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Global hunger index: cresce nel mondo il numero di persone malnutrite
155 milioni di individui soffrono di insicurezza alimentare. L’Africa a sud del Sahara e l’Asia meridionale sono le regioni più colpite. Le proiezioni suggeriscono che non raggiungeremo l’obiettivo Fame zero nel 2030. 22/11/21
Conflitti, cambiamenti climatici e pandemia da Covid-19 sono le tre principali cause della fame nel mondo e minacciano di annullare qualunque progresso compiuto negli ultimi anni. Lo rileva l’edizione 2021 del “Global hunger index - Hunger and food systems in conflict settings” , sviluppato dall'International food policy research institute (Ifri) e pubblicato a ottobre. L’indice combina quattro indicatori: percentuale di popolazione denutrita, percentuale di bambini sotto i cinque anni emaciati (rapporto inadeguato tra peso e altezza), percentuale di bambini sotto i cinque anni con ritardo di crescita (rapporto inadeguato tra altezza ed età), tasso di mortalità per i bambini sotto i cinque anni. Il risultato è una classifica su una scala di 100 punti, dove zero rappresenta il miglior valore possibile (assenza di fame) e 100 il peggiore. Più alto è il valore, peggiore è lo stato di nutrizione di un Paese. Valori inferiori a 9,9 mostrano un'incidenza di fame molto bassa, mentre da 10 a 19,9 il valore è moderato. Valori da 20 a 34,9 evidenziano una grave situazione di fame, mentre valori da 35 a 49,9 indicano una situazione allarmante. Sopra i 50 il problema della fame è estremamente allarmante.
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La fame nel mondo. A livello mondiale, l'indice 2021 presenta un livello di fame moderato, con un punteggio di 17,9, in miglioramento dal 2012, quando il punteggio globale era nell'intervallo grave. Tuttavia, in molte regioni, i progressi sono troppo lenti e la fame rimane acuta. La Somalia, evidenzia il Rapporto, soffre di un livello di fame estremamente allarmante. La condizione è allarmante in cinque Paesi: Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Madagascar e Yemen, ed è classificata come grave in 31 Paesi. Dal 2012, sottolinea l’indice, la fame è aumentata in dieci Paesi. Tra il 2012 e il 2021 solo quattordici Paesi hanno realizzato progressi significativi in questo ambito, con una riduzione del 25% o più tra i loro punteggi.
Fame, conflitti violenti e sistemi alimentari. Il fallimento dei sistemi alimentari e il conseguente aumento della fame sono tra i problemi più urgenti del nostro tempo. Nonostante la pandemia, continua il Rapporto, i conflitti violenti restano la principale causa della fame nel mondo. I conflitti distruggono ogni aspetto legato al cibo: dalla produzione alla raccolta, passando per la lavorazione e il trasporto, fino alla commercializzazione e al consumo. Allo stesso tempo, l'aumento dell’insicurezza alimentare può contribuire ai conflitti violenti. Senza risolvere l'insicurezza alimentare, è difficile costruire un processo di pace, e senza la pace la probabilità di porre fine alla fame nel mondo è ridotta al minimo.
I sistemi alimentari assieme ai contesti di conflitto e di costruzione della pace sono complessi. Se si vogliono realizzare progressi sia nella riduzione dei conflitti che nella lotta contro la fame, continua il Rapporto, bisogna includere un approccio di sicurezza alimentare nel processo di costruzione della pace e viceversa Per questo, il Rapporto, si conclude con una serie di raccomandazioni politiche.
Le proposte. Migliorare la resilienza dei sistemi alimentari e affrontare contemporaneamente gli impatti dei conflitti e del cambiamento climatico e garantire la sicurezza di cibo e nutrizione:
- i governi dovrebbero promuovere interventi in contesti di conflitto che colleghino i bisogni di sussistenza immediati e a lungo termine, capaci di integrare la costruzione della pace.
- Nelle aree colpite dai conflitti che non hanno accesso ai mercati più ampi, i governi dovrebbero promuovere pratiche agricole diversificate, resilienti al clima, rafforzare i mercati locali per generare occupazione lungo la catena del valore alimentare, consentendo ai membri della comunità di diversificare la loro produzione, aumentare il loro reddito e il loro apporto nutrizionale e la sicurezza alimentare.
- Le misure di protezione sociale come gli aiuti in denaro e in buoni alimentari sono essenziali per migliorare la resilienza delle economie alimentari rurali e delle famiglie colpite da crisi e fattori di stress.
Basare le azioni sulla comprensione del contesto e rafforzare le iniziative inclusive orientate localmente.
- Gli attori umanitari, dello sviluppo e della costruzione della pace devono impegnarsi in un'analisi sistematica e continua del contesto, identificando cause e attori di qualsiasi conflitto e basarsi sulla comprensione dei rapporti di potere esistenti.
- I partenariati dovrebbero riunire attori locali, nazionali e internazionali. Tutti gli attori dovrebbero lavorare e appoggiarsi alle strutture locali, capaci di fornire supporto in maniera più efficace e tempestivo.
- Tutti gli attori devono rispondere alla necessità di trasparenza, responsabilità e partecipazione inclusiva dei più vulnerabili. Questo significa garantire alle donne una partecipazione significativa a tutte le attività, incluse le azioni per la costruzione della pace.
Impegnarsi in una pianificazione dei finanziamenti flessibile, intersettoriale, pluriennale e basata sulle necessità.
- I donatori, le agenzie Onu, le ong e gli attori locali devono sforzarsi di costruire e mantenere relazioni intersettoriali a lungo termine. Questo implica investimenti pluriennali in interventi in sviluppo e costruzione della pace.
- Vanno definiti con chiarezza e adeguatamente sostenuti i ruoli di tutti gli attori che lavorano al nesso aiuti umanitari-sviluppo-pace. I finanziamenti devono basarsi sui bisogni e non dipendere da agende politiche o di sicurezza.
Affrontare i conflitti a livello politico, rafforzare il diritto internazionale e garantire la punibilità delle violazioni dei diritti:
- gli Stati devono assumersi la responsabilità di porre fine alle crisi prolungate. I Paesi donatori, le principali agenzie delle Nazioni unite e gli organismi regionali devono contrastare i conflitti e le relative conseguenze, anche in un’ottica di sicurezza alimentare e nutrizionale.
- Viste le diffuse violazioni del diritto al cibo nel corso dei conflitti, è di vitale importanza che l’Onu e i suoi Stati membri rafforzino il diritto umanitario internazionale, perseguendo e sanzionando rigorosamente la fame come crimine di guerra.
Infine, aprire la strada per un cambiamento radicale dei nostri sistemi alimentari:
- i governi devono dare seguito al Vertice delle Nazioni unite sui sistemi alimentari affrontando le sfide strutturali radicate nei nostri sistemi alimentari. Le azioni devono mettere al centro delle politiche alimentari le persone più vulnerabili e devono partire dagli impegni già esistenti, come gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, l’Accordo di Parigi sul clima e i trattati sui diritti umani.
- La governance alimentare multilaterale deve basarsi sui diritti umani e su una partecipazione significativa della società civile e delle comunità.
- I governi devono sfruttare le prossime opportunità come il Vertice di Tokyo sulla nutrizione per la crescita per rafforzare il proprio impegno a raggiungere l’obiettivo Fame Zero, investendo nella nutrizione e nella resilienza in contesti fragili e colpiti da conflitti.
di Tommaso Tautonico