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Gender pay gap: in Italia le donne guadagnano fino al 40% in meno
Secondo il Global Gender Gap Report 2025 servono 123 anni per la parità. In Ue divario salariale al 12%. Interruzioni di carriera e ruoli dirigenziali fattori critici. In vigore dal 2026 la Direttiva europea sulla trasparenza retributiva. 18/9/25
Il 18 settembre si celebra l’International Equal Pay Day, istituito dalle Nazioni Unite per richiamare l’attenzione sulla disparità retributiva tra uomini e donne. È un fenomeno che riguarda tutti i Paesi e che ostacola la crescita economica e la competitività, oltre alla giustizia sociale.
Il Global Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum evidenzia che il divario complessivo di genere è colmato solo al 68,8%. Nonostante lievi progressi rispetto al 2024 (+0,3 punti), al ritmo attuale ci vorranno 123 anni per raggiungere la piena parità. Le aree più critiche sono la partecipazione economica e le opportunità (61% del gap colmato) e l’empowerment politico (22,9%).

I dati a livello globale
La fotografia mondiale del World Economic Forum mostra segnali contrastanti. I Paesi nordici restano i più avanzati: l’Islanda guida la classifica con il 92,6% del divario chiuso, seguita da Finlandia, Norvegia e Nuova Zelanda. Tuttavia, molte grandi economie registrano progressi lenti o addirittura arretramenti.
Le donne partecipano sempre di più all’istruzione terziaria, ma restano sottorappresentate nei ruoli dirigenziali: solo il 29,5% dei manager con laurea è donna. Inoltre, il 41,2% delle donne fa parte della forza lavoro globale, ma è ancora concentrato in settori meno remunerativi come istruzione e cura.
Un altro fattore critico sono le interruzioni di carriera: le donne sono il 55% più propense degli uomini a sospendere il lavoro, spesso per periodi più lunghi, con effetti diretti sul reddito e sulla progressione professionale.

L’Europa e l’Italia
Secondo gli ultimi dati Eurostat 2025 (dati 2023), nell’Unione europea le donne guadagnano in media il 12% in meno all’ora rispetto agli uomini (divario retributivo di genere non aggiustato). Il divario varia molto: in Lussemburgo le retribuzioni femminili superano leggermente quelle maschili (-0,9%), mentre in Lettonia lo scarto raggiunge il 19%. Anche l’età incide: tra i 25 e i 34 anni il gap si aggira intorno al 5-10%, ma dopo i 45 anni può superare il 20%, come in Germania e Repubblica Ceca. Nei settori finanziari e assicurativi le differenze sono particolarmente elevate, arrivando oltre il 36% in alcuni Stati membri.
In Italia il quadro è ancora più marcato. Il Rendiconto di genere 2024 dell’Inps mostra (seppur con una metodologia differente da quella Eurostat) che le donne percepiscono il 20% in meno degli uomini, con picchi del 39,9% nel settore immobiliare e del 35,1% in quello scientifico e tecnico. Le giovani laureate, nonostante titoli di studio elevati, iniziano la carriera con stipendi già inferiori e mantengono questo svantaggio lungo l’intero percorso lavorativo. Persistono inoltre forti differenze territoriali: nel Mezzogiorno, dove i tassi di occupazione femminile sono più bassi, l’istruzione universitaria attenua, ma non elimina, il divario.

Le politiche europee. La Strategia europea per la parità di genere 2020-2025 aveva individuato la parità salariale come priorità, ribadendo il principio “stessa retribuzione per un lavoro di pari valore”, già sancito dal Trattato di Roma. Tra le misure chiave figura la nuova , che entrerà in vigore nel 2026. La normativa obbligherà le imprese a comunicare chiaramente i livelli salariali, rendendo più semplice per lavoratrici e lavoratori rivendicare il proprio diritto a un trattamento equo.
La certificazione della parità di genere in Italia
Sul piano nazionale, un passo concreto è la certificazione della parità di genere, introdotta con la Legge 162/2021 (Legge Gribaudo) e basata sulla prassi UNI/PdR 125:2022. Lo strumento valuta sei aree chiave: cultura aziendale, governance, risorse umane, opportunità di crescita, equità retributiva e conciliazione vita-lavoro. La certificazione è volontaria, ha durata triennale e comporta un monitoraggio annuale da parte di organismi accreditati.
Le imprese che la ottengono beneficiano di un esonero contributivo fino a 50mila euro annui, punteggi premiali in bandi e appalti e un rafforzamento della reputazione aziendale. Dal 2023 il nuovo Codice dei contratti pubblici riconosce inoltre punteggi aggiuntivi e riduzioni delle garanzie per le aziende certificate, legando direttamente inclusione e competitività.
Scarica il Global Gender Gap Report 2025 o vai ai dati Eurostat 2025
Copertina: 123rf

