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In Italia ambiente e conflitto in Ucraina tra le maggiori cause d’insicurezza
Secondo Fondazione Unipolis, il 58% degli intervistati ha paura della distruzione della natura, mentre il 49% teme lo scoppio di nuove guerre. Allarme giovanissimi: per almeno tre quarti emigrare è l’unica opzione per realizzarsi. 4/7/22
Guerra e distruzione dell’ambiente sono i due temi che più preoccupano la popolazione italiana. È quanto traspare dalla 14esima edizione del Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa, elaborato su iniziativa di Fondazione Unipolis e Demos&Pi e presentato il 29 giugno. Il documento, intitolato “La gioventù: una generazione in(de)finita”, evidenzia come l’insicurezza legata ai fenomeni globali (ovvero la percentuale di persone che si è detta preoccupata per almeno una fra queste questioni: ambiente e natura, sicurezza alimentare, guerre e globalizzazione) sia in crescita. Infatti, secondo la ricerca, il 75% delle persone intervistate, in Italia, dichiara di essere frequentemente preoccupato per l’insicurezza globale, un valore che sale di 5 punti percentuali rispetto all’anno scorso.
La crescita dell’insicurezza riferita ai fenomeni globali è “interamente attribuibile a un singolo indicatore elementare: prevedibilmente, si tratta dell’indicatore relativo alla paura della guerra”, viene sottolineato nel documento. Infatti, le persone che si sentono preoccupate dallo scoppio di un nuovo conflitto armato sono passate dall’essere il 27% nel 2021 al 49% nel 2022. Un valore che è quasi raddoppiato da un anno all’altro.
Metodologia. Il Rapporto è stato elaborato a partire da due sondaggi diversi, realizzati entrambi dalla società Demetra di Venezia. Il primo, supervisionato da Beatrice Bartoli, è stato realizzato su cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Polonia e Regno Unito), con lo scopo di “fornire una mappatura del clima sociale su scala continentale”, indagando in particolare sul tema della giustizia intergenerazionale. Il campione ha riportato 5.157 casi, circa 1.000 per ogni Paese. Il secondo, steso sotto la responsabilità di Marco Fornea, “approfondisce diverse dimensioni dell’insicurezza in Italia”, basandosi su un campione di 1.416 persone, rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne.
Nonostante la paura della guerra sia il fattore che più è incrementato nell’ultimo anno, è il timore della distruzione dell’ambiente e della natura a scuotere maggiormente la popolazione intervistata, dominando la classifica. Infatti, il 58% delle persone che hanno partecipato al sondaggio si dice “frequentemente preoccupata dalla distruzione dell’ambiente e della natura”. Un dato in linea con il trend degli ultimi anni, che ha visto lo stesso indicatore raggiungere il 57% nel 2021 e il 66% nel 2020.
Ma Ilvo Diamanti, che ha curato l’indagine in tutte le sue fasi, insieme a Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e Martina Di Pierdomenico, sottolinea che “la vera ‘questione’ sollevata e sottolineata da questa indagine è il ‘futuro dei giovani’”. Un futuro sempre più incerto e con poche probabilità di successo. La preoccupazione dei giovani per il loro domani si riflette nelle risposte date sulla ripartizione della spesa pubblica. Secondo il sondaggio, in Italia, il 27% dei giovani dai 18 ai 29 anni pensa che la spesa pubblica dello Stato dovrebbe investire prioritariamente nel lavoro. Seguono la scuola e l’istruzione (17%) e le politiche per l’ambiente (13%). Rispetto a quest’ultimo dato è da notare che tra gli intervistati di età compresa tra i 18 e 21 anni, la percentuale di persone che destinerebbe la spesa pubblica innanzitutto alle politiche ambientali è del 17%.
Il lavoro è per i giovani un tema cruciale. Da una parte, come emerso, rappresenta un campo in cui viene auspicato l’intervento dello Stato; dall’altra, però, traspare una competizione intergenerazionale. Quest’ultimo fattore è molto sentito soprattutto nella fascia di età appena maggiorenne (18-21 anni), che per il 71% delle risposte ha reagito affermativamente alla domanda “I lavoratori anziani bloccano le carriere dei giovani?”. Aleggia quindi il sentimento di essere “frenati e vincolati” della popolazione anziana, prosegue Diamanti in introduzione, “in quanto svantaggiati nella ‘mobilità’ sociale. Nelle opportunità di carriera. Soprattutto le donne”.
Ed è per questo che le speranze si rivolgono verso l’estero dove, per il 77% di tutti gli intervistati, il 59% dei giovani in età compresa tra i 18 e i 29 anni, e per il 62% della fascia 18-21 anni, i giovani possono sperare di costruire una carriera e un futuro, a differenza che in Italia. Un dato che si riflette nelle parole che Pierluigi Stefanini, presidente di Fondazione Unipolis nonché presidente e portavoce dell’ASviS, affida alla postfazione del documento: “Tra le disuguaglianze che ci preoccupavano di più c’era sicuramente quella di accesso al lavoro e alle misure di welfare collegate. In questo caso la percezione di ingiustizia generazionale è forte, soprattutto nel nostro Paese”.
Di Milos Skakal