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Quale sarà il futuro degli investimenti finanziari sostenibili?
Il Position paper, elaborato dal Gruppo di lavoro ASviS “Finanza per lo sviluppo sostenibile”, offre un quadro sull'evoluzione del contributo della finanza alla sostenibilità e sulle prossime sfide che toccheranno questo settore. 18/1/23
Il Position paper “Finanza per lo sviluppo sostenibile”, redatto dal Gruppo di lavoro trasversale dell’Alleanza dedicato al tema e presentato il 19 gennaio durante un webinar organizzato dalla Fondazione Oibr (Organismo italiano business reporting), ripercorre gli sviluppi delle iniziative finanziarie verso la sostenibilità, in linea con l’Agenda Onu 2030. Un percorso cruciale per poter generare “impatti positivi per la società accanto al rendimento per gli investitori, perseguendo il miglioramento delle condizioni sociali, culturali ed economiche della comunità”.
Il documento prodotto dall’ASviS, partendo da una introduzione che definisce cos’è la finanza per lo sviluppo sostenibile, analizza la sua evoluzione all’interno del quadro normativo dell’Unione europea, dalla tassonomia verde fino alla nuova Direttiva sul Corporate sustainability reporting, passando anche dalla regolamentazione bancaria in materia di rischi Esg (environmental, social, governance). Tra gli altri temi affrontati dal Position paper: le strategie d’investimento sostenibile e responsabile, il futuro della rendicontazione di sostenibilità e della finanza a impatto, nonché la finanza retail e la finanza pubblica per lo sviluppo sostenibile. La settima sezione approfondisce infine il legame tra la finanza sostenibile e la promozione di politiche per la parità di genere.
“Lo scopo della finanza per lo sviluppo sostenibile è indirizzare risorse finanziarie pubbliche e private, verso settori, progetti e iniziative funzionali alla transizione dell’economia verso modelli più sostenibili”.
Il reporting di sostenibilità. Il Position paper sottolinea come l’Unione europea abbia completato la sua proposta di “revisione della direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario”, che nella sua forma attuale ha preso il nome di Corporate sustainability reporting directive (Csrd). I principali utilizzatori di questo strumento sono gli investitori, le organizzazioni non governative e le diverse parti sociali. Ma, come viene espresso nel documento, “l’attuale quadro giuridico non garantisce che le esigenza di informazione di questi utenti siano soddisfatte” perché le informazioni comunicate sono spesso inaffidabili, non sufficientemente comparabili con le altre imprese e/o difficilmente accessibili. Queste lacune comportano un duplice rischio: da una parte gli investitori non dispongono di elementi a sufficienza per mettere a fuoco i rischi legati alla sostenibilità nelle loro decisioni di investimento; dall’altro lato vi è poca chiarezza per gli investitori sulle mete di destino delle loro risorse finanziarie, perché non vi è la certezza che le loro scelte siano davvero indirizzate verso percorsi sostenibili. Tra le sfide che porterà con sé la Csrd, per le imprese finanziarie e non, si può menzionare l’obbligo di “riportare la percentuale di attività economiche allineate alla tassonomia delle imprese coinvolte nella loro catena di valore”, con il rischio che le imprese siano costrette a dichiarare un basso livello di sostenibilità a causa delle difficoltà a reperire le informazioni.
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Il Position paper evidenzia un concreto rischio di polarizzazione tra lo standard di reporting di sostenibilità europeo, la Csrd, e le linee guida formulate dall’International sustainability standards board (Issb), un organismo messo a punto a seguito della Cop26 di Glasgow il cui compito è “di emanare standard per il reporting di sostenibilità che forniranno una base comune (‘baseline’) a livello internazionale”. La problematica è legata al tema della compatibilità tra i due approcci e alla possibilità che si venga a concretizzare un “double sustainability reporting”, ovvero l’obbligo per le imprese operanti dentro e fuori l’Ue di dover rispettare due diverse normative in materia di reporting di sostenibilità, in alcuni punti divergenti tra di loro. Il rischio poi è che si venga a creare una discrepanza in Europa con riferimento agli standard contabili (comuni e condivisi) rispetto a quelli relativi alla rendicontazione di sostenibilità (diversi o divergenti). A questo si aggiunge, infine, la differenza di prospettive che tocca la visione stessa del reporting di sostenibilità, con un approccio europeo costruito intorno alla “prospettiva degli ‘stakeholder’”, e l’approccio Issb ispirato alla prospettiva degli “investitori”.
La tassonomia delle attività sostenibili. Il Regolamento sulla tassonomia delle attività sostenibili, di cui l’Ue si è dotata nel 2020, appare ancora incompleto in alcune sue parti, secondo il documento ASviS. La normativa definisce la tassonomia green, comprendendo anche l’allargamento alle attività ritenute necessarie alla transizione del comparto energetico, con un chiaro riferimento alla combustione di gas e alla fissione nucleare. Si evidenzia che un discorso diverso viene fatto rispetto alla tassonomia sociale, rispetto a cui non è ancora stata fissata una definizione univoca e condivisa a livello europeo.
Il Position paper approfondisce anche l’ambito della finanza sostenibile retail, che giocherà un ruolo di rilievo nella diffusione di prodotti Esg a milioni di famiglie nel nostro Paese “nell’adozione di nuovi modelli e comportamenti di acquisto nelle concrete operazioni quotidiane”. Ma l’importanza della finanza sostenibile retail pesa anche sul settore imprenditoriale, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese.
Dieci raccomandazioni conclusive. Il Position paper stila nella sua parte finale alcuni punti volti a riassumere le informazioni contenute nel documento per meglio orientare le scelte degli stakeholder in materia di finanza sostenibile per il prossimo futuro. Il documento raccomanda di:
- finanziare la transizione giusta, attraverso il sostegno intenso, calibrato e adeguato di risorse e di tempi certi per la realizzazione rapida ed efficace degli obiettivi della transizione;
- favorire davvero la finanza d’impatto e gli investimenti sostenibili, rafforzando l’insieme degli strumenti di regolazione, la trasparenza e la raccolta dei dati;
- adottare le tecniche della finanza di impatto e dare impulso alla tassonomia per gli obiettivi sociali, associando questi ultimi agli obiettivi finanziari;
- modificare i modelli di business degli operatori finanziari, rafforzando i processi di identificazione dei rischi Esg e proponendo prodotti finanziari che supportano un consumo e una produzione sostenibili;
- consolidare gli strumenti di finanza pubblica europea per la sostenibilità;
- utilizzare le risorse del Pnrr per sviluppare capacità di programmazione nelle pubbliche amministrazioni, secondo il principio “do not significant harm”;
- promuovere azioni per sostenere la finanza per il consumo sostenibile, anche tramite la trasparenza e l’informazione;
- utilizzare strumenti di regolazione e promuovere l’azione del mercato per rafforzare l’orientamento sostenibile dei consumi;
- utilizzare la finanza per raggiungere l’obiettivo della parità di genere tramite strumenti di valutazione delle politiche e strumenti finanziari operativi, come le risorse per promuovere l’imprenditorialità femminile.
di Milos Skakal