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La povertà aumenta, ma i beneficiari delle misure di contrasto si dimezzano
Sostenuti dalla Caritas 270mila nuclei familiari in difficoltà, mentre l’Inps registra rispetto agli anni scorsi la metà di beneficiari dell’Assegno di inclusione. ASviS: “Larghe fasce di popolazione in grave povertà sono scoperte”. [VIDEO] 15/7/24
Povertà in aumento: i dati
Il 9,8% della popolazione (un residente su dieci) vive in uno stato di povertà assoluta, rispetto al 3% di 15 anni fa. Le stime preliminari dell’Istat, rilasciate a marzo e riferite all’anno 2023, attestano che, complessivamente, risultano in uno stato di povertà assoluta 5 milioni 752mila residenti, per un totale di oltre 2 milioni 234mila famiglie: la povertà oggi è ai massimi storici.
Secondo il Report statistico nazionale 2024 di Caritas Italiana “La povertà in Italia”, nel 2023 i centri di ascolto e i servizi informatizzati (complessivamente 3.124 in 206 diocesi in diverse Regioni italiane) hanno incontrato e supportato quasi 270mila persone. Poiché la presa in carico risponde sempre ad esigenze di tipo familiare, il Rapporto assimila questi “volti” ad altrettanti nuclei, stimando che circa il 12% delle famiglie in stato di povertà assoluta sia stato aiutato dal circuito Caritas. Rispetto al 2022, c'è stato un aumento del 5,4% nel numero di assistiti, un incremento meno pronunciato rispetto agli anni precedenti, indicando una lieve distensione delle emergenze successive alla pandemia. Tuttavia, il confronto con il periodo 2019-2023 mostra un aumento significativo del 40,7% nel numero di assistiti.
L’Inps d’altro canto, nel primo “Osservatorio sulle misure di contrasto alla povertà e di inclusione sociale - Assegno di inclusione e Supporto formazione lavoro”, rivela che per il nuovo Reddito di cittadinanza, l’Assegno di inclusione (Adi) partito a gennaio, i beneficiari sono circa la metà rispetto agli anni scorsi (coinvolte a maggio 2024 1,5 milioni di persone, contro i 2,9 milioni dell’anno scorso).
La diminuzione dei beneficiari è dovuta in gran parte alle nuove regole: per ottenere l’Adi, infatti, nel nucleo familiare devono essere presenti persone disabili, over 60, minori o situazioni di disagio già accertate. Scelta che ha ridotto la percentuale di famiglie monocomponenti, dai 319.846 nuclei del Rdc (43,99% del totale) ai 214.763 nuclei dell’Adi (34,38%).
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“UN PAESE INCAPACE FINORA DI COSTRUIRE UN FUTURO SENZA POVERTÀ"
Analisi e proposte ASviS
“È stata ribaltata l’impostazione precedente basata su uno strumento universale di lotta alla povertà, tornando alla logica ‘categoriale’ che aveva caratterizzato le politiche di settore prevalenti prima della modifica del Reddito di inclusione” racconta il Rapporto ASviS 2023. “Il nuovo sistema introduce nuove forme di iniquità fra i beneficiari delle due misure [l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro, ndr] e lascia scoperte larghe fasce della popolazione in condizione di grave povertà”. Queste misure, infatti, escludono gran parte dei poveri assoluti, cioè single o coppie senza figli, con bassi livelli di istruzione, molti dei quali residenti nel Mezzogiorno. “È stato così cancellato il diritto di ogni cittadino in difficoltà, che rispetti determinati requisiti reddituali, patrimoniali e di residenza, di accedere con continuità, fino a quando il bisogno persiste, a un sostegno economico che gli permetta di condurre una vita dignitosa. Il risultato del nuovo sistema, come dimostrato da recenti stime dei potenziali effetti redistributivi della riforma, può essere un aumento significativo dell’incidenza della povertà e della disuguaglianza nel nostro Paese”.
Nel Rapporto ASviS, tra le proposte relative al Goal 1 “Sconfiggere la povertà” dell’Agenda 2030 e in particolare riguardo all’Adi, si legge: “Per superare le criticità derivanti dall’abolizione del Reddito di Cittadinanza (RdC) e le iniquità fra i beneficiari delle due nuove misure create in sostituzione di quest’ultimo occorre eliminare dall’Assegno di inclusione il vincolo che esclude dalla sua fruizione le famiglie senza carichi familiari: in questo modo, l’Assegno di inclusione potrebbe diventare una misura di protezione universale rivolta a tutte le famiglie povere, come avviene negli altri Paesi dell’Ue. Solo una volta garantita una base di aiuto per tutti i poveri si possono istituire forme di supporto supplementari per particolari fasce della popolazione che presentano difficoltà specifiche”.
Inoltre, ASviS propone di modificare i requisiti per il Supporto per la formazione e il lavoro, considerando non solo l'età (18-59 anni) ma anche la “possibilità per le persone di trovare un lavoro (livello di istruzione, competenze, esperienze lavorative precedenti, durata della disoccupazione) e uniformare le soglie Isee di accesso. Infine, una volta terminato il Supporto per la formazione e il lavoro, se gli occupabili si trovassero ancora sotto la soglia di povertà, essi dovrebbero rientrare nell’Assegno di inclusione”.
di Sofia Petrarca