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Sostenibilità, analisi ASviS: con la pandemia l’Italia ha perso posizioni in Europa
L’Alleanza presenta l’aggiornamento sull’evoluzione europea rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, evidenziando nel 2020 un rallentamento dei progressi. Italia penultima su lavoro, disuguaglianze, pace, giustizia e istituzioni. 10/6/22
L’Italia è in seconda posizione in Europa per gli Obiettivi dell’Agenda 2030 in materia di agricoltura e consumo e produzione responsabili, ma penultima su lavoro, disuguaglianze, pace, giustizia e istituzioni solide. Sotto alla media europea la situazione per contrasto alla povertà, educazione, acqua, imprese e infrastrutture, territori, cooperazione.
È quanto emerge da uno studio pubblicato il 10 giugno dall’ASviS che, sulla base di dati Eurostat[1], ha messo a confronto i 27 Paesi dell’Unione europea in una prospettiva decennale e ha offerto una prima valutazione quantitativa dell’impatto della pandemia sul raggiungimento dei 17 Obiettivi dell’Agenda Onu in Europa.
L’analisi è stata presentata in sintesi dal presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini a Bologna, in apertura del convegno “Accompagnare le transizioni, contrastare le diseguaglianze” organizzato dalla Regione Emilia-Romagna.
La situazione dell’Unione europea rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile
Nel suo percorso verso i 17 Goal dell’Agenda 2030, l’Unione europea migliora tra il 2010 e il 2020 in undici Goal (2 Alimentazione e agricoltura sostenibili, 3 Salute e benessere, 4 Educazione, 5 Parità di genere, 7 Sistema energetico, 8 Condizione economica e occupazionale, 9 Innovazione, 11 Condizioni delle città, 12 Modelli sostenibili di produzione e consumo, 13 Lotta al cambiamento climatico, 16 Governance e istituzioni), è stabile in due (1 Sconfiggere la povertà, 6 Acqua pulita e servizi igienico-sanitari) e peggiora in tre (10 Disuguaglianze, 15 Ecosistemi terrestri e 17 Cooperazione internazionale).
Tale quadro, però, diventa più critico se si analizza l’ultimo anno disponibile, su cui incidono gli effetti del primo anno della pandemia. Tra il 2019 e il 2020 si ha un complessivo rallentamento nei miglioramenti riscontrati negli anni precedenti: i Goal che mantengono un andamento positivo sono tre (7, 12 e 13), anche se si tratta di risultati prevedibilmente condizionati dai blocchi della circolazione e della produzione attuati dalle autorità durante i lockdown, quelli con un andamento negativo sono quattro (Goal 1, 3, 10 e 17) e sei restano stabili (Goal 2, 4, 5, 8, 9 e 16).
La posizione dell’Italia in Europa
Dallo studio risulta che nel 2020 (ultimo anno disponibile) l’Italia è al di sotto della media europea per nove Goal (Povertà, Educazione, Acqua pulita e servizi igienico sanitari, Condizione economica e occupazionale, Innovazione, Disuguaglianze, Città e comunità sostenibili, Governance e istituzioni e Cooperazione internazionale), allineata per cinque Goal (Salute e benessere, Parità di Genere, Sistema energetico, Cambiamenti climatici, Ecosistemi terrestri) e al di sopra perdue Goal (Alimentazione e agricoltura sostenibili, Modelli sostenibili di produzione e consumo). Non sono disponibili i dati sul Goal 14 relativo alle condizioni dei mari.
Le disuguaglianze tra gli Stati membri
Per la prima volta si è analizzato in una prospettiva temporale l’andamento delle differenze territoriali, una analisi che ha consentito di valutare se il livello di disuguaglianze tra gli Stati europei sia aumentato o diminuito nel tempo, valutando così l’impatto delle politiche di convergenza adottate a livello comunitario. Secondo lo studio, le disuguaglianze sono diminuite in sette Goal (1, 2, 3, 6, 11, 13, 16), sono rimaste stabili in sei Goal (4, 5, 8, 9, 15, 17) e aumentate in tre Goal (7, 10, 12).
Europa e Italia a confronto per Obiettivo
La Polonia registra il miglioramento più significativo tra il 2010 e il 2020, grazie alla riduzione delle persone che vivono in condizione di deprivazione materiale (-11,6 punti percentuali) e di deprivazione abitativa (-9,6 punti percentuali). Il Lussemburgo, invece, evidenzia la variazione negativa maggiore a causa dell’aumento del numero di persone a rischio povertà (+2,9 punti percentuali). L’Italia, quintultima nel 2020, non evidenzia miglioramenti tra il 2010 e il 2020 e si posiziona molto al di sotto della media Ue nell’ultimo anno disponibile, soprattutto a causa di un più alto numero di persone a rischio povertà (20% nel 2020 rispetto al 16,6% dell’Ue). La Germania ha risentito più di tutti della crisi pandemica registrando, tra il 2019 e 2020, un drastico peggioramento a causa, principalmente, dell’aumento dei lavoratori a rischio povertà (+2,6 punti percentuali tra il 2019 e il 2020).
Migliorano tra il 2010 e il 2020, con intensità diverse, tutte le nazioni europee, fatta eccezione per Estonia, Austria, Finlandia, Lettonia e Svezia, i cui indici compositi registrano una sostanziale stabilità tra il primo e l’ultimo anno considerato. L’Italia nel 2020 è terza in Europa, registrando anche la quinta miglior variazione (2010-2020) tra le nazioni Ue. Ciò è dovuto principalmente a una maggiore superficie adibita a coltivazioni biologiche (16% nel 2020 a fronte del 9,1 dell’Ue) e a un maggior valore aggiunto nell’agricoltura (2433,5 euro per ettaro nel 2020 rispetto a 1097,1 dell’Ue).
La Lettonia misura la variazione positiva più elevata tra il 2010 e il 2020, soprattutto per la riduzione delle persone che hanno difficoltà di accesso alle cure sanitarie. La Finlandia, invece, evidenzia il trend peggiore tra i 27 Stati analizzati, per la drastica riduzione dei posti letto nelle strutture ospedaliere (-40% tra il 2010 e il 2019). L’Italia si posiziona a livello della media europea nel 2020. In particolare, il nostro Paese registra un più basso numero di posti letto per abitante rispetto alla media Ue, una maggiore aspettativa di vita e un più basso tasso di mortalità preventivabile. Il Goal 3 è tra quelli che hanno subito gli effetti più rilevanti nel primo anno di pandemia: circa due terzi degli Stati mostrano variazioni negative tra il 2019 e il 2020, mentre circa la metà dei 27 Paesi analizzati erode i miglioramenti misurati nel corso degli ultimi 10 anni.
Il Portogallo è il Paese che registra l’andamento più promettente tra il 2010 e il 2020 grazie alla diminuzione dell’abbandono scolastico (-19,4 punti percentuali) e l’aumento del numero di laureati e diplomati (rispettivamente +19,4 e +23,7%). La Bulgaria è il Paese che mostra la variazione negativa più significativa tra il primo e l’ultimo anno considerato, soprattutto a causa del peggioramento delle competenze degli studenti. L’Italia, mostrando miglioramenti in linea con la media europea tra il 2010 e il 2020, nell’ultimo anno disponibile si conferma ancora lontana dalla stessa. Ciò principalmente a causa di un tasso inferiore di laureati (28,9 contro 40,5% dell’Ue nel 2020) e del numero di persone che al massimo hanno completato la scuola secondaria di primo grado (37,1 a fronte del 21% nel 2020 per l’Ue).
Tutti i Paesi migliorano, nel 2020, il proprio livello rispetto al 2010. Irlanda e Italia registrano l’andamento migliore, grazie all’aumento delle laureate nelle discipline Stem per l’Irlanda (+13,9 punti percentuali) e a quello delle donne che lavorano in posizioni manageriali per l’Italia (+31,6 punti percentuali). Un dato interessante sul nostro Paese, dove il più basso tasso di occupazione femminile (52,1% contro 66,1% dell’Ue nel 2020) è compensato da un minore divario salariale di genere (4,2% contro 13% per l’Ue). Lettonia, Bulgaria e Croazia fanno registrare i miglioramenti più lievi.
La Romania evidenzia i miglioramenti più significativi tra il 2010 e il 2019, grazie alla riduzione del numero di persone prive di servizi igienici nella propria abitazione, mentre la Grecia misura la variazione negativa più consistente a causa del peggioramento dell’indice di sfruttamento idrico (+19,3 punti percentuali). Critica è la situazione dell’Italia, che nel 2019 regredisce rispetto al livello misurato nel 2010, allontanandosi ulteriormente dalla media Ue a causa di un più alto livello di sfruttamento delle acque e ad un più basso livello di trattamento delle acque reflue. Complessivamente il livello di disuguaglianza tra i Paesi Ue risulta diminuito tra il 2010 e il 2019.
Tutti i Paesi migliorano, nel 2020, il proprio livello rispetto al 2010. In particolare, l’Irlanda registra la variazione positiva più rilevante grazie all’aumento della produttività dell’energia (+110%), mentre l’Ungheria registra i miglioramenti più contenuti. L’Italia evidenzia nel decennio miglioramenti in linea alla media e si mantiene, nel 2020, ad un livello poco superiore ad essa misurando da un lato una più alta produttività dell’energia (10,3 contro 8,6 euro per kg di petrolio equivalenti dell’Ue nel 2020), ma dall’altro una più bassa quota di energia da fonti rinnovabili (20,4 contro 22,1% dell’Ue nel 2020). Tra il 2010 e il 2020 aumenta il livello di disuguaglianza in Europa per questo Goal.
Relativamente alla variazione tra il 2019 e il 2020, questo Goal risulta tra i più colpiti dalla pandemia, circa due quinti dei Paesi evidenziano variazioni negative tra il 2019 e il 2020, mentre il resto degli Stati non misura alcun tipo di miglioramento. L’Italia evidenzia grandi criticità, assestandosi, nel 2020, al penultimo posto in Europa e molto distante dalla media europea: una più alta quota di part time involontario (5,1 contro 2,5% dell’Ue nel 2020), di Neet (23,3 contro 13,7% dell’Ue nel 2020) e un più basso tasso d’occupazione (61,9 rispetto al 71,7% dell’Ue nel 2020).
Il Lussemburgo è l’unico Paese che non registra miglioramenti tra il 2010 e il 2020, mentre Estonia e Belgio raggiungono i progressi maggiori. L’Italia, nel 2020, migliora il proprio livello del 2010 con un’intensità inferiore rispetto alla media europea, confermandosi ancora distante da quest’ultima. Tali criticità sono dovute principalmente a una più bassa quota di connessioni a banda larga (33,7% a fronte del 59,8% dell’Ue nel 2020) e di risorse specializzate in scienze e tecnologie (38% contro il 48% dell’Ue nel 2020).
Emergono grandi criticità per la maggior parte degli Stati europei. Circa i due quinti di questi nel 2020 si attestano ad un livello più basso rispetto al 2010, anche per gli effetti della pandemia. L’Italia è molto lontana dalla media europea, posizionandosi al penultimo posto tra i membri Ue. Tale situazione è spiegata principalmente da una più bassa ratio tra tasso di occupazione giovanile e totale (67,7% contro 84,8% dell’Ue nel 2020) e una maggiore disuguaglianza nella distribuzione del reddito (in Italia nel 2020 il 20% più ricco della popolazione ha 6,1 volte un reddito maggiore rispetto al 20% più povero, a fronte del 5,2 della media Ue).
Tra il 2010 e il 2019 solo la Danimarca evidenzia la variazione negativa peggiore principalmente a causa dell’aumento della concentrazione di PM10. L’Ungheria, invece, mostra la variazione positiva maggiore. L’Italia nel 2019 registra sostanzialmente lo stesso livello del 2010, mantenendosi al di sotto della media Ue a causa di una più alta quota di persone che vivono in condizioni di sovraffollamento (28,3% contro 17,1% in Ue nel 2019). Data la mancanza di dati relativa al 2020, non è stato possibile analizzare gli impatti della crisi pandemica su questo Goal.
Slovenia e Italia sono i Paesi che migliorano di più tra il 2010 e il 2020, grazie principalmente all’aumento della quota di raccolta differenziata e della circolarità della materia (rispettivamente +6,4% e +10,1 punti percentuali). L’Italia si posiziona, nel 2020, sopra al livello medio europeo e al secondo posto dietro solo all’Olanda grazie ad un più alto tasso di circolarità della materia, (21,6% contro 12,8% in Ue nel 2020), a una maggiore produttività delle risorse e ad un più basso consumo di materia pro-capite. Il livello di disuguaglianza tra i Paesi Ue nel periodo considerato peggiora.
Lussemburgo, Danimarca, Grecia e Finlandia registrano la variazione migliore tra il 2010 e il 2020, avendo ridotto le emissioni. La Lituania e la Slovenia, invece, sono gli unici due Paesi che nel 2020 registrano un livello di emissioni maggiore rispetto al 2010. L’Italia nel 2020 si posiziona sopra la media europea registrando una variazione 2010-2020 leggermente migliore rispetto a quella misurata per l’Europa. In Italia le emissioni di gas serra, nel 2020, sono pari a 5,7 tonnellate pro-capite a fronte delle 7,1 della media Ue.
La situazione del Goal 15 è tra le più critiche: ciascuno Stato, nel 2019, si attesta ad un livello inferiore rispetto al 2010. Particolarmente negativa è la variazione evidenziata da Cipro, Svezia e Polonia a causa principalmente dell’aumento del consumo di suolo. La variazione negativa dell’Italia tra il 2010 e il 2020 è poco inferiore rispetto a quella media europea, tuttavia il nostro Paese si assesta ancora al di sotto della media Ue: l’Italia registra una minore copertura forestale e una maggiore copertura di suolo, ma, nell’ultimo decennio, ha impermeabilizzato meno suolo rispetto alla media europea. Data la mancanza di dati relativa al 2020 non è stato possibile analizzare gli impatti della crisi pandemica su questo Goal.
Tra il 2019 e il 2020 più di un terzo degli Stati registra una variazione negativa. Criticità per la Francia e la Spagna, quest’ultima soprattutto per l’aumento delle persone che denunciano atti di criminalità nella zona in cui vivono (+2,5%). Situazione negativa anche per l’Italia che si attesta, nel 2020, al penultimo posto in Europa, molto distante dal dato medio a causa principalmente di una maggiore durata media dei procedimenti civili e commerciali (527 giorni nel 2018 rispetto ai 297 della media Ue) e di una più bassa quota di individui che utilizza servizi di e-government (17% contro 38% dell’Ue).
Il 17 è tra i Goal che registrano le criticità maggiori. Più di due terzi degli Stati europei peggiorano il loro livello tra il 2010 e il 2020. L’Italia nel 2020 peggiora con un’intensità maggiore rispetto alla media Ue, principalmente a causa dell’aumento del debito pubblico (155,6% rispetto al 90,1% della media Ue nel 2020). Tra il 2010 e il 2020 Estonia, Portogallo, Grecia e Italia, invece, sono i Paesi che evidenziano le variazioni negative più rilevanti, a causa dell’aumento del debito pubblico e della riduzione della quota di tasse ambientali.
di Andrea De Tommasi
[1] Lo studio è stato condotto a partire dai dati pubblicati dall’Eurostat, relativi a oltre 81 indicatori elementari, aggregati in 16 indici compositi. I valori degli indici compositi elaborati dall’ASviS sono stati determinati sulla base del livello e dell’andamento degli indicatori elementari relativi ai singoli Paesi, i quali vengono a loro volta aggregati, producendo indici compositi per ogni Goal a livello di singolo Paese.