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Oms: i media giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione dei suicidi
Ogni anno, nel mondo, più di 700mila persone si tolgono la vita. Le nuove linee guida dell’organizzazione spiegano perché raccontare i suicidi in modo accurato, appropriato ed empatico incoraggi le persone a cercare aiuto. 20/9/23
Direttamente collegato a fattori sociali, economici, culturali e psicologici, spesso complessi e intrecciati tra loro, il suicidio non è solo un problema di sanità pubblica. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, i media possono giocare un ruolo determinante nel rafforzarne la prevenzione. È la sintesi delle nuove linee guida contenute nel documento “Preventing suicide: a resource for media professionals” pubblicato il 12 settembre dall’Organizzazione mondiale della sanità in collaborazione con l’Associazione internazionale per la prevenzione del suicidio (Iasp).
Una piaga sociale e sanitaria
Ogni anno, evidenzia il documento, più di 700mila persone si tolgono la vita, con effetti devastanti e profondi su famiglie e comunità. Il suicidio è la quarta causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Le cause sono molteplici, spesso direttamente collegate alla negazione dei diritti umani fondamentali o eventi stressanti come la perdita di ogni mezzo di sussistenza o del lavoro. Eppure, sottolinea l’Oms, ridurre di un terzo il numero dei suicidi entro il 2030 è uno dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile.
Il suicidio (e i tentativi di suicidio) sono un crimine in 23 Paesi in tutto il mondo, una condizione che dissuade i più fragili dalla ricerca di aiuto per timore di ripercussioni legali e di stigmatizzazione. “Ogni morte per suicidio è una tragedia”, ha affermato Dévora Kestel, direttrice del Dipartimento salute mentale e uso di sostanze dell’Oms., “occorre fare di più per rafforzare la prevenzione del suicidio e i media possono contribuire in modo sostanziale”.
Fig.1 Cosa fare e cosa non fare
I media per la prevenzione dei suicidi
La copertura mediatica sulle notizie relativi ai suicidi può essere uno strumento da non sottovalutare. Esistono prove scientifiche sul ruolo dei media nel rafforzare o nell’indebolire gli sforzi nella prevenzione dei suicidi. Ad esempio, più di 100 studi (condotti principalmente nei Paesi ad alto reddito) sono giunti alla conclusione che i resoconti dei media su persone morte per suicidio possono portare a successivi, ulteriori atti suicidi. E a correre un rischio maggiore sono le persone più vulnerabili, come quelle con una storia alle spalle di tentativi o pensieri suicidi.
Per questo l’Oms raccomanda di non usare titoli sensazionalistici, di non descrivere il metodo utilizzato e non fornire particolari dettagli. Gli ultimi messaggi della persona deceduta, così come le eventuali lettere o post d’addio sui social media, non dovrebbero essere pubblicati perché rischiano di aumentare la probabilità che un individuo possa identificarvisi.
Nei giornali, le storie di suicidio dovrebbero essere collocate nelle pagine interne, al centro, piuttosto che in prima pagina o nella parte superiore di una pagina interna. Allo stesso modo i resoconti digitali non dovrebbero essere posizionati in modo predominante e i mezzi di informazione online non dovrebbero attivare la funzione “commenti” per le notizie sui suicidi e, nel caso fossero attivi, ci dovrebbe essere un sistema per monitorarli e gestirli correttamente.
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Sfatare i falsi miti
Ci sono molte convinzioni sbagliate riguardo il suicidio, alcune sono veri e propri miti da sfatare, come ad esempio l’idea che i suicidi siano inevitabili. O ancora che la maggior parte dei suicidi avviene all’improvviso, senza preavviso, o che solo le persone con problemi di salute mentale hanno tendenze suicide. Per questo, evidenziano le Linee guida Oms, parlare di suicidio non dovrebbe essere un tabù, se ne dovrebbe parlare apertamente, fornendo alle persone più vulnerabili altre opzioni o dare loro il tempo di riconsiderare l’idea del suicidio. Le notizie dovrebbero essere oggettive, i giornalisti dovrebbero limitarsi ai fatti, evitando di rafforzare i falsi miti e spostando l’attenzione su temi come la prevenzione e la ricerca di aiuto.
Raccontare storie di persone che hanno trovato il modo di superare circostanze avverse, evidenziando cosa può fare una persona per ottenere aiuto quando ha intenzioni suicide, può aiutare altri che si trovano in situazioni di vita difficili ad innescare strategie di coping positive.
di Tommaso Tautonico