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In 25 anni, 433 miliardi di perdite nei Paesi Ue a causa di calamità naturali
L’Agenzia europea per l’ambiente richiama l’attenzione su adattamento ai cambiamenti climatici e riduzione del rischio disastri: necessarie strategie e coordinamento nazionali, regionali e locali.
Rafforzare la collaborazione tra misure di adattamento ai cambiamenti climatici e strumenti per ridurre il rischio di catastrofi ambientali: questa la richiesta emersa dal nuovo rapporto dell'Agenzia Europea per l'Ambiente (Eea) dal titolo "Climate change adaptation and disaster risk reduction in Europe - enhancing coherence of the knowledge base, policies and practices", pubblicato il 17 Ottobre. Il documento, coordinato dall'esperto italiano Sergio Castellari insieme al collega sloveno Blaz Kurnik e realizzato con il contributo del Centro mediterraneo sui cambiamenti climatici, sottolinea l’importanza di combinare questi due approcci complementari, in modo da rendere la nostra società capace di gestire eventi estremi in un contesto di sviluppo sostenibile. La differenza tra adattamento e riduzione del rischio di catastrofi naturali viene esemplificata dallo stesso Castellari: “L’adattamento ai cambiamenti climatici (Cca) è un processo di aggiustamento graduale agli impatti attuali e attesi. In pratica significa pianificare e attuare azioni al fine di ridurre il rischio e i danni provocati dagli impatti negativi dei cambiamenti climatici […]. Per questo sono necessarie strategie e piani nazionali, regionali e locali” – afferma lo studioso, che prosegue - “Drr significa “Disaster Risk Reduction” o riduzione del rischio disastri, e si concentra sulla prevenzione e gestione di presenti e futuri disastri”.
Il rapporto delinea i dieci principali scenari di calamità naturali del presente e prossimo futuro, evidenziando possibili effetti su salute, economia e ambiente. Queste previsioni potrebbero essere aggravate da altri fattori quali l’impermeabilizzazione del suolo, l’edificazione in aree a rischio di dissesto idrogeologico e il degrado ambientale. Nello specifico, i dieci pericoli tracciati sono: ondate di calore, piogge torrenziali, straripamento di corsi d’acqua, tempeste di vento, frane, siccità, incendi boschivi, valanghe, grandinate e mareggiate. Il fenomeno climatico con costi più ingenti è costituito dalle inondazioni (40%), seguito poi da tempeste (25%), siccità (circa il 10%) e ondate di calore (5%).
Le conseguenze derivanti da eventi climatici catastrofici hanno quindi una ripercussione economica notevole: il report calcola che, tra il 1980 e il 2015, il totale delle perdite registrate nei Paesi membri ammonta a 433 miliardi di euro. Per questa ragione, l’Ue ha accordato di devolvere il 20% delle risorse del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 ad azioni rivolte al cambiamento climatico.
Il documento della Eea riporta anche casi di governance efficace. Un esempio brillante è l’Olanda, dove lo stato, gli enti locali e i servizi privati collaborano attivamente nell’ambito del programma Delta per adattare la gestione delle risorse idriche alle sfide del surriscaldamento globale. In Italia esempi di cooperazione efficiente sono il Dipartimento della protezione civile, l’operazione “Italia sicura” e il Portale allerta meteo Emilia Romagna.
Il report sottolinea che la strada da percorrere è ancora lunga. I dati sugli impatti dei disastri ambientali sono ancora frammentari e incompleti, e l’importanza di una raccolta sistematica di questi elementi deve essere riconosciuta come strumento chiave per migliorare le politiche su Ddr e Cca. Necessario è inoltre un miglior coordinamento di politiche nazionali e locali, e un maggior dialogo tra sistema pubblico e privato.
di Flavio Natale