ASviS: “Il Ddl bilancio 2025 presenta un quadro di politiche frammentarie”
Nel Disegno di legge non c’è una strategia industriale su disuguaglianze e povertà assoluta. E la mancanza di coerenza nelle politiche è in contrasto con gli impegni presi dal Governo. Le parole di Giovannini in audizione alla Camera. 4/11/24
“Come indicato dal governo, gli investimenti per la transizione ecologica e digitale non possono essere rinviati a ‘condizioni di bilancio più favorevoli’, poiché il Rapporto ASviS di primavera 2024 ha dimostrato che procrastinare queste azioni ne aumenterà i costi futuri, gravando sulle finanze pubbliche. L’ASviS propone di attivare il Programma nazionale per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile e di creare un Fondo, sia per la sua attuazione, sia per la predisposizione del Piano di accelerazione sotto la guida della Presidenza del Consiglio”.
Si tratta di uno dei messaggi lanciati da Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, in occasione dell’audizione alla Camera dei deputati, presso la Commissione V Bilancio, tesoro e programmazione, il 4 novembre, in merito al Disegno di legge (Ddl) di bilancio per l’anno 2025.
Come rilevato dal Rapporto ASviS pubblicato il 17 ottobre, il Piano strutturale di bilancio di medio termine non esprime quella visione in grado di cambiare in profondità il Paese. Per l’ASviS nel Ddl si riscontrano l’assenza di una direzione univoca e la mancanza di coerenza nelle politiche, in contrasto con gli impegni presi dal Governo nelle sedi internazionali (Onu, G7, G20) per accelerare i progressi verso l’Agenda 2030, oltre che con quanto indicato nella Strategia nazionale di sviluppo sostenibile (SNSvS), adottata nel 2023.
Il ddl presenta infatti un quadro di politiche frammentarie che limita l’utilizzo dei fondi nazionali ed europei, è carente nell’attrarre la finanza privata nei settori chiave per il futuro dell’economia italiana, e non prevede misure per la resilienza dei territori e del sistema economico-sociale, messi a dura prova dalla crisi climatica e da potenziali shock energetici e geopolitici.
“Il ddl è inoltre sprovvisto di una valutazione d’impatto sugli indicatori di Benessere equo e sostenibile (Bes), sugli effetti su transizioni ecologica e digitale e sulla giustizia intergenerazionale, in linea con la modifica dell’art. 9 della Costituzione e con il Patto sul futuro firmato dall’Italia in sede Onu nel settembre 2024 – ha proseguito Giovannini - Manca poi una chiara strategia industriale nazionale che affronti le disuguaglianze, comprese quelle territoriali. Le diverse misure incentivanti ai settori produttivi del Paese dovrebbero prevedere condizionalità specifiche al fine d’indirizzare al meglio il sistema produttivo nazionale, per raggiungere gli obiettivi delle transizioni verde e digitale che ci siamo prefissati”.
Sebbene il Ddl presenti misure per una maggiore equità sociale, non affronta in modo strutturale l’aumento della povertà assoluta, in particolare tra le famiglie giovani con figli, né il divario sociale e territoriale. Non si rileva infatti una coerenza con altri interventi pubblici, come il Pnrr, i Fondi strutturali e il Fondo sviluppo e coesione, né sono previste modifiche all’Assegno di inclusione o al Supporto per la formazione e il lavoro, come suggerito dall’ASviS e da autorevoli istituzioni nazionali e internazionali.
Preoccupa l’avvio della legge sull’autonomia differenziata. Qui mancano infatti le risorse per finanziare i Livelli essenziali di prestazione (Lep) nei diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale.
Per quanto riguarda l’occupazione, le politiche del lavoro devono oggi affrontare trasformazioni economiche, tecnologiche e demografiche profonde. Si avverte dunque la necessità di promuovere misure che facilitino formazione e riqualificazione professionale, rendendo sempre più urgente il coordinamento con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e con le Politiche di coesione dell’Unione europea. Tali misure si rivelano cruciali per colmare il divario occupazionale di genere e contrastare il fenomeno crescente dei Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione).
Il sistema fiscale italiano è segnato da una progressiva erosione della base imponibile Irpef, situazione che richiede un approccio incisivo per combattere l’evasione fiscale e promuovere una tassazione più equa, soprattutto verso le multinazionali digitali. Spostare il carico fiscale dai redditi da lavoro verso altre basi imponibili permetterebbe di riequilibrare il peso tra imposte dirette e indirette. Una riforma fiscale orientata alla giustizia distributiva non può tuttavia prescindere dal rigetto di misure come i condoni, che erodono la fiducia del contribuente e incentivano pratiche fiscali opportunistiche.
Infine, il Ddl attuale non include un piano pluriennale per il miglioramento energetico degli edifici e la rigenerazione urbana, settori chiave per l’economia italiana. Allo stesso modo, la carenza di fondi per il regolamento europeo sul ripristino della natura e per il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) rappresenta un’occasione mancata per la sostenibilità ambientale. Un approccio inadeguato, così come quello relativo ai tagli sull’automotive per via dell’aumento delle spese per la difesa, e ai fondi destinati all’Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps): di questo passo non raggiungeremo l’obiettivo di destinare lo 0,7% del reddito nazionale lordo entro il 2030.