Editoriali
Non c’è sviluppo sostenibile senza conflitto politico
Papa Francesco considerato un pericoloso estremista, gli industriali tedeschi che criticano l’incontro Greta–Merkel, i giornali francesi che discutono su un insetticida: la “giusta transizione” è un sentiero molto stretto.
di Donato Speroni
Cominciamo con una buona notizia. Avvenire, sempre attento ai fatti del mondo, soprattutto se hanno rilevanza sociale, annuncia che la poliomielite è stata sradicata dall’Africa.
«È un successo incredibile e un motivo molto valido per festeggiare». Le parole del direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, hanno suggellato ieri, in videoconferenza, la fine di un trentennio di impegno nel Continente africano e hanno, finalmente, aperto le porte alla piena scomparsa di una patologia temuta e fortemente invalidante che ha segnato la vita di milioni di bambini nel mondo. «Si tratta di un momento storico e più di 1,8 milioni di bambini sono stati salvati dalla malattia», nel corso degli ultimi anni, ha aggiunto.
L’Oms è stata molto criticata per la gestione del Covid-19, al punto che Donald Trump ha sancito un mese fa la formale uscita degli Stati Uniti dall’Organizzazione, ma questo successo dimostra che l’azione delle agenzie internazionali è indispensabile per affrontare le grandi sfide globali.
Rimanendo in area cattolica, è da segnalare il vigoroso discorso di papa Francesco nell’udienza generale di mercoledì 26. Riprendiamo dall’Osservatore Romano:
Per Francesco la drammatica divaricazione sociale tra i pochi ricchi e la moltitudine degli esclusi rappresenta oggi «un’ingiustizia che grida al cielo». E reclama perciò un impegno capace di coniugare cura del Creato e condivisione concreta, sull’esempio delle prime comunità cristiane che «mettevano tutti i loro beni in comune». Quando, ha avvertito il Papa, «l’ossessione di possedere e dominare esclude milioni di persone dai beni primari; quando la disuguaglianza economica e tecnologica è tale da lacerare il tessuto sociale; e quando la dipendenza da un progresso materiale illimitato minaccia la casa comune, allora non possiamo stare a guardare». Da qui l’invito del Pontefice a superare la crisi spezzando le catene di un «sistema economico» come quello odierno, fondato sulla «ingiustizia sociale» e sul «disprezzo per la cura della casa comune».
Con queste parole, Bergoglio sviluppa una riflessione sulla sostenibilità ambientale e sociale dell’attuale sistema che aveva avviato con la Laudato si’. Non possiamo nasconderci, però, che l’invito a “spezzare le catene di questo sistema economico” scatena contrasti anche tra chi si dichiara più vicino alla Chiesa. Nei mesi scorsi sono fioccate le accuse al “Papa comunista”, ignorando il fatto che la ricerca di un nuovo modello di sviluppo che modifichi i meccanismi del capitalismo è ormai una esigenza largamente condivisa. Chiedere una riduzione delle disuguaglianze e più rispetto per la Terra non significa buttare a mare tutti i progressi che l’economia di mercato e la globalizzazione hanno consentito non solo a noi, ma anche e soprattutto ai popoli più poveri.
Il conflitto comunque c’è ed è inutile negarlo. Lo si è visto anche dopo l’incontro di Greta Thunberg con la cancelliera Angela Merkel, spronata dalla giovane attivista ambientale a essere più coraggiosa nelle azioni contro la crisi climatica. Handesblatt, il maggior quotidiano economico tedesco, vicino al mondo imprenditoriale, ha subito reagito con un commento intitolato “La Germania non può permettersi un lockdown per il clima”, firmato dal capo della redazione politica Thomas Sigmund, come si legge sulla Rassegna stampa del Corriere della Sera:
«Thunberg avanza richieste radicali. Ma la Merkel deve guidare la Germania e l’Europa attraverso la più grande depressione economica degli ultimi anni. La Germania, l’Europa e il resto del mondo non possono permettersi un ulteriore blocco dalla politica climatica». «Milioni di posti di lavoro sono in gioco e attualmente in Germania sono salvaguardati artificialmente solo dalla cassa integrazione e da nuove norme in materia di insolvenza. È tutt’altro che certo che non ci sarà una seconda ondata di coronavirus nel tardo autunno».
Anche la crisi economica, secondo il quotidiano, potrebbe «rubare il futuro» ai giovani, l’accusa che Thunberg usa contro chi non si occupa della questione climatica: «A breve o medio termine, dobbiamo stare attenti a non perdere la generazione del coronavirus», scrive. «Già prima dell’epidemia, il governo federale aveva lanciato un pacchetto climatico completo. La politica non può essere guidata da un solo parametro, le emissioni di CO2. Ha bisogno di una visione a 360 gradi che combini aspetti sociali, sociali ed economici».
Anche in Francia l’ambientalismo crea conflitti. Nello stesso giorno, Le Figaro e Le Monde, i due grandi quotidiani d’Oltralpe di opposte tendenze politiche, hanno dedicato un editoriale alle api, la cui sopravvivenza è minacciata dagli insetticidi neonicotinoidi, che sono invece indispensabili, a quanto sembra, per salvare la produzione delle barbabietole da zucchero. Riprendiamo anche qui la segnalazione dalla Rassegna del Corriere. Le Figaro pubblica un editoriale di Yves Thréard dal titolo “La trappola ecologica”:
Volere una vita sempre più sana e aria e terra sempre più pulite è legittimo, ma «non facendo qualunque cosa in qualunque modo. I numerosi collassologi che prevedono la fine del mondo se non ci sarà un cambiamento radicale hanno inoculato un pericoloso virus nella nostra epoca. Che sia sul fronte agricolo o su quello energetico, la cultura del diktat antinquinamento confonde velocità e precipitazione: decreta, proibisce, sanziona senza riflettere sulle conseguenze economiche e sociali a breve termine, né prevedere il dopo».
Le Monde, invece, afferma che, con la recente revoca della proibizione dell’insetticida decisa ai tempi della presidenza Hollande,
Macron e il governo si stanno giocando le loro professioni di fede ambientaliste (peraltro, aggiungiamo, arrivate dopo la recente «valanga verde» alle ultime amministrative) e retromarce del genere non possono più essere imposte senza dibattito, non soltanto perché non tutto il mondo agricolo è concorde, ma anche perché, di fronte ai cambiamenti climatici, «il ruolo del governo dovrebbe consistere nell’accompagnare il più rapidamente possibile i mutamenti indispensabili, non nel perpetuare i vecchi schemi. In campo agricolo, come in quello dei trasporti, il governo deve fare opera di pedagogia sulla necessità di una trasformazione accelerata dei modelli produttivi e di vita».
Si potrebbe continuare, ma è evidente che lo sviluppo sostenibile, come la rivoluzione, “non è un pranzo di gala”. La citazione di Mao Tze Tung deve però fermarsi alla prima parte della sua frase che concludeva: “La rivoluzione è un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra”. Nel caso dello sviluppo sostenibile, invece, la sfida consiste proprio nell’accettare il conflitto inevitabile, ma gestirlo in modo di garantire una “giusta transizione” che eviti qualsiasi forma di violenza e di sopraffazione. Forse è ancora più difficile che fare una rivoluzione.
Su questo sentiero stretto ci collochiamo noi dell’ASviS, con le nostre attività. Cerchiamo di far crescere la consapevolezza della necessità di cambiamento con le nostre iniziative di formazione (è aperto il bando per la Scuola di Alta formazione promossa con il Comune di Milano) e con il Festival dello Sviluppo Sostenibile: questa settimana abbiamo diffuso i programmi di quasi tutti gli eventi di rilevanza nazionale che si terranno dal 22 settembre all’8 ottobre. Poniamo con forza interrogativi a tutte le formazioni politiche, come ha fatto il portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini nell’intervento riportato da futuranetwork.eu, il nuovo sito che abbiamo lanciato per stimolare il dibattito sulle scelte che possono cambiare il futuro. Tra queste scelte, quella di maggior rilievo riguarda l’uso delle risorse europee del Recovery and resilience facility e l’attuazione nel nostro Paese della legislazione europea. A questi temi è dedicato il primo “Quaderno ASviS” diffuso la settimana scorsa, che offre un quadro originale e organico delle iniziative delle istituzioni europee nell’ultimo anno, a partire dall’avvio della Commissione von der Leyen. Nonostante la loro importanza per il futuro del nostro Paese, alcune di esse sono totalmente sconosciute all’opinione pubblica italiana, che forse un giorno se la prenderà con i “burocrati di Bruxelles”, invece che con se stessa, per aver avviato una rivoluzione “a nostra insaputa”.