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NoPlanetB: una guida per comunicare la crisi climatica ai “disimpegnati”
Esiste una fascia di popolazione che mostra scarsa consapevolezza e disinteresse verso la crisi climatica, ma non può essere definita negazionista. Coinvolgerla attivamente potrebbe fare la differenza. 23/4/2025
Cooperare per raggiungere cittadini e stakeholder meno coinvolti, per i quali la crisi climatica non rappresenta una priorità. È a loro che si rivolge NoPlanetB, iniziativa quadriennale approvata dalla Commissione Europea nell'ambito del programma Dear (Development education and awareness-raising). In particolare, il rapporto “Fostering science-informed climate initiatives for disengaged audiences”, prodotto dalla stessa NoPlanetB, rappresenta un metodo “basato sulla scienza” per la progettazione e l'implementazione di progetti sul clima capace di coinvolgere i “disimpegnati”. Come? Promuovendo il pensiero critico, favorendo la collaborazione e dimostrando che le pratiche sostenibili e le politiche volte alla giusta transizione apportano benefici a tutti.
Chi sono i disimpegnati?
Secondo il documento, non sono una categoria ben precisa e omogenea. Il loro disimpegno può avere origini diverse: mancanza di consapevolezza, conflitti culturali, diffidenza verso le istituzioni, paure economiche, ripercussioni sugli stili di vita, senso di impotenza. È gente comune che semplicemente non viene coinvolta, non ha un legame con la natura. Nel caso di categorie più vulnerabili come gli anziani o le persone con difficoltà economiche, le preoccupazioni principali non sono legate ai cambiamenti climatici. Per coinvolgere queste categorie, continua il Rapporto, la comunicazione è fondamentale. Le strategie di comunicazione dovrebbero essere adattabili e inclusive. Ad esempio, l'uso dello storytelling può collegare la climatologia alle esperienze personali, mentre supporti visivi come le infografiche possono rendere più accessibili i dati complessi. La comunicazione deve essere semplice ma coinvolgente, promuovere una comprensione ampia, senza riversare sul pubblico dati e teorie. Workshop sulla sostenibilità, progetti di turismo responsabile che valorizzino le tradizioni locali o campagne di educazione ambientale nelle scuole sono esempi di attività di engagement che possono fare la differenza.

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Unire scienza e comunicazione
Secondo il documento, il primo ostacolo da superare è la distanza tra problemi e vita quotidiana. La scienza può colmare questo vuoto, a patto che sia accessibile, chiara e inclusiva: non un insieme di dati, ma un metodo che aiuti a comprendere i fenomeni. L’approccio giusto non deve “insegnare” ma creare un dialogo che deve partire dalle esigenze delle persone, rilevare i problemi e proporre soluzioni.
La proposta di NoPLANETB
Il Rapporto si conclude con una proposta di modello di comunicazione scientifica che si basa su tre principi fondamentali.
- Parlare la lingua di chi ascolta. Si può raccontare la crisi climatica in modi diversi, adattando la narrazione alle persone in ascolto. Ad esempio, anziché parlare di “protezione dell’ambiente” può essere utile mostrare dati sulle ricadute sanitarie dell’inquinamento o sui vantaggi delle tecnologie sostenibili sul risparmio energetico.
- Rendere la scienza concreta. Le persone credono a quello che vedono. Piuttosto che mostrare dati sulla riduzione delle emissioni, è più efficace far vedere come un quartiere ha migliorato la qualità dell’aria grazie a nuove politiche urbane. Invece di studi sulla riduzione dei consumi, è meglio dar voce a una famiglia che ha ridotto i costi in bolletta grazie a soluzioni sostenibili.
- Dialogare, non dare lezioni. Alle persone non piace sentirsi dire cosa fare: vogliono essere parte della soluzione. Per questo il Rapporto esorta al coinvolgimento attivo delle comunità locali e delle singole persone, ascoltando i loro problemi, dubbi e perplessità, dimostrando che la transizione ecologica non è una minaccia, ma un’opportunità da costruire insieme.
di Tommaso Tautonico
Copertina: 123rf