Notizie
Sportwashing: 95 sponsorizzazioni di “cibo spazzatura” nello sport britannico
Un’indagine del British Medical Journal denuncia gli accordi tra brand di junk food e sport di vertice nel Regno Unito, con gravi rischi per la salute e l’obesità infantile. Giovani più esposti: gli atleti sono idoli per i ragazzi. 29/8/25
Il legame tra sport e junk food (o cibo spazzatura, tipico di numerosi fast food) è più diffuso e pericoloso di quanto si pensi. Secondo un’indagine del British Medical Journal, pubblicata il 9 luglio 2025, sono almeno 95 i contratti di sponsorizzazione in essere tra aziende che producono cibi e bevande dal basso valore nutrizionale e ad alto contenuto di grassi, sale e zuccheri, e squadre, atleti ed eventi sportivi del Regno Unito.
Il fenomeno, noto come sportwashing, sfrutta l’immagine positiva degli atleti per conferire una sorta di alone salutare a prodotti dannosi. Come avvenne negli anni ’70 con il tabacco, le aziende associano il proprio marchio alle prestazioni sportive per ridurre la percezione del rischio. “I brand vengono percepiti con attributi positivi di salute che non meritano, soprattutto dai bambini”, spiega Emma Boyland, docente di food marketing alla University of Liverpool.
L’indagine del Bmj
La ricerca, condotta in assenza di un archivio ufficiale, ha incrociato fonti pubbliche, siti ufficiali di club e federazioni, notizie di stampa e post su Instagram e TikTok. Il risultato è un quadro che evidenzia come lo sport si presti ad essere un buon canale per bypassare le regole più stringenti in materia di pubblicità del junk food.
Tra i marchi coinvolti figurano Cadbury, PepsiCo, Kellogg’s, KP Snacks e Walkers, protagonisti soprattutto nel calcio, ma presenti anche in cricket, ciclismo, golf e rugby. Solo nel 2024 il mercato europeo delle sponsorizzazioni sportive ha raggiunto il record di 20 miliardi di sterline, con un incremento del 19% rispetto al 2019.
Giovani e sport femminile nel mirino
L’analisi mostra come gli sponsor stiano investendo sempre di più nello sport femminile, approfittando dell’aumento del pubblico. Gli Europei femminili di calcio 2025 in Svizzera, seguiti da oltre 500 milioni di spettatori nel mondo, hanno visto il coinvolgimento di Cadbury e PepsiCo, che hanno lanciato campagne dedicate alle calciatrici più amate.
“È un problema soprattutto per i giovani: questi atleti sono idoli per i ragazzi, e associare il loro volto a un prodotto fa pensare che sia parte integrante della loro dieta”, commenta Beth Bradshaw, policy manager di Food Active.
Energy drink e nuove strategie
Un settore particolarmente aggressivo è quello degli energy drink, sconsigliati dal National Health Service ai minori di 16 anni. Nonostante ciò, tra il 2023 e il 2024 la spesa per sponsorizzazioni nel calcio è aumentata del 17%, con brand come Red Bull e Monster Energy che hanno conquistato contratti con top club e atleti olimpici. Una lattina da 500 ml di Monster Energy contiene 55 mg di zucchero e 160 mg di caffeina, livelli dannosi per i giovani consumatori, evidenzia Bmj.
Le strategie non si limitano alle maglie o ai cartelloni a bordo campo: comprendono campagne social, gadget a edizione limitata, concorsi per vincere biglietti alle partite, fino all’associazione a cause benefiche, come nel caso di Cadbury. Una moltiplicazione di messaggi che rende ancora più difficile difendersi da quello che viene definito “marketing in stile tabacco”.
Una regolamentazione rinviata
Il Regno Unito ha approvato nel 2022 una legge che vieta la pubblicità di prodotti ad alto contenuto di grassi, sale e zuccheri prima delle 21. L’entrata in vigore, prevista inizialmente per il 2022, è stata rinviata più volte sotto la pressione delle lobby, ed è ora fissata a gennaio 2026. Gli esperti temono che anche questa data possa slittare. Nel frattempo, le aziende sfruttano le sponsorizzazioni sportive per aggirare il divieto e mantenere una forte presenza in TV e online.
Molti studiosi chiedono una misura radicale: vietare totalmente la pubblicità e le sponsorizzazioni sportive per il junk food, come avvenuto per il tabacco.“Dobbiamo avere dei principi etici sui prodotti che associamo allo sport. Lo sport è salute, non può diventare il veicolo per promuovere cibi e bevande che aumentano i rischi di obesità e malattie” Robin Ireland, ricercatore dell’Università di Glasgow.
Vai ai risultati dell’indagine
di Monica Sozzi
Copertina: beats1, 123rf.com
