una più efficace azione di Governo in materia di coordinamento e attuazione delle politiche giovanili.
Carlo Calenda (Azione). Aiutare le nuove generazioni a formarsi ed entrare nel mondo del lavoro è prioritario. Per questo proponiamo di: aumentare l'obbligo scolastico fino ai 18 anni (per ridurre la dispersione scolastica); riformare la formazione professionale secondaria sul modello di successo degli ITS e aumentando la formazione trasversale nei primi anni; raddoppiare il numero di studenti degli ITS; azzerare le tasse per gli under 35 che avviano una nuova attività e azzerare l'IRPEF fino ai 25 anni e dimezzarla fino ai 30.
Nicola Procaccini (responsabile Ambiente Fratelli d’Italia). Sono d'accordo. Ricordo un'intuizione simile dell'allora ministro delle politiche giovanili, Giorgia Meloni. La quale chiese che sui principali provvedimenti governativi o parlamentari, venisse sempre svolta una valutazione di impatto generazionale. Lo vediamo anche oggi. Dietro il titolo "Next generation EU", si nascondono decisioni che servono ad accontentare l'elettorato, ma di cui non beneficeranno gli attuali giovani. Anzi, li si stracarica di debiti per consentire a qualcuno di godersi le rendite più immediate. Purtroppo, alcuni partiti hanno pensato che per compensare questa crudeltà si potesse ricorrere alla "paghetta di Stato", chiamata Reddito di Cittadinanza, rendendoli schiavi della dipendenza dalla politica. Noi riteniamo più giusto offrire ai giovani di questa nazione un lavoro, almeno a coloro che possono lavorare, sostenendo la loro formazione e assunzione. Secondo il principio "più assumi, meno paghi". Ma qui devo fermarmi per ragioni di spazio.
Va osservato che si tratta di risposte con elementi significativi per quanto riguarda la politica per i giovani, ma molto meno chiare sulla creazione dell’Istituto per il Futuro, caposaldo delle battaglie dell’Alleanza. Un tema, quello dell’attenzione politica al futuro, sottolineato anche da Enrico Giovannini nel suo intervento all’ “Altra Cernobbio”, l’incontro organizzato da Sbilanciamoci.
Altre iniziative di interazione con i partiti si sono sviluppate in queste settimane. La “lettera appello” pubblicata da Avvenire e sottoscritta da un gruppo di opinion leader tra i quali i presidenti dell’ASviS Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini, che avevamo già segnalato, ha portato martedì 6 a una iniziativa di coordinamento. Come scrive Agnese Palmucci,
Non un partito, ma uno «spartito» con accenti sulle note dei migranti, dei diritti, del fisco e dell’ambiente. Una partitura solida di priorità per il Paese, da affidare al Parlamento eletto il prossimo 25 settembre.
Altri soggetti della società civile hanno preso iniziative su temi specifici. L’Associazione italiana ambiente e sicurezza ha proposto il “Decalogo Aias per il lavoro sicuro: 10 priorità nella XIX Legislatura per garantire un salto di qualità nella Sicurezza e Salute nel mondo del lavoro e nella società. Interventi legislativi che Aias propone a tutte le forze politiche e sociali”. Oppure hanno compiuto analisi settoriali come la Fondazione Gimbe nel suo Osservatorio “Elezioni Politiche 2022 -Monitoraggio indipendente dei programmi elettorali: sanità e ricerca biomedica”.
Tra le valutazioni sulle risposte dei partiti, va segnalata quella del Forum disuguaglianze e diversità che ha messo a confronto i programmi su sette temi cruciali:
- conoscenza per tutti
- servizi a misura nei luoghi per contrastare ogni subalternità
- un lavoro con più tutela e potere
- potere e libertà alle/ai giovani
- una trasformazione ecologica giusta
- una scossa alla macchina pubblica
- contro la povertà.
Analizzando le risposte ognuno può farsi la propria opinione. Invece l’Italian climate network ha elaborato un indice di impegno climatico con dieci voti specifici e una media generale per ciascun partito o coalizione. Il voto più alto (9,3) viene attribuito a Verdi europei e Sinistra italiana, seguiti da Partito democratico (8,8) e Unione popolare (7,8). Agli ultimi posti Azione – Italia viva (5,8), Italexit (5,1) e la coalizione di destra (4,1).
Non sappiamo se tutta questa mobilitazione sui programmi servirà davvero a spingere le forze politiche sul sentiero degli interventi per lo sviluppo sostenibile. Ma comunque esprime un diverso atteggiamento di chi oggi rappresenta l’opinione pubblica in modo più capillare e meno episodico degli attuali partiti. Le sfide che abbiamo davanti non riguardano “la casta” ma tutti noi, come scrive Walter Veltroni sul Corriere della Sera:
La crisi energetica ci spingerà ad assumere comportamenti responsabili: consumare meno energia, ridurre la temperatura di docce e riscaldamenti, cercare fonti meno immediate di alimentazione del nostro fabbisogno energetico. Lo facciamo perché ora tutto quello che accade ci riguarda direttamente, parla di noi, entra nelle nostre case. Non è una crisi di governo, una scissione nei partiti, un problema nelle nomine delle aziende. Stiamo parlando della nostra vita quotidiana, da due anni a questa parte. Di ciascuno di noi. Salute, soldi, condizioni primarie di vita, lavoro.
Siamo di fronte alla necessità di cambiare comportamenti e questa percezione cambia il rapporto con la politica. Come scrive Romano Prodi sul Messaggero:
È importante, ma non sufficiente, arrivare all'inverno con le riserve piene ed è doveroso abituarci, fino da ora ed in modo progressivo, a comportamenti che potranno essere in futuro dettati dalla necessità. Queste ricette, riguardanti l'immediato, non esauriscono certo il dovere di arrivare il più presto possibile all'indipendenza energetica. Di questo dovremo parlare a lungo e in modo approfondito in seguito. Il raggiungimento dl quest'obiettivo implica infatti un mutamento radicale tanto nella nostra strategia produttiva, quanto nei nostri modelli di vita.
Un mutamento dei modelli di vita. Si comincia a interrogarsi su una decrescita più o meno felice o quanto meno su una crescita diversa. Come scrive Michele Serra nella sua “Amaca” su Repubblica, dopo aver criticato il falso rimpianto per i “bei tempi andati” che in realtà erano tempi di miseria e malattia:
Il nostro problema è che i bei tempi andati sono poi stati soppiantati, almeno qui in Occidente, da una crapula mai vista sotto il cielo, fondata sull'usa e getta, sullo scialo spensierato, sull'uso indiscriminato di qualunque risorsa come se fosse una cornucopia inestinguibile: incluso il denaro, che spendiamo anche quando non c'è grazie a una confidenza con il debito che ai nostri nonni sarebbe sembrata pura follia. Non è dunque per tornare a un ruvido passato, ma per evitare la fine del presente che dovremo tornare a dosare, a parte il gas, pure tutto il resto. Putin è solo un accidente: stare attenti a cosa si consuma sarà, per figli e nipoti, una pratica costante. Non ci piacque la decrescita come scelta, ci toccherà sorbircela come obbligo. E non è nemmeno detto che sia felice.
Anche Veltroni arriva a conclusioni analoghe:
Si apre una fase di transizione che può essere molto rischiosa, anche per le democrazie. Non siamo stati abituati a fasi di profonda regressione, cullati da decenni nell'idea che si potesse solo progredire, solo andare avanti. Non esiste “decrescita felice”, esiste una «crescita giusta», rispettosa dell'equità sociale e dell'ambiente, capace di promuovere opportunità per tutti e di garantire diritti civili e sociali diffusi. La paura del futuro può generare reazioni emotive, populismo, desideri di soluzioni autoritarie, è sempre stato così. Ma può anche produrre un desiderio di vita nuova, di più comunità. Non ho paura di dirlo: il bisogno di un nuovo modo di vivere.
Questo è dunque il vero oggetto della discussione: un nuovo modo di vivere, imposto da fattori incontrollabili (ieri la pandemia, oggi la guerra e l’energia, domani la crisi climatica) e dei quali buona parte della classe politica non ama parlare se non per proporre espedienti di breve termine. Ma chi sarà al timone del governo dopo il 25 settembre dovrà navigare proprio in questi mari.