Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Caritas: in Italia una persona su quattro a rischio povertà ed esclusione sociale

Il rapporto “L’anello debole” registra nel 2021 un aumento del 7,7% degli assistiti Caritas e oltre la metà dei casi sono di povertà ereditaria. La proposta di riforma del Reddito di cittadinanza e le misure per l’occupazione femminile.   10/11/22

La situazione italiana si presenta “molto preoccupante”. Nel 2021 la povertà assoluta conferma i massimi storici del 2020 colpendo 1 milione e 960mila famiglie, pari a 5.571.000 persone che non sono in grado di comprare beni e servizi. La povertà assoluta si concentra sui minori (14,2%, quasi 1,4 milioni) per diminuire al crescere dell’età (oltre 65 anni 5,3%). Questi i primi dati salienti delle statistiche ufficiali riportate nel 21esimo Rapporto su povertà ed esclusione sociale dal titolo "L'anello debole", realizzato da Caritas Italiana e diffuso il 17 ottobre in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà. Il Rapporto sviscera il fenomeno — multidimensionale —attraverso i dati Istat, quelli raccolti nei Centri di ascolto Caritas sul territorio nazionale ed europeo, con un focus sui giovani in difficoltà, e chiude con una riflessione su come realizzare “buone” politiche per contrastare la povertà assoluta in Italia, tenuto conto delle misure esistenti e chiamando in causa il ruolo della stessa Caritas alla luce dello scenario esacerbato dalla pandemia.     

La povertà nei dati Istat. L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno dove sale dal 9,4% nel 2020 al 10% nel 2021, mentre scende al Nord, in particolare Nord-Ovest (da 7,9% al 6,7% nel 2021). È cresciuta più della media nelle famiglie numerose (con almeno quattro persone), nelle famiglie con persona di riferimento con età tra i 35 e 55 anni, nelle famiglie di stranieri e in quelle con almeno un reddito da lavoro. Nel 2021 si è anche registrato un forte incremento di poveri nelle persone tra i 50 e i 60 anni d’età, che non hanno ancora maturato il diritto di andare in pensione, messe in crisi dai cambiamenti nel mercato del lavoro, poiché prive di strumenti culturali o qualifiche per poter trovare una nuova occupazione dopo un licenziamento o un fallimento. Il Rapporto sottolinea che i poveri assoluti in Italia sono in forte crescita dalla crisi finanziaria globale scoppiata nel 2008, aumentando ancora nel 2020 a causa della pandemia da Covid-19 e sempre negli stessi gruppi che avevano subìto gli effetti peggiori delle crisi precedenti ossia i minori, i lavoratori a termine, le donne e gli immigrati. Già nel 2019 una persona su quattro (25,6%) era a rischio di cadere nella povertà assoluta, a fronte di una media europea di una su cinque, e nel 2021 lo scenario è rimasto pressoché immutato (25,2%).

Seppur dal 2016 al 2020 una famiglia su quattro abbia ricevuto un aiuto economico, il rischio di povertà non si è ridotto, si legge nel Rapporto, poiché non si è agito su reddito e lavoro, i due elementi chiave per proteggere dal progressivo impoverimento. Queste sono le dimensioni “più critiche” della “parabola economica” del Paese degli ultimi anni, continua l’analisi Caritas, responsabili di quello che è stato definito il “ventennio perduto dell’Italia” e oggi i principali ostacoli alla ripresa economica e sociale.

La povertà nei Centri di ascolto Caritas. Nel 2021 è aumentato del 7,7% il numero delle persone supportate rispetto al 2020 e sono stati erogati quasi 1 milione e 500 mila interventi. I beneficiari hanno un’età media di 45,8 anni e uomini e donne chiedono aiuto in pari misura. Nei centri di ascolto del Sud e nelle isole prevalgono le persone con cittadinanza italiana (rispettivamente il 68,3% e il 74,2%). Aumentano i disoccupati o inoccupati e le persone che hanno al massimo la licenza media, toccando i valori più alti al Sud (75%) e nelle isole (84,7%). Tra loro figurano anche persone analfabete o senza alcun titolo di studio. Si rafforza così la correlazione tra deprivazione e bassi livelli di istruzione. Tra gli interventi erogati, al primo posto troviamo i beni e servizi materiali (mense, distribuzione pacchi viveri, prodotti igiene personale), seguiti dai sussidi economici. Nel 2021 oltre la metà degli assistiti ha manifestato due o più ambiti di bisogno: prevalgono le difficoltà economiche legate al reddito insufficiente (63,6%), la disoccupazione (66,7%), la mancanza di una casa (43,5%) e i problemi familiari causati da divorzi e separazioni (29,9%).

Povertà ereditaria: “i pavimenti e soffitti appiccicosi”. In Italia per le persone che si trovano nelle posizioni più basse della scala sociale si registrano scarse possibilità di accedere ai livelli superiori (mobilità ascendente), a differenza di chi proviene da famiglie avvantaggiate. Viene chiamata “povertà intergenerazionale” o “ereditaria” e si usa l’espressione dei “pavimenti appiccicosi” (sticky grounds) e dei “soffitti appiccicosi” (sticky ceilings). La Caritas ha condotto un’indagine tra i suoi beneficiari per quantificare la cosiddetta “povertà intergenerazionale” e rilevare i fattori che determinano la trasmissione. Oltre la metà dei casi intercettati nel 2021 sono di povertà ereditaria (da ben tre generazioni) per lo più nelle isole (65,9%) e nel Centro (64,4%). Tra i nati da genitori senza alcun titolo, quasi un beneficiario su tre si è fermato alla sola licenza elementare, circa un figlio su cinque ha mantenuto la stessa posizione occupazionale del padre e il 42% occupa un livello ancora più basso nella scala sociale (mobilità discendente). Sebbene più di un terzo abbia vissuto la mobilità ascendente, ciò non corrisponde sempre a un adeguato inquadramento contrattuale e retributivo. In Italia occorrono cinque generazioni affinché una persona che nasce da una famiglia povera possa raggiungere un livello di reddito medio. Come mostra il grafico, i fattori che caratterizzano la povertà intergenerazionale sono di varia natura.

Per spezzare la catena della povertà intergenerazionale, i soli aiuti materiali non sono risolutivi, chiarisce la Caritas. Occorre intervenire sui meccanismi socioculturali e psicologici che favoriscano il riscatto personale, la progettualità e serve abbandonare la cultura dell’assistenzialismo. Gli esiti positivi, rivela l’indagine, indicano come elementi chiave la cura della relazione di fiducia con accompagnamenti delle persone prolungati nel tempo e l’inserimento attivo nella comunità. Ciò anche al fine di superare gli stigmi e i preconcetti verso chi vive in stato di disagio multidimensionale e reiterato.

Focus giovani in difficoltà. La Caritas Italiana in collaborazione con Don Bosco International Caritas Europa ha condotto un’indagine tra i suoi beneficiari con età tra i 14 e 22 anni provenienti da cinque Paesi, tra cui l’Italia, su diversi aspetti tra cui la “delicata” fase di transizione scuola-lavoro. I risultati principali dicono che il 69% non ha mai vissuto esperienze di tirocini/stage/alternanza scuola-lavoro che rappresentano un’occasione strategica per uscire dai contesti di povertà, disagio sociale e per l’inserimento lavorativo. Il 78,6 % dichiara di non essere stato aiutato da nessuno a scuola per le scelte sul futuro. Inoltre ben l’80,7% ignora l’esistenza del programma Garanzia Giovani, predisposto dall’Unione europea per contrastare il fenomeno delle ragazze e dei ragazzi tra i 15 e 34 anni che non si formano, non studiano e non lavorano (Neet), di cui l’Italia ha la quota più alta nell’Unione europea ed è al quarto posto se si considera l’intero continente, dopo Turchia, Montenegro e Macedonia. La quota di giovani che conoscono lo strumento europeo è più alta tra gli italiani — ma appena il 25,2% — e di questi solo il 16,1% ha dichiarato di essersi rivolto allo sportello Garanzia Giovani.

L’analisi sottolinea che l’Italia è ultima, a livello europeo, nel sistema di transizione tra scuola e mercato del lavoro, il quale non contribuisce a ridurre il gap tra il tasso di disoccupazione dei giovani e degli adulti, il più ampio in Europa.

Contrastare la povertà: le politiche per il futuro. Il Rapporto compie una riflessione lungo tre assi di cui vediamo gli aspetti principali:

  • Politiche adatte contro la povertà assoluta. Occorre migliorare il funzionamento e l’efficacia del Reddito di cittadinanza, poiché raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%) e solo il 22,3% dei beneficiari dei servizi Caritas. Le azioni da intraprendere secondo la Caritas sono: fissare soglie di accesso basate sulla povertà assoluta e non sul rischio di povertà; prevedere un requisito di anni di residenza che non penalizzi i poveri stranieri; prevedere una scala di equivalenza che non penalizzi le famiglie numerose; introdurre compensazioni differenziate dei contributi per area a fronte di alcuni costi. Oltre al supporto per le difficoltà economiche, serve garantire processi di inclusione attraverso una rete di servizi locali coordinati, per rispondere al disagio materiale, abitativo, relazionale, sanitario e psicologico. Cruciale affidare la rete a un numero adeguato di operatori e in grado di seguire le persone nel tempo.
  • Interventi contro il rischio povertà ed esclusione sociale. Bisogna snellire la burocrazia per avviare i percorsi di inserimento lavorativo delle persone in difficoltà previsti dal Pnrr, con interventi complementari a quelli già in atto per i beneficiari Caritas. Nel sottolineare l’istituzione, nel 2021, di un gruppo di esperti presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, chiamato a intervenire sulle disuguaglianze economiche generate dal “lavoro povero”, viene rimarcata l’urgenza di favorire l’occupazione delle donne attraverso politiche di conciliazione cura-lavoro, la necessità di interventi fiscali che abbattano le distorsioni sul mercato del lavoro nonché il monitoraggio e la valutazione dell’impatto delle proposte per le opportune modifiche.
  • Ruolo della rete Caritas. L’ente ritiene necessario ampliare il proprio raggio d’azione, principalmente facilitando l’accesso alle misure pubbliche esistenti e integrandole, laddove necessario, con interventi supplementari. Inoltre si propone di monitorare il funzionamento delle misure pubbliche e il loro impatto, per renderle sempre più mirate. Infine intende far pressione per agire sui meccanismi che causano povertà e disuguaglianza, costruendo proposte anche in collaborazione con altre organizzazioni ed esperti.

Scarica il Rapporto  

 

di Antonella Zisa

 

 

 

Fonte immagine: bialasiewicz da Pixabay

giovedì 10 novembre 2022

Aderenti