Goal 12 "Consumo e produzione responsabili"
Trend positivo su economia circolare, ma in lieve calo
Integrare i criteri sociali negli acquisti pubblici, anticipare la normativa europea sulla due diligence, combattere il greenwashing: queste alcune proposte dal Rapporto ASviS 2023.
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Dalla firma dell’Agenda 2030 nel 2015, l’Italia ha compiuto importanti progressi sull’Obiettivo 12 che riguarda consumo e produzione responsabili. Questo risultato è frutto sia di politiche pubbliche, sia di decisioni autonome delle imprese italiane, che hanno sviluppato in questo campo eccellenze internazionalmente riconosciute.
A testimoniarlo è l’indice composito elaborato dall’ASviS che mostra un andamento positivo dal 2010 al 2020 grazie al miglioramento di tutti gli indicatori considerati, tra cui la quota di raccolta differenziata, che aumenta di 27,7 punti percentuali, e il consumo materiale pro capite, che diminuisce del 33%. Tuttavia, dal 2021 si assiste a un’inversione di tendenza: risale infatti il consumo materiale pro capite (+11,7%) e diminuisce la circolarità della materia (-2,2 punti percentuali). Per quanto riguarda il confronto con gli altri Paesi europei i dati sono molto positivi: l’Italia si attesta al secondo posto dopo i Paesi Bassi, con l’unico punto debole che riguarda la quantità di rifiuti generati.
Secondo i risultati del sondaggio Ipsos nel Rapporto ASviS 2023, nella scala di importanza dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, il Goal 12 si colloca al14esimo posto per gli italiani. Ciononostante, i principi dell’economia circolare sono oggi noti a quasi una persona su due (45%), dato aumentato di cinque punti percentuali rispetto a cinque anni fa. Negli ultimi tre anni, infatti, quasi la metà della popolazione ha dichiarato l’acquisto di un prodotto usato e più di un terzo l’acquisto di un prodotto rigenerato o ricondizionato. Parallelamente, è aumentata la propensione generale all’utilizzo di servizi alternativi all’acquisto del nuovo.
A livello normativo, ricorda il Rapporto, i criteri ambientali e sociali applicati agli acquisti, sia delle pubbliche amministrazioni che delle aziende private, sono ormai entrati nella pratica, ma con evidenti limitazioni. Ad esempio, per ciò che concerne le prime, il Green/social public procurement non rappresenta ancora una prassi consolidata, nonostante il fatto che il Green public procurement (Gpp) – ovvero l’adozione di Criteri ambientali minimi (Cam) negli appalti pubblici - sia obbligatorio per le forniture, i servizi e i lavori di qualsiasi importo. A frenarne la diffusione nelle gare d’appalto sono la stesura dei bandi, la mancanza di formazione del personale dipendente e l’eccessiva complessità delle procedure.
Tuttavia, il mondo delle imprese mostra una crescente sensibilità al lavoro di promozione della sostenibilità integrale dell’Agenda 2030. I principi Environment, social and governance (Esg) da tempo sono al centro dell’attività normativa dell’Unione europea e un’importante accelerazione di questo lavoro è stato possibile grazie alla direttiva sul Corporate sustainability reporting (Csrd), che ha ampliato la tipologia di aziende che sono obbligate a redigere una reportistica non finanziaria. L’applicazione riguarderà, in particolare, grandi imprese non quotate (dal 2025) e piccole e medie imprese quotate (dal 2026).
Risulta apprezzabile l’impegno in atto nell’Ue anche rispetto al tema della due diligence, attualmente al centro di diverse proposte normative. Ciò che le accomuna è il fatto di prevedere che l’impresa debba farsi carico di valutare l’impatto della propria attività – incluso quello della catena del valore – su diritti umani e ambiente. Non mancano tuttavia le criticità, come l’esclusione delle piccole e medie imprese dai destinatari di tali obblighi, ma anche la scelta di allocare i costi relativi alla messa in atto dei processi di adeguamento in capo a realtà imprenditoriali spesso estremamente fragili al termine delle catene di fornitura, oltre che l’esclusione della responsabilità per danni in capo alle imprese che abbiano adempiuto a procedure formali di gestione del rischio. Inoltre, nella proposta della Commissione e nella posizione del Consiglio, appare totalmente assente l’aspetto della rendicontazione degli impatti ambientali, che spesso non sono disgiunti da quelli sociali.
Per ciò che concerne il settore finanziario, dopo la promulgazione, nel 2019, della “Direttiva sull’obbligo di trasparenza rispetto alla sostenibilità per i gestori di servizi finanziari”, sono emerse diverse difficoltà dovute all’eccessiva frammentazione dei sistemi misurativi delle azioni degli operatori finanziari, nonché alla forte asimmetria informativa tra imprese, banche, investitori e consumatori.
Infine, particolare attenzione va prestata al rischio greenwashing: la crescente attenzione alla sostenibilità da parte delle imprese e dei consumatori ha generato infatti la tendenza da parte dei venditori di beni e servizi a enfatizzare nella comunicazione e nella pubblicità i comportamenti “sostenibili”, ben al di là della realtà. La proposta di direttiva europea sui Green claim, presentata dalla Commissione europea il 22 marzo 2023, se approvata impegnerebbe i produttori a un’attenta verifica delle dichiarazioni relative ai prodotti e a un più esteso controllo della catena di fornitura, con il rischio di pesanti sanzioni.
Tra il 2010 e il 2022 il Goal 12
migliora grazie a diversi fattori, tra cui l'aumento
della differenziata e il minor consumo di materia
pro capite fino al 2020. Post pandemia risale
il consumo di materia e diminuisce la circolarità.
Invariate le disuguaglianze tra Regioni.
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LE PROPOSTE
Diffondere il Green social procurement,
integrando i criteri relativi alla dimensione sociale negli appalti pubblici per la realizzazione di opere pubbliche e l’acquisto di servizi e prevedendo la formazione, a livello centrale e territoriale, di esperti della normativa.
Promuovere una cultura della valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dei Criteri ambientali minimi e dei Criteri sociali minimi,
semplificando al contempo le procedure e velocizzando i processi di appalto, e stabilendo un monitoraggio relativo ai temi sociali.
Rafforzare la consapevolezza del consumatore
passando dalla auto-responsabilizzazione a una campagna in cui la sostenibilità veicoli più positività, mettendo in scena tutti i benefici che può portare nell’immediato al consumatore stesso.
Creare un sistema di incentivi (pubblici o privati)
con lo scopo di motivare e agevolare i consumatori verso l’adozione di comportamenti di consumo sostenibili.
Promuovere un cambiamento nella cultura
e una mobilitazione dei cittadini e delle organizzazioni della società civile affinché vigilino e contestino il greenwashing.