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Rischio idrogeologico in Italia, senza prevenzione costi triplicati in 13 anni
Sismi, alluvioni, dissesto: nel tempo i costi dell’inazione sono aumentati, come dimostrano i dati Ance-Cresme. Piani di adattamento climatico e soluzioni basate sulla natura possono aiutare le città a prepararsi al futuro. 21/12/23
Dal 2010 a oggi la spesa per i danni da dissesto idrogeologico in Italia è triplicata raggiungendo 3,3 miliardi di euro l’anno. Inclusi i terremoti, più di 350 miliardi l’ammontare in 80 anni (valori 2023), con una media annua, tra il 1944 e il 2009, di 4,2 miliardi, salita a 6 miliardi tra il 2010 e il 2023.
È quanto emerge da “Lo stato di rischio del territorio italiano nel 2023”, il Rapporto realizzato da Cresme (Centro di ricerche di mercato) per Ance (Associazione nazionale costruttori edili) e pubblicato il 29 novembre. Quella descritta dallo studio è un’Italia fragile, che presenta profili di rischio da tanti punti di vista. Secondo quanto rilevato dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), si stima che la cifra stanziata in 20 anni dal Ministero dell’Ambiente per far fronte al dissesto idrogeologico ammonti a quasi 7 miliardi di euro per un totale di oltre 6mila progetti finanziati su un totale di richieste che superano i 26 miliardi di euro, cifra quest’ultima che rappresenterebbe una stima del costo teorico per la messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale.
Insediamenti urbani nel Pnacc, l’ASviS pubblica un Position paper
Il documento, a cura del Gruppo di lavoro sul Goal 11 “Città e comunità sostenibili”, offre analisi e proposte per assicurare al Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici maggiore operatività ed efficacia. 30/11/23
Dal 20 dicembre è disponibile, sul sito dell’Istat, il nuovo Indice di fragilità comunale, che misura l’esposizione di un territorio ai rischi di origine naturale e antropica e a condizioni di criticità connesse con le principali caratteristiche demo-sociali della popolazione e del sistema economico-produttivo.
Alluvioni e rischio idraulico
“In Italia negli ultimi 12 anni si sono verificati ben 120 eventi alluvionali”, si legge nel Rapporto, causando 170 vittime, circa 70 feriti e oltre 60mila evacuati. Considerando gli eventi di dissesto in termini di danni arrecati, tra gli anni peggiori si ricorda il 2014, quando si verificarono 13 eventi alluvionali che provocarono ingentissimi danni economici. Solo in Liguria, la Regione stimò per la parte pubblica circa 250 milioni di danni, 100 quelli stimati per le attività commerciali e produttive dalle associazioni di categoria.
Ma, come riportato dallo studio, questo non fu e non è un caso isolato. Complessivamente, mentre la spesa per riparare i danni degli eventi sismici è rimasta sui livelli storici (2,7 miliardi nel periodo 2009-2023 contro 3,1 del passato), per il dissesto idrogeologico la spesa è triplicata passando da una media di 1 miliardo all’anno a 3,3 miliardi. Le aree a pericolosità idraulica elevata coprono il 5,4% del territorio nazionale, quelle a pericolosità media il 10% e quelle a pericolosità bassa, allagabili in caso di eventi rari o estremi, raggiungono il 14% del territorio nazionale. E se tra le Regioni italiane l’Emilia-Romagna è sicuramente la più esposta al rischio di allagamento in termini di superficie, a livello di percentuale di popolazione esposta a rischio alluvioni sono Veneto, Liguria, Emilia-Romagna e Toscana i territori con valori superiori alla media nazionale per tutti gli scenari di pericolosità. A livello provinciale Venezia è la provincia italiana con più persone residenti a rischio elevato (circa 150mila persone), mentre tra le grandi città emerge Roma con quasi 42mila abitanti.
Complessivamente, in Italia, il rischio di alluvioni elevato interessa 2,4 milioni di persone, ma si arriva facilmente a quasi 7 milioni di persone esposte se si considera il rischio medio, arrivando a quota 12,3 milioni per il rischio moderato e basso.
In materia di “Tutela del territorio e della risorsa idrica”, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prima della revisione prevedeva un’importante riforma finalizzata alla semplificazione e accelerazione degli interventi di contrasto al rischio idrogeologico, nonché lo stanziamento complessivo di 15 miliardi di euro, riservando circa 2,49 miliardi di euro agli interventi sul dissesto idrogeologico, di cui 1,287 miliardi di euro di competenza del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica per progetti in essere finanziati da risorse già esistenti nel bilancio e 1,200 miliardi di euro assegnati al Dipartimento della protezione civile. Tuttavia, come sottolineato durante l’evento di presentazione del Rapporto (qui le slide), con la revisione del Pnrr le risorse per il rischio idrogeologico sono scese a 1,53 miliardi, di cui 1,2 miliardi destinati all’alluvione dell’Emilia-Romagna.
Il rischio sismico
Tra il 2000 e il 2023 in Italia sono avvenuti 4.507 terremoti con magnitudo uguale o superiore a 3.0, di questi 21 hanno avuto una magnitudo pari o superiore a 5.0. Oltre 700 le vittime direttamente o indirettamente provocate dagli eventi, la maggior parte delle quali connesse agli episodi de L’Aquila del 2009 e del sisma dell’Italia centrale del 2016.
Dal punto di vista dei territori, la maggior parte dell’Italia si divide tra sismicità 2 (medio alta) e sismicità 3 (medio bassa): 2.375 comuni sono in zona 2, circa tremila in zona 3. In zona 1, quella a rischio maggiore, si trovano 739 comuni, soprattutto in corrispondenza dell’Appennino. Secondo questa classificazione, si calcola che in queste tre zone risiedano oltre 50 milioni di persone, mentre restringendo il campo alla zona 1, la popolazione coinvolta supera i 3,2 milioni di persone. È la Calabria la regione con maggiore superficie in zona sismica 1.
Gli strumenti per prepararsi al futuro
Le città europee più dinamiche – Copenaghen, Parigi, Londra, Berlino – stanno sviluppando piani strategici di “adattamento al futuro”. Le azioni di pianificazione e progettazione dello sviluppo urbano operano su quattro direttrici fortemente integrate tra di loro: piani demograficamente espansivi, basati sulla trasformazione ma anche su una nuova urbanizzazione; piani per affrontare la rivoluzione della digitalizzazione, che si concretizza nel disegno della smart city; piani per la sostenibilità ambientale, ovvero piani di adattamento ai cambiamenti climatici, di mitigazione, di qualità ambientale (aria, acqua, verde urbano), di prevenzione e difesa dal rischio naturale; piani infrastrutturali, che si basano sulla progettazione dell’upgrade di infrastrutture case.
IL POSITION PAPER DELL’ASVIS A DIECI ANNI DALLA LEGGE SUL VERDE URBANO
Uno dei migliori strumenti da utilizzare per la pianificazione sostenibile dello sviluppo urbano sono le infrastrutture verdi e blu, ovvero elementi progettuali che utilizzano le Nature-based solutions (Nbs), le soluzioni basate sulla natura. Queste ultime, in ambito urbano, offrono molteplici vantaggi nel migliorare la qualità dell'aria, la salute e il benessere degli abitanti delle città, sono efficaci per il sequestro di carbonio, per il risparmio energetico, ma anche per la produzione alimentare locale, la biodiversità e il miglioramento della qualità e della quantità di risorse idriche. Si possono individuare tre principali categorie di Nbs:
- spazi aperti urbani: ad esempio foreste urbane, giardini alberati, pocket garden, desigillazione di aree parcheggio, piazze minerali alberate, strade alberate, orti e giardini condivisi, corti interne;
- sistemi di drenaggio e stoccaggio delle acque: ad esempio pavimentazioni drenanti, trincee e pozzi infiltranti, fossati inondabili, giardini umidi, piazze inondabili;
- soluzioni per gli edifici: ad esempio tetti o pareti verdi, nano-giardini, tetti “freschi” capaci di riflettere l’irradiazione solare, facciate integrate, corti interne, schermature.
Alla luce del contesto di rischio naturale in cui si trova oggi il territorio, conclude il Rapporto, le strategie di adattamento al cambiamento climatico rappresentano dunque una priorità imprescindibile. “Le città possono attuare un processo concreto di rinnovamento del sistema di governo del territorio, ma è necessario ripensare i metodi, le strategie e gli strumenti di pianificazione, supportati da una profonda innovazione disciplinare, culturale e sociale e da un aggiornamento dei quadri legislativi nazionali, in linea con le politiche europee, a cui poter fare riferimento” per mettere in campo strategie adattive, integrate e di lungo periodo, “che tengano conto dei rischi e, al tempo stesso, delle opportunità connessi ai cambiamenti climatici”.
Fonte copertina: "Lo stato di rischio del territorio italiano nel 2023"