Goal 15 "Vita sulla terra"
La gestione ecosistemi terrestri continua a peggiorare
Rapporto ASviS 2023: incendi boschivi e perdita di suolo mettono a rischio l’integrità del territorio nazionale. Necessario un piano integrato di protezione e ripristino della natura.
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Secondo un sondaggio Ipsos, condotto in occasione della pubblicazione del Rapporto ASviS 2023, tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite il Goal 15 “Vita sulla terra” si colloca al quarto posto delle priorità. Il 66% degli italiani, per esempio, dichiara di considerare la desertificazione un problema e ben il 60% afferma che fra 10 anni la situazione sarà peggiore, non tanto per circostanze esogene non controllabili, ma perché non si sarà fatto abbastanza per affrontare la questione. Cresce anche l’attenzione al benessere animale e alla qualità delle coltivazioni, con oltre il 56% degli italiani (a fronte del 33% a livello globale) che ipotizza in futuro di diminuire il consumo di proteine animali per contribuire alla lotta alla crisi climatica, e un 46% che pensa di ridurre anche il consumo di latte e prodotti caseari (44% a livello globale).
Per quanto riguarda la situazione italiana relativa agli ecosistemi terrestri, dal 2010 al 2022 si rileva un andamento costantemente negativo. In particolare, peggiorano l’impermeabilizzazione del suolo da copertura artificiale, che nel 2021 si attesta al 7,1%, e la quota di territorio a elevata e molto elevata frammentazione, che nel 2021 è pari al 44,7%. Anche le disuguaglianze tra Regioni peggiorano, seppur in misura contenuta. Questo trend complessivamente negativo è riscontrabile non solo sulla base dei dati statistici disponibili, in merito ai quali tra l’altro sussistono ampi vuoti conoscitivi, ma anche delle politiche avviate negli ultimi anni, adottate in maniera frammentaria e non coordinata, scollegate dai quadri strategici adottati e pertanto strutturalmente inadeguate a offrire garanzie di raggiungimento degli Obiettivi al 2030.
Le superfici terrestri protette, inclusa la rete “Natura 2000”, costituiscono il 21,7% del territorio nazionale, a rischio per diversi fattori: gli incendi boschivi minacciano il 18% della copertura naturale del Paese, mentre il 35% è classificata nella categoria delle aree “quasi” minacciate, percentuali che possono aumentare per effetto dei cambiamenti climatici; oltre al consumo di suolo, l’Ispra valuta che il degrado del suolo interessi il 17% del totale disponibile, con una variabilità regionale che va dal 3% al 28%. In assenza di misure per fermare il consumo e l’impermeabilizzazione del terreno e sulla base delle politiche attuali, l’Italia non riuscirà a perseguire gli obiettivi al 2030 di azzerare l’aumento del consumo di suolo annuo e raggiungere la quota del 30% delle aree terrestri protette.
Secondo il Rapporto ASviS, le politiche pubbliche nazionali non hanno finora strutturato soluzioni per rispondere a quanto l’Italia si era impegnata a fare a livello europeo e internazionale, agendo sulle cause strutturali antropiche che determinano il fenomeno della perdita di biodiversità. Per esempio, la Legge n. 221/2015 aveva introdotto alcuni strumenti per sviluppare politiche ambientali basate su una visione sistemica, riconoscendo il ruolo della tutela e valorizzazione del capitale naturale per la prosperità sociale ed economica. La pubblicazione dei vari rapporti sul capitale naturale e del Catalogo dei sussidi ambientali non hanno però avuto alcuna influenza concreta sulle politiche nazionali. Anche la redazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finalizzato a imprimere una spinta importante a riforme e investimenti per la transizione verde, non ha considerato le raccomandazioni chiave in essi contenuti.
La maggiore novità sul tema resta dunque l’approvazione della Legge costituzionale n.1 dell’11 febbraio 2022, con la quale sono state introdotte modifiche agli artt. 9 e 41 della Costituzione, introducendo la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni. La tutela degli animali inclusa nell’art. 9 integra di fatto anche il concetto scientifico di One Health, ovvero il riconoscimento che la salute umana, animale, vegetale e ambientale sono inestricabilmente interconnesse. L’art. 41 specifica, al primo comma, che l’iniziativa economica privata, oltre a non potersi svolgere in contrasto all’utilità sociale, non può essere condotta “in danno alla salute, all’ambiente”. Tale formulazione richiama, di fatto, il principio del “non nuocere significativamente all’ambiente” (Dnsh) inserito nel Green Deal europeo, che l’Italia è già chiamata ad applicare agli investimenti del Pnrr e ad altri interventi finanziati dal bilancio europeo 2021-2027.
Su scala europea, si segnala il positivo impulso dato dal Green deal e in particolare dalla Strategia per la biodiversità al 2030, che integra gli obiettivi della Cop 15 sulla Diversità biologica prevedendo, entro il 2030, sia un incremento delle aree protette terrestri e marine ad almeno il 30%, sia un ripristino efficace del 30% degli ecosistemi terrestri, idrici interni, marini e costieri degradati. Tuttavia, la legge europea per il ripristino della natura è ancora ferma all’obiettivo del 20% e, al momento, non ci sono proposte politiche che indichino in che modo l’Unione intenda colmare questa differenza.
Tra il 2010 e il 2022 il Goal 15 peggiora
a causa dell'aumento dell'impermeabilizzazione
del suolo da copertura artificiale e alla quota di
territorio altamente frammentato. Stabile, invece,
la quota di aree terrestri protette.
Si acuiscono anche le disuguaglianze territoriali.
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