Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Luisa Leonzi
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Rapporto InterMu-Se: in Europa crescono antisemitismo e islamofobia

Un’indagine su sei Paesi fotografa l’aumento dell’odio religioso e delle discriminazioni, in particolare nei luoghi di lavoro. In Italia difficile aprire luoghi di culto. Educazione e dialogo strumenti chiave contro il pregiudizio. 7/8/25

giovedì 7 agosto 2025
Tempo di lettura: min

L’odio religioso continua a minacciare la coesione sociale in Europa. A lanciare l’allarme è il Rapporto transnazionale del progetto InterMu-Se, iniziativa europea che coinvolge sei Paesi (Grecia, Italia, Irlanda, Spagna, Cipro e Francia) e mira a combattere la discriminazione e l'intolleranza religiosa. Il documento, frutto di un’ampia ricerca (sondaggi, interviste, raccolta di buone pratiche) condotta nel 2024-2025, offre un'analisi completa della situazione dell'antisemitismo e dell’islamofobia nei sei Paesi e identifica le principali sfide, gli interventi efficaci e le raccomandazioni per la costruzione di coalizioni interreligiose.

Dati allarmanti

L'intolleranza religiosa in Europa, evidenzia il Rapporto, ha radici storiche profonde che continuano a plasmare le forme di pregiudizio. La ricerca rivela come eventi storici, tensioni geopolitiche e identità nazionale abbiano contribuito a creare modelli complessi di antisemitismo e odio anti-musulmano che variano significativamente da Paese a Paese. Nonostante le origini storiche diverse, queste forme di pregiudizio religioso condividono un tratto comune: il meccanismo di "separazione". Le minoranze religiose vengono spesso percepite come incompatibili con l'identità nazionale. In tutti i Paesi coinvolti si registra un aumento significativo di episodi di antisemitismo e odio contro i musulmani, soprattutto in concomitanza con eventi geopolitici come il conflitto in Medio Oriente scoppiato ad ottobre 2023.

La discriminazione nei luoghi di lavoro in Europa è una delle forme più diffuse: ebrei e musulmani segnalano ostacoli nell’accesso all’impiego, salari inferiori e ambienti ostili, soprattutto quando indossano simboli religiosi visibili. Le donne musulmane con hijab sono particolarmente penalizzate.


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Il ruolo dei media

Il Rapporto segnala che le piattaforme digitali, spesso senza adeguato controllo, sono diventate canali privilegiati per la diffusione di contenuti d’odio. Allo stesso tempo, una parte della stampa tradizionale continua a diffondere stereotipi dannosi, collegando l’identità religiosa a insicurezza, estremismo o minor valore civico.

La situazione in Italia

La situazione italiana non è diversa da quella degli altri Paesi, con una serie di criticità che ostacolano la piena inclusione religiosa. Una delle più evidenti è la mancanza di conoscenza e consapevolezza sulla diversità religiosa. Nei contesti scolastici, ad esempio, si riscontra una forte carenza di educazione interculturale e religiosa: gli studenti non ricevono strumenti per comprendere le culture e le fedi altrui, e gli insegnanti non sempre sono adeguatamente formati per affrontare temi così delicati e complessi. Questo vuoto educativo alimenta stereotipi, paure e distanza tra le comunità. Anche la gestione dei luoghi di culto rappresenta un ostacolo concreto. In molte città italiane, in particolare per le comunità islamiche, ottenere autorizzazioni per aprire spazi di preghiera è estremamente difficile. Le resistenze locali, spesso alimentate da pregiudizi o disinformazione, impediscono la realizzazione di spazi sicuri e riconosciuti dove potersi ritrovare e praticare la propria religione.

Esperienze virtuose

Nonostante le difficoltà, il panorama italiano offre numerosi esempi di impegno concreto per costruire ponti tra le comunità religiose. Il Rapporto racconta alcune di queste esperienze virtuose, nate dal basso, che dimostrano come l’inclusione sia possibile quando si investe in ascolto, cultura e relazioni autentiche. Una delle iniziative più significative è il progetto “Un mare di lettere sulle sponde del Mediterraneo”, che ha coinvolto giovani di diverse origini religiose e culturali in un percorso di lettura e scrittura condivisa. Attraverso la letteratura i partecipanti hanno scoperto somiglianze, superato pregiudizi e creato legami. Molto interessanti anche le esperienze di reti interreligiose al femminile, in cui donne musulmane, ebree e cristiane si sono riunite per confrontarsi su temi comuni come il ruolo delle donne nelle rispettive tradizioni religiose, il senso della spiritualità, la partecipazione civica. Infine, nelle scuole italiane si stanno sviluppando percorsi educativi sperimentali che mirano a costruire una cittadinanza più inclusiva.

Le raccomandazioni

Il Rapporto propone una visione concreta e attuabile per migliorare la convivenza e rafforzare la coesione sociale. Le proposte si muovono lungo quattro assi principali.

In primo luogo, è essenziale ripensare la formazione di chi opera nella scuola e nelle istituzioni pubbliche. Insegnanti, educatori, mediatori culturali e funzionari pubblici dovrebbero poter accedere a percorsi formativi strutturati, che li aiutino a comprendere la diversità religiosa, affrontare stereotipi e sviluppare competenze interculturali. Un secondo passaggio riguarda la creazione di spazi stabili per il dialogo interreligioso nelle città. Non bastano eventi sporadici o tavoli occasionali: servono luoghi riconosciuti e accessibili, dove le comunità possano confrontarsi, ascoltarsi, progettare insieme iniziative e superare diffidenze reciproche. Il dialogo ha bisogno di radici e continuità. Altrettanto importante è il coinvolgimento attivo delle donne e dei giovani nei processi decisionali. Non devono essere solo destinatari delle politiche, ma anche protagoniste. Il loro sguardo è spesso portatore di innovazione, coraggio e capacità di mediazione, fondamentali per superare le logiche dell’esclusione.

Infine, il Rapporto invita a promuovere una comunicazione pubblica più etica e responsabile, in grado di raccontare la diversità religiosa senza cadere nella semplificazione o nello stereotipo. I media, così come i canali istituzionali, hanno una grande responsabilità nel plasmare l’immaginario collettivo: usare un linguaggio rispettoso e informato può fare la differenza nella percezione sociale delle minoranze.

 

Scarica il Rapporto

 

di Tommaso Tautonico

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