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Amnesty International: rapporto sull’analisi dei diritti umani di 159 Paesi
La retorica del “noi contro loro”, promossa soprattutto in Europa e negli Usa, segna un arretramento sul fronte dei diritti umani ostacolando la risposta globale alle atrocità di massa.
Il lancio del Rapporto 2016-2017 di Amnesty International ha rappresentato un’occasione per chiedere a tutta la popolazione globale di non cedere, e soprattutto non credere, alle politiche di chiusura e intransigenza che promettono di garantire una maggiore sicurezza e benessere.
È importante che l’opinione pubblica sia solidale e si mobiliti contro le violazioni dei diritti umani che stanno riscontrando un forte apice soprattutto negli ultimi tempi.
Secondo il rapporto, il quadro delle azioni per la difesa di quei diritti, per cui tanto a lungo si è combattuto, è piuttosto deprimente. Da una parte si ha il fallimento del Summit di settembre 2016 delle Nazioni Unite su rifugiati e migranti, che alle fine ha lasciato quasi 75mila persone nel deserto tra la Siria e la Giordania. Dall’altra l’elezione di Trump, che non ha mai nascosto i suoi ideali xenofobi, ma anzi ne ha fatto un baluardo per la sua campagna elettorale, rendendo evidente a tutto il mondo la crescente tendenza globale verso sentimenti di rabbia e disagio da riversare sull’ “altro”.
Va diffondendosi, inoltre, la necessità di sottolineare l’importanza della sicurezza. Viviamo in un mondo dove dobbiamo difenderci da tutti e dove chiunque è una potenziale minaccia. Per Amnesty la questione della sicurezza ha rappresentato una giustificazione usata in tutto il mondo per la repressione, anche verso i propri cittadini che esprimono un pensiero differente. In Etiopia, sono stati uccise diverse centinaia di manifestanti che protestavano contro l’espropriazione della terra nella regione di Oromia, in Turchia lo stato d’emergenza è servito per intensificare la repressione di chi esprimeva il proprio dissenso e nel Regno Unito è stato ampliato il potere delle autorità per avere la libertà d’intercettare e accedere alle comunicazioni digitali anche in assenza di un ragionevole sospetto. Oltre a questi esempi, il documento di Amnesty International, presenta un’analisi puntuale di tutte le violazioni dei diritti umani nel mondo che rendono l’idea di come questa si ormai una tendenza che dilaga.
Gli effetti più dannosi vengono provocati quando le autorità incolpano altri dei problemi del Paese giustificando, ancora una volta, le loro azioni repressive.
La conclusione dell’indagine del rapporto, però, non è solo di condanna, ma anche di esortazione. Anche se schiacciate dalle minacce, le persone continuano a combattere per la liberà e la giustizia. Il 2016 oltre ad essere un anno dominato dalla divisione e dalla disumanizzazione, è anche stato l’anno in cui si sono manifestate moltissime iniziative, partite da popolo, di solidarietà e riaffermazione della dignità umana. Come Anas al-Basha, il “clown di Aleppo”, che è rimasto nella città, dove è morto a novembre, per confortare i bambini rimasti sotto i bombardamenti.
La speranza di Amnesty si riflette sul fatto che è nei momenti più bui che si accendono le luci più luminose. “Mentre iniziamo il 2017, il mondo si sente insicuro e impaurito davanti a un futuro tanto incerto. Ma è proprio in questi momenti che abbiamo bisogno di voci coraggiose, di eroi comuni che si oppongano all’ingiustizia e alla repressione. Nessuno può sfidare il mondo intero ma ognuno di noi può cambiare il proprio mondo. Tutti possono prendere posizione contro la disumanizzazione, agendo a livello locale per riconoscere la dignità e i diritti uguali e inalienabili di tutti, gettando così le basi per la libertà e la giustizia nel mondo. Il 2017 ha bisogno di eroi ed eroine dei diritti umani”.
di Giulia D’Agata