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Il 10% più ricco del mondo emette la metà dell’insieme dei gas climalteranti
I redditi di chi guadagna di più sono esposti agli effetti distruttivi dei cambiamenti climatici per il 3%, mentre quelli del 50% più povero per il 75%. Secondo il Climate inequality report serve una tassazione progressiva globale. 15/2/23
“Tutti gli individui contribuiscono alle emissioni di gas climalteranti, ma non nello stesso modo. Il 10% più ricco della popolazione mondiale produce circa metà dell’insieme dei gas a effetto serra emessi nell’atmosfera”. È quello che il “Climate inequality report 2023”, pubblicato a gennaio dal World inequality lab, chiama disuguaglianza climatica.
Al tempo stesso il documento, realizzato dal think tank co-diretto da Thomas Piketty, sottolinea che il 50% più povero della popolazione mondiale emette invece il 12% dell’insieme dei gas a effetto serra ed “è esposto per il 75% alla perdita relativa del proprio reddito a causa dei cambiamenti climatici”.
Le politiche per il clima devono focalizzarsi su chi inquina di più. Il Rapporto mette in evidenza che il 10% più ricco e inquinante della popolazione mondiale, detentore del 76% della ricchezza globale, vede i propri redditi esposti agli effetti dei cambiamenti climatici per un esiguo 3%. Per questo motivo, secondo il documento, le politiche di contrasto al cambiamento climatico dovrebbero concentrarsi prima di tutto su questo gruppo ristretto di persone, perché “lo sforzo marginale necessario a una efficace riduzione delle emissioni potrebbe essere significativamente più basso per questo gruppo”.
Inoltre, nel tempo è aumentata significativamente la disuguaglianza delle emissioni di carbonio tra ricchi e poveri all’interno dei singoli Paesi. “Il consumo e il modello di investimenti di una parte relativamente piccola della popolazione mondiale contribuisce, direttamente o indirettamente, in modo sproporzionato alle emissioni globali di gas a effetto serra”, afferma il Rapporto.
I falsi miti sul costo ambientale dell’eradicazione della povertà. Recenti studi confutano l'idea secondo la quale l'eradicazione della povertà a livello mondiale comporterebbe un ulteriore consumo di carbonio in contraddizione con il raggiungimento degli obiettivi fissati nell’accordo di Parigi. “Il costo dell’eradicazione della povertà in termini di emissioni di carbonio rimane relativamente esiguo rispetto all’impronta climatica della popolazione più ricca nel mondo”, evidenzia il testo.
Secondo il grafico riportato nel Rapporto, assicurare un reddito di almeno 3,2 dollari al giorno a tutti gli abitanti del Pianeta aumenterebbe le emissioni di carbonio di meno del 5%. A confronto, l’1% della popolazione mondiale con il reddito più alto è responsabile di circa il 15% delle emissioni globali di carbonio.
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Più vulnerabile chi già vive in condizioni marginali. Viene inoltre evidenziato che esiste una “forte relazione socio-economica tra l’esposizione agli effetti dei cambiamenti climatici (soprattutto per quanto riguarda la vulnerabilità) e le condizioni di vita correnti”, ovvero che le conseguenze disastrose saranno più impattanti per i ceti meno abbienti, e questo fenomeno riguarda maggiormente i Paesi con redditi bassi.
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Necessaria una tassazione progressiva. Infine, il documento sottolinea che bisogna assicurare una condivisione equa nella popolazione mondiale dei costi necessari per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici e per sconfiggere la povertà. Per raggiungere questi obiettivi si deve procedere a “una profonda trasformazione dei regimi fiscali, nazionali e internazionali, e adottare sistemi di tassazione progressivi”, dove chi ha rendite più alte contribuisce maggiormente. Oltre a finanziare le politiche di contrasto al cambiamento climatico, i soldi raccolti da sistemi di tassazione progressivi potrebbero essere spesi per supportare le popolazioni più vulnerabili ed esposte, senza dover pesare sui redditi della classe media.
Di Milos Skakal