Notizie
Gimbe: l’autonomia differenziata in sanità aumenta i divari territoriali
Secondo la Fondazione, è fondamentale escludere la tutela della salute dagli ambiti di autonomia e lavorare per ridurre le disuguaglianze tra i diversi sistemi regionali. 1/3/23
“L'attuazione delle maggiori autonomie richieste dalle regioni con le migliori performance sanitarie [Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, N.d.R.] è inevitabilmente destinata ad amplificare le diseguaglianze di un Sistema sanitario nazionale, oggi universalistico ed equo solo sulla carta”. È l’allarme lanciato nel report 1/2023 “Il regionalismo differenziato in sanità”, realizzato dalla Fondazione Gimbe per valutare il possibile impatto delle autonomie sul Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Il regionalismo differenziato. La possibilità di attribuire alle regioni a statuto ordinario “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” è regolato dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Tra gli ambiti su cui le regioni possono chiedere maggiore autonomia legislativa ci sono la sicurezza sul lavoro, l'istruzione, la tutela dell'ambiente e la sanità.
LEGGI ANCHE - INFANZIA E ADOLESCENZA: SALUTE E CRESCITA DIPENDONO DALLE DISUGUAGLIANZE
Il processo di attuazione del regionalismo differenziato è iniziato nel 2017, quando Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto hanno avviato un negoziato con il governo Gentiloni. Dopo anni di dibattito durante le diverse legislature, il 3 febbraio 2023 il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge proposto da Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le autonomie alle Regioni.
Esaminando le richieste delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, l'Osservatorio Gimbe sottolinea come alcune di queste, volte a fronteggiare la carenza di personale, andrebbero estese a tutte le regioni, mentre altre rischierebbero di amplificare le disuguaglianze regionali.
Un divario territoriale da colmare. Il Ssn è tenuto a fornire alla popolazione, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket, prestazioni e servizi definiti livelli essenziali di assistenza (Lea). L'analisi dell'Osservatorio Gimbe evidenzia come nelle prime dieci posizioni per erogazione di Lea nel periodo 2010-2019 ci siano otto regioni del Nord e solo due del Centro. Queste disuguaglianze si riflettono nella mobilità sanitaria interregionale: alcuni cittadini e cittadine del Centro e Sud Italia si spostano al Nord, ad esempio, per effettuare visite specialistiche.
Il tema del regionalismo differenziato era già stato approfondito dalla Fondazione Gimbe. Con un sondaggio condotto nel 2019 è stata indagata la percezione dell'impatto del regionalismo differenziato sulle disuguaglianze territoriale. Tra le preoccupazioni emerse ci sono l’irreversibilità del processo, l’imprevedibilità delle conseguenze e l’aumento del divario tra Nord e Sud tra Regioni ricche e povere.
Le proposte dell'Osservatorio. “Il regionalismo differenziato finirà dunque per legittimare normativamente e in maniera irreversibile il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute” conclude il Rapporto. Per questo motivo l'Osservatorio invita a valutare attentamente l'impatto del disegno di legge sull'autonomia differenziata.
Propone, inoltre, di eliminare la tutela della salute dagli ambiti su cui le regioni possono chiedere maggiore l'autonomia. Qualora il regionalismo differenziato in sanità dovesse essere attuato, l'Osservatorio chiede misure parallele per colmare il divario strutturale tra Nord e Sud Italia.
Di Maddalena Binda