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Speranza di vita, cresce il divario: al Sud si vive quasi tre anni in meno
Gli squilibri nella distribuzione delle risorse segnano la salute degli italiani. Aumentano cronicità e consumo di farmaci, mentre calano i vaccini. Migliorano gli stili di vita, ma non quelli alimentari. A rivelarlo il Rapporto Osservasalute 2016.
Il Rapporto Osservasalute 2016 fornisce un’analisi approfondita sullo stato di salute e la qualità dell’assistenza sanitaria regionale in Italia. Il Rapporto è stato presentato a Roma il 10 aprile dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, occasione in cui Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio e Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, ha affermato che “oggi è addirittura peggio nascere in alcune regioni del Sud Italia, che non in un paese come la Tunisia, e questo è inaccettabile in un Paese che punta a garantire la stessa qualità dell’assistenza a tutti i cittadini”.
Infatti, nel 2001 l’aspettativa di vita era più alta nel Mezzogiorno, ma c’è stato un calo negli anni che ha portato il Sud a perdere gli avanzamenti in termini di aspettativa di vita guadagnati dal dopoguerra. Nel 2015, la speranza di vita per un cittadino di Trento ha raggiunto gli 83,5 anni (uomini 81,2; donne 85,8), mentre in Campania l’aspettativa è scesa a 80,5 anni (uomini 78,3; donne 82,8). Relativamente alla mortalità sotto i 70 anni, i divari territoriali sono in crescita: dal 1995 al 2013 si registra un calo della mortalità in quasi tutte le regioni del Nord (eccetto Trento e Liguria), mentre nel Sud il trend è in aumento.
Gli squilibri Nord-Sud continuano ad essere notevoli anche rispetto alle risorse disponibili: la spesa sanitaria pro capite è in media di 1.838 €, ma è molto più elevata al Nord rispetto al Sud (ad esempio, 2.255 € a Bolzano e 1.725 € in Calabria).
Le disuguaglianze riguardano anche il tema delle classi sociali e le disabilità. Le classi meno abbienti presentano peggiori condizioni di salute perché non riescono ad accedere alle cure pubbliche e non possono permettersi quelle private. Nel Mezzogiorno si registrano quote di oltre il 15-20% di persone con limitazioni nelle attività che dichiarano di aver dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie o alle cure e alle visite mediche per motivi economici.
Le malattie croniche colpiscono il 40% degli italiani, che consumano moltissimi farmaci. Nel 2015 le dosi di farmaco al giorno dispensate per mille abitanti sono quasi raddoppiate (1.115 dosi nel 2015, a fronte delle 674 nel 2001) e si è registrato un generalizzato aumento del consumo di farmaci erogati a carico del SSN rispetto al 2014 (variabile dal +0,8% della Calabria al +18,7% della PA di Bolzano).
Secondo il Rapporto, la sostenibilità delle attuali condizioni di salute dipende dalla capacità del sistema di intervenire in maniera efficacie mediante la prevenzione, che però presenta ancora forti squilibri territoriali, tanto da portare Ricciardi a definirla una “prevenzione e macchia di leopardo”. Gli interventi di prevenzione consentirebbero di migliorare gli stili di vita e la protezione mediante vaccinazioni e screening.
Il dato che preoccupa maggiormente in termini di prevenzione è quello sui vaccini. Infatti, nell’arco temporale 2003-2004/2015-2016, la copertura vaccinale antinfluenzale tra gli anziani over 65 è diminuita significativamente, dal 63,4% al 49,9%. Inoltre, la copertura media delle vaccinazioni obbligatorie (Poliomielite, Difterite, Tetano ed Epatite B) è scesa nel 2015 attestandosi al 93,4%, valore al di sotto dell’obiettivo minimo del 95% stabilito dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale.
Relativamente agli stili di vita, se per il fumo si registrano notevoli progressi (la quota di fumatori dai 14 anni in su è scesa dal 34,9% del 1980 al 19,6% del 2015) e per i consumatori a rischio di alcol il valore rimane pressoché stabile con il 23,0% per gli uomini e il 9,0% per le donne, non si può dire lo stesso per gli stili alimentari. Infatti, le percentuali di persone in sovrappeso e di quelle obese sono aumentate significativamente: nel 2015 le persone in sovrappeso rappresentavano il 35,3% della popolazione e quelle obese il 9,8%, mentre nel 2001 erano rispettivamente il 33,9% e l’,8,5%.
Per ottenere progressi in termini di Goal 3 (salute) e 10 (disuguaglianze) degli obiettivi di sviluppo sostenibile, il Servizio Sanitario Nazionale deve dunque intervenire sull’efficienza della spesa, rafforzare la prevenzione e migliorare l’equità del sistema.
Scarica il Rapporto Osservasalute 2016
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di Flavia Belladonna