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Società civile europea sotto attacco: preoccupano le strategie per delegittimarla
Il Civic space report evidenzia come in diversi Paesi membri stiano aumentando leggi restrittive che ostacolano solidarietà, libertà di espressione e diritto di manifestare, soprattutto per la Palestina e la giustizia climatica. 10/9/25
La società civile europea è nel mirino di una campagna di odio e delegittimazione che ha l’obiettivo di restringere gli spazi democratici di espressione e di organizzazione politica. E l’attacco è portato avanti soprattutto da movimenti e partiti di estrema destra, che in molti Paesi sono al potere o hanno comunque guadagnato forte consenso negli ultimi anni. La principale strategia dell’estremismo di destra, sia istituzionale che non, e di promuovere una visione dicotomica della società, che sarebbe divisa in una presunta battaglia tra gli europei “nativi” e gli “stranieri”. Questo è il messaggio principale contenuto nel documento Civic space report 2025, pubblicato recentemente dall’European civic forum, una rete paneuropea di circa 100 associazioni e Ong. Il rapporto disegna una panoramica dello spazio civico in 17 Paesi europei, tra cui l’Italia, sia con un’analisi d’insieme che con degli approfondimenti sul campo per ogni Paese. Quello che emerge è “una strategia deliberata per delegittimare la società civile europea” durante lo scorso anno.
A preoccupare maggiormente gli autori del documento sono le strategie mirate a squalificare e screditare le azioni delle “organizzazioni della società civile” attraverso campagne diffamatorie e legislazioni restrittive. In particolare viene sottolineato come le battaglie per l’uguaglianza di genere, per la giustizia climatica e contro il razzismo vengano etichettate come parte di una presunta “agenda woke” solo per il fatto di rivendicare diritti universali. Inoltre si fanno sempre più forti le restrizioni del diritto alla protesta, che si stanno accentuando in tutto il continente, soprattutto rispetto ai movimenti ecologisti o di sostegno alla causa palestinese.
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Si restringe lo spazio per il diritto alla protesta
Gli organi legislativi di numerosi Paesi europei stanno “rispecchiando modelli autoritari”. In altre parole, in Europa i Parlamenti nazionali stanno varando delle leggi che rendono sempre più difficile, se non chiaramente illegale, esercitare il diritto di riunirsi pacificamente. Uno degli esempi principali riportati dal documento riguarda il caso italiano, con il cosiddetto Decreto legge “Sicurezza” (ex-Ddl 1660) nato su iniziativa del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. In particolare il provvedimento ha introdotto nel codice penale 20 nuovi reati connessi con il diritto a manifestare e ha aggravato le pene per altri già esistenti. Ma vengono riportati nel Rapporto anche altri esempi, come quello del Belgio, dove l’accordo di governo del nuovo esecutivo prevede di reintrodurre delle forme di divieto a lungo termine del diritto alla protesta.
Un altro esempio è quello della Francia dove, durante le Olimpiadi, si è verificata una forte ondata di arresti: decine di attivisti sono stati fermati grazie alla normativa di sicurezza messa in campo in occasione della competizione internazionale. Un esempio è quello del collettivo “Les Hijabeuses” che ha protestato per il diritto delle calciatrici di religione musulmana a portare il velo durante le partite (in Francia è vietato): le attiviste sono state perquisite, arrestate e obbligate a togliersi il velo nei locali dove erano custodite.
Vietato manifestare solidarietà per la Palestina
Secondo quanto sentenziato dalla Corte internazionale di giustizia, la distruzione portata avanti dallo Stato di Israele contro la popolazione di Gaza a seguito degli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 è plausibilmente un genocidio. Eppure, come viene riportato dal documento, le manifestazioni in solidarietà con la Palestina vengono sistematicamente represse in molti Stati europei.
Il caso più eclatante è quello tedesco, anche se forti restrizioni al diritto a manifestare per la Palestina sono state riscontrate anche in Francia, Italia, Danimarca, Romania e Grecia. In particolare a Berlino la polizia ha vietato i cori in arabo, ha imposto restrizioni di movimento durante le manifestazioni e ha consegnato “fogli di via” ai dimostranti per evitare che tornino in piazza. In Germania è stato inoltre riscontrato un ripetuto e disproporzionato uso della forza da parte della polizia contro i manifestanti, anche minorenni.
Il Rapporto sottolinea che in diversi Paesi, per silenziare i movimenti in solidarietà con la Palestina, critiche all’operato dello Stato di Israele e del suo governo vengano spesso tacciate di antisemitismo o “apologia del terrorismo”, con l’intento di impedire la denuncia del massacro in corso a Gaza.
La solidarietà considerata un crimine
A essere criminalizzato non è solo il diritto alla protesta, osserva il documento, ma anche le manifestazioni di solidarietà e di aiuto alle persone migranti. Le Ong e gli attivisti che prestano ausilio nelle rotte migratorie a persone e famiglia in difficoltà, e senza aiuto da parte degli Stati, sono sempre più spesso raggiunte da provvedimenti penali contro di loro, oppure le azioni vengono ostacolate da pesanti procedure amministrative e burocratiche, quando si tratta di organizzazioni. Circa 142 attivisti per i diritti umani sono stati denunciati nel 2024 per le loro attività di soccorso, mentre oltre 120mila respingimenti alle frontiere sono stati operati dalle autorità pubbliche.
Il lavoro degli attivisti non è solo criminalizzato e represso, ma anche demonizzato e stigmatizzato per via delle accuse che vengono attribuite ai solidali, quali per esempio quella di traffico di esseri umani. Sul tema si è anche espresso il Consiglio d’Europa, che ha richiamato tutti gli Stati membri a interrompere la repressione nei confronti degli attivisti per i diritti umani che si occupano di persone rifugiate, migranti e richiedenti asilo.
