Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
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The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Editoriali

La lezione dell’alluvione: cambiare le priorità ma con chiarezza di idee

La tragedia in Romagna ha dato urgenza e concretezza al confronto politico nell’evento dell’ASviS alla Camera. Ora attendiamo i documenti del governo per una discussione fattiva sulla transizione ecologica.   

di Donato Speroni

La stagione degli uragani sta per investire la costa orientale dell’America, come ogni estate, e la Florida si prepara a fronteggiare eventi climatici che l’anno scorso nello stato Usa hanno provocato 150 morti e costretto le assicurazioni a sborsare 63 miliardi di dollari. Negli Stati Uniti infatti la protezione dalle catastrofi naturali è affidata soprattutto alle assicurazioni private, che però a causa della crisi climatica diventano sempre più costose. Secondo Bloomberg green, il costo dell’assicurazione contro i disastri ambientali per una casa monofamiliare media in Florida è salito del 27% nel 2021, del 33% nel 2022, e si stima che quest’anno sia cresciuto dal 40 al 50% fino a raggiungere i seimila dollari.

Cominciamo la nostra cronaca dalla Florida, anziché dalla Romagna, per sottolineare che la crisi climatica ha un impatto globale del quale si dovrà sempre più tenere conto nella scelta delle priorità politiche. In Italia c’è ancora qualcuno impegnato in una battaglia di retroguardia per negare il processo di riscaldamento: si vedano in questi giorni gli articoli di Maurizio Belpietro su La verità (che gioisce del fatto che nella sua analisi sull’alluvione Romano Prodi non menziona mai il cambiamento climatico, come se l’ex presidente del consiglio fosse un negazionista) e Vittorio Feltri su Libero che ancora una volta se la prende con i “gretini”. Basta però riascoltare gli interventi degli esponenti politici di centrodestra al convegno conclusivo del Festival dello Sviluppo Sostenibile che si è svolto il 24 maggio alla Camera dei deputati per rendersi conto che anche tra i conservatori più responsabili il clima è una preoccupazione condivisa. Per esempio, Gianni Lampis di Fratelli d’Italia ha messo in evidenza che finora è mancata una politica nazionale per affrontare la crisi. E se vogliamo cercare un silver lining nella catastrofe in corso, è positivo che abbia costretto tutti a ragionare su un territorio (non solo in Emilia-Romagna) che deve affrontare sfide senza precedenti ed impone nuove priorità politiche. È significativo l’articolo scritto da Lina Palmerini sul Sole 24Ore dal titolo: “L’alluvione e le nuove domande a destra su ambiente e clima”:

...la questione è quella del clima e delle catastrofi ed è qui che si apre una riflessione per la destra. Il tema, infatti, non è tra i più frequentati da questo lato della politica, anzi, spesso si è puntato l'indice contro la sinistra ambientalista del "no", tuttavia, adesso le cose stanno cambiando. Nel senso che un tema elitario come quello dei cambiamenti climatici sta diventando popolare, cioè è entrato nei discorsi di tutti. E questo per la ricorrenza degli eventi tragici: solo questo Governo ha avuto Ischia a fine 2022, 12 vittime, e ora la Romagna. Due alluvioni in sei mesi. Le persone, insomma, cominciano a sentirsi minacciate da vicino e se prima la questione apparteneva a un dibattito tra scienziati o tra i giovani del movimento Fridays for future, si sta imponendo alle riflessioni di moltissimi italiani trasversalmente.

Gli eventi catastrofici della Romagna (e non solo) hanno fatto da sfondo all’evento conclusivo del Festival. Nelle parole del presidente Pierluigi Stefanini, che ha invitato i soggetti aderenti all’ASviS a rendere note tramite i nostri mezzi di informazione le loro iniziative di solidarietà per le popolazioni colpite, come già facemmo per la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina, e nella relazione di Enrico Giovannini. Il direttore scientifico dell’ASviS ha enunciato le proposte dell’Alleanza al mondo politico, a conclusione dei mille eventi del Festival, ma ha anche ricordato gli impegni che il governo deve affrontare al più presto in materia di transizione ecologica: la presentazione della bozza del Piano integrato energia e clima (Pniec) entro giugno, le iniziative di attuazione del nuovo Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), l’approvazione politica della nuova Strategia nazionale di sviluppo sostenibile (SNSvS)  e la convocazione del Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite), che non si è più riunito dalla formazione del nuovo governo. Per l’ASviS, ma anche per diversi esponenti politici partecipanti all’incontro, si deve arrivare a una legge sul clima, analogamente a quanto avvenuto in altri Paesi europei, per dare forza normativa alle indicazioni in difesa dell’ambiente.

A questi inviti ha risposto positivamente il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, confermando la volontà del governo di convocare al più presto il Cite e approvare la SNSvS, di orientare i fondi nazionali ed europei verso la realizzazione degli Obiettivi dell’Agenda 2030 e, come richiesto dall’ASviS, di inserire nelle relazioni illustrative dei disegni di legge e delle delibere Cipess (il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) un riferimento all’impatto di ciascuna misura sulla realizzazione dell’Agenda.

Come è stato detto nel dibattito, su tutti questi temi è opportuno promuovere un grande confronto, con il massimo della condivisione. Esistono però delle linee divergenti sulle quali è necessario fare chiarezza: non tanto sugli interventi contro il dissesto idrogeologico, quanto sulle strategie di medio e lungo termine contro il cambiamento climatico. Per quanto riguarda la messa in sicurezza del territorio nazionale da frane, alluvioni o siccità, si può discutere sul “come”, sulla reperibilità dei finanziamenti, eventualmente sui ruoli (serve un commissario straordinario? A chi affidare questo compito?), ma sull’obiettivo e sulla sua urgenza c’è un generale consenso che dovrebbe facilitare l’avvio di azioni concrete con strategie multilivello che coinvolgano anche Regioni ed enti locali.

Ma qual è l’analisi di contesto, di medio e lungo termine, per queste azioni? Qui le opinioni divergono e basta un esempio per renderlo evidente. Illustrando in una intervista con Federico Fubini del Corriere della sera il suo nuovo libro “Riscrivere il futuro”, l’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani attacca frontalmente il commissario europeo Franz Timmermans, portabandiera dell’impegno per rendere l’Europa “campionessa di sviluppo sostenibile” nel mondo. Scrive Fubini:

Politicamente interessante è la critica (di Cingolani, ndr) alla linea di Timmermans riassumibile nell’idea che l’Europa debba raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni più ambiziosi del resto del mondo e debba farlo attraverso un unico approccio: rapida transizione verso le fonti rinnovabili, unita a una altrettanto rapida elettrificazione della mobilità. Cingolani non disconosce né l’uno né l’altro obiettivo. Ma osserva che da soli non bastano: né sul piano tecnologico, né su quello politico. Sul primo per l’ex ministro è un errore legarsi in anticipo a un unico modello di transizione perché anche la cattura della CO2, il geotermico, la trasformazione dei rifiuti in energia, i carburanti sintetici, la chimica verde, le nuove tecnologie nucleari possono aiutare. Sul piano politico poi Cingolani fa capire che dare il buon esempio non è il modo di esercitare una leadership, tantomeno di fronte a colossi emergenti in un mondo percorso da dure rivalità geopolitiche, industriali, tecnologiche. Serve invece una più seria capacità negoziale dell’Europa con tre potenze che rappresentano quasi la metà delle emissioni mondiali di gas a effetto serra: nell’ordine Cina, Stati Uniti e India. In altri termini Bruxelles non può essere la maestrina del mondo…

Cingolani non è solo un esperto autorevole, ma sappiamo che è anche un ascoltato consigliere della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la linea che propone configura un’alternativa che sta prendendo corpo e che potrebbe trovare espressione in una inedita alleanza tra Popolari e Conservatori dopo le elezioni del Parlamento europeo del 2024. Potrebbe scaturirne una diluizione degli impegni per la transizione ecologica da qui al 2050, confidando nelle soluzioni offerte da tecnologie ancora di là da venire: quindi un prolungamento del ruolo del gas, ricorso al nucleare, meno vincoli nella decarbonizzazione e nel passaggio alla mobilità elettrica.

Sono idee che possono essere contestate: non dimentichiamo che la lotta alle emissioni serve anche ad abbattere le oltre 300mila morti premature in Europa ogni anno dovute all’inquinamento atmosferico. Inoltre la capacità negoziale sul clima dipende anche dalla disponibilità a mostrarsi all’avanguardia nell’abbattimento delle emissioni che gli stessi Paesi industrializzati hanno in larga misura provocato. Comunque se questo è l’orientamento di una parte dello schieramento politico, e se magari troverà espressione negli atti di questo governo, è bene che queste posizioni siano rese esplicite, per discutere sulla sostanza, anziché di negazionismo e “gretini”.

Il mondo però va avanti, e propone anche altri temi essenziali per uno sviluppo sostenibile, temi che presto entreranno nel dibattito politico. Nella conferenza “Beyond growth 2023” dal 15 al 17 maggio, al Parlamento europeo, si è discusso di come andare “oltre la crescita” sulla base di una analisi ampiamente condivisa soprattutto nell’ala sinistra dello schieramento: non basta trovare nuovi indicatori per andare “oltre il Pil”, impegno di economisti e statistici che ha dato significativi risultati negli ultimi vent’anni e la cui importanza è riconosciuta anche in un policy brief delle Nazioni unite, ma è il concetto stesso di crescita economica illimitata in un mondo con risorse finite che deve essere messo in discussone. Su FUTURAnetwork trovate un’ampia cronaca di questa conferenza e del pregevole documento preparatorio degli uffici del Parlamento europeo in preparazione dell’incontro. La conferenza è stata molto partecipata, anche se credo non abbia avuto risonanza sui media italiani, ma ha scatenato le ire di Charlemagne, il columnist dell’Economist.

A volte gli utopisti non si accorgono che hanno già raggiunto la terra promessa. Che altro è l’Europa se non un continente già nel dopo crescita? L’economia di parte di essa, come l’Italia, è poco più grande di com’era vent’anni fa. Ma questo fatto per qualche ragione non ha dato soddisfazione ai fautori della decrescita. Salta fuori che gli elettori non amano la stagnazione, tanto che la nuova prima ministra Giorgia Meloni si è schierata contro l’ideologia di Greta Thunberg che uccide i posti di lavoro. I critici della crescita hanno ragione quando sostengono che l’aumento del Pil ha fatto soffrire l’ambiente. Ma troppo in fretta accantonano la soluzione ovvia: che l’economia deve essere rinverdita e non strozzata.

La posizione di Charlemagne pecca di eccesso polemico, dimenticando tra l’altro che da molti anni l’Economist segue e affianca l’impegno ad andare beyond Gdp (oltre il Pil), cioè ad andare oltre la mera crescita economica. Tra l’altro, la conferenza non era animata solo da fautori della “decrescita felice” alla Serge Latouche, ma ha ospitato discussioni sulle effettive possibilità di cambiare il modello di sviluppo, anche con un intervento di Ursula von der Leyen. Ed è anche importante segnalare la posizione di papa Francesco, nel documento in preparazione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, diffuso ieri.

Cerchiamo di essere il più possibile attenti alle nostre abitudini e scelte economiche, così che tutti possano stare meglio: i nostri simili, ovunque si trovino, e anche i figli dei nostri figli. Collaboriamo alla continua creazione di Dio attraverso scelte positive: facendo un uso il più moderato possibile delle risorse, praticando una gioiosa sobrietà, smaltendo e riciclando i rifiuti e ricorrendo ai prodotti e ai servizi sempre più disponibili che sono ecologicamente e socialmente responsabili.

E anche sulla necessità di una transizione energetica accelerata contro la crisi climatica il Pontefice non ha dubbi:

È ovvio che le Nazioni più ricche hanno accumulato un “debito ecologico” ( Laudato si’, 51). [5] I leader mondiali presenti al vertice COP28, in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre di quest’anno, devono ascoltare la scienza e iniziare una transizione rapida ed equa per porre fine all’era dei combustibili fossili.

Tutto questo dibattito merita di essere segnalato perché il problema di come rendere compatibile la crescita economica con il futuro del Pianeta e dell’umanità, cioè come trasformarla in sviluppo sostenibile, è il nodo centrale della transizione ecologica.

Credo che il nostro Festival abbia contribuito a mettere la discussione sullo sviluppo sostenibile con i piedi per terra, anche con lo sgradevole ma importante contributo della catastrofe in Emilia-Romagna, un segnale che non ci si può più perdere in chiacchiere. Pnacc, Pniec, SNvS, per non parlare del Pnrr e della sua eventuale revisione: sembrano sigle astruse, ma si tratta di importanti e urgenti atti governativi sui quali l’Alleanza, con i suoi aderenti, terrà aperto il dibattito.

 

 

 

Fonte copertina: gonewiththewind, da 123rf.com

venerdì 26 maggio 2023

Aderenti