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Un 40enne di oggi ha il 50% di patrimonio in meno di un boomer alla stessa età
Il rapporto “La pesante eredità” di Future Proof Society e Tortuga parte da una domanda chiave: l’Italia stimola la generazione di valore o tramanda disuguaglianze? I nuovi dati su ricchezza e mobilità sociale. 29/7/25
Un Paese che eredita le disuguaglianze può ancora crescere? In Italia il patrimonio si concentra, la mobilità sociale si blocca e le nuove generazioni partono in svantaggio. Secondo il nuovo rapporto “La pesante eredità. Ricchezza e (im)mobilità sociale tra le generazioni in Italia”, pubblicato a giugno da Future Proof Society con il think tank Tortuga, un quarantenne di oggi possiede in media il 50% di ricchezza in meno rispetto a un coetaneo nato nel 1946 (Baby Boomer). Il dato non sorprende, se si considera che nel 2022 oltre il 75% della ricchezza era detenuto da individui over 50, e meno del 9% è nelle mani di Millennials e Generazione Z.
Il lavoro incrocia dinamiche demografiche, dati di Eurostat e Banca d’Italia, proiezioni Istat e simulazioni di impatto fiscale, per delineare uno scenario possibile da qui al 2045. Il quadro d’insieme solleva un interrogativo cruciale: l’Italia sta davvero creando nuove opportunità di valore, oppure si limita a tramandare disuguaglianze? La posta in gioco alta: nei prossimi vent’anni, si stima un passaggio intergenerazionale di circa 6.460 miliardi di euro. Un’occasione che, senza interventi correttivi, rischia di rafforzare la disparità tra chi ha già molto e chi fatica a costruire il proprio futuro.
La concentrazione della ricchezza e l’ascensore sociale fermo
L'Italia presenta uno dei livelli più bassi di mobilità sociale tra i Paesi Ocse: l’elasticità intergenerazionale del reddito, ovvero il grado in cui le condizioni socio-economiche dei padri influenzano quelle dei figli, è pari allo 0,5, segno che le condizioni economiche di partenza pesano molto sulle prospettive di vita. Questo significa che è molto difficile migliorare il proprio tenore di vita rispetto alla famiglia d’origine. A questa rigidità si somma una concentrazione della ricchezza in continua crescita: il 10% più ricco della popolazione detiene oltre il 60% della ricchezza nazionale, mentre la metà più povera si ferma al 7,4%.
La quota posseduta dai più ricchi è aumentata di sette punti percentuali in poco più di dieci anni, un ritmo doppio rispetto alla media europea. In Germania, invece, la quota del 10% più ricco è rimasta stabile, pur a fronte di una crescita patrimoniale maggiore. In Italia, dunque, la ricchezza cresce più lentamente, ma si concentra molto più rapidamente.

Il divario generazionale si allarga
Le nuove generazioni stanno accumulando molto meno, e stanno anche pagando il prezzo di salari stagnanti, precarietà e minori opportunità. Il risultato è un blocco della mobilità sociale e un peggioramento delle condizioni di partenza per milioni di giovani. La ricchezza, insomma, non si crea: si eredita. E resta dove già si trova.

I 6.460 miliardi di euro che verranno trasferiti nei prossimi vent’anni pongono un tema di equità fiscale. A legislazione vigente, il gettito atteso dall’imposta di successione è di appena 50 miliardi in vent’anni: circa 2,4 l’anno. Una cifra minima, considerato il volume di ricchezza in transito. Questo perché in Italia l’imposta di successione è tra le più basse d’Europa: nel 2023 ha rappresentato solo lo 0,3% delle imposte dirette totali, contro il 70% coperto dall’Irpef.
Il Rapporto propone di riallineare il nostro Paese agli standard europei, ipotizzando un sistema simile a quello francese o tedesco. Ciò permetterebbe di generare almeno 17 miliardi di euro aggiuntivi, da destinare a investimenti pubblici in settori strategici come salute, istruzione e transizione ecologica, o a una riduzione della pressione fiscale sul lavoro.
Redistribuire valore, non solo ricchezza
Lo studio propone una riforma della tassa di successione che non vada a colpire il ceto medio, ma i grandi patrimoni. Un intervento equo, capace di trasformare un meccanismo regressivo in una leva di coesione sociale. Le nuove generazioni, impoverite e sfiduciate, avrebbero così maggiori opportunità di investimento, autonomia e partecipazione economica. La tassazione delle grandi eredità, si evidenzia, non non avrebbe un impatto negativo sulle famiglie con questi ingenti patrimoni, ma consentirebbe di redistribuire opportunità, correggere una distorsione del sistema fiscale e rilanciare la capacità generativa del Paese.
di Monica Sozzi
Copertina: 123rf
