Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Record di donne nel Parlamento italiano, ma la parità è ancora lontana

Il dossier del Senato “Parità vo cercando. 1948-2018. Le donne italiane in settanta anni di elezioni” ricostruisce l’andamento della presenza femminile in Parlamento e la normativa nazionale sul riequilibrio di genere.

In 70 anni di storia repubblicana, la partecipazione delle donne italiane al governo e nelle istituzioni politiche è in ascesa, con un aumento dal 5% del 1948 al 35% del 2018. A diffondere questo dato il dossier “Parità vo cercando. 1948-2018. Le donne italiane in settanta anni di elezioni” redatto dall’Ufficio valutazione impatto del Senato, con dati aggiornati al 30 marzo 2018. Il documento di analisi ricostruisce la partecipazione femminile nella res publica, a partire dal voto del 2 giugno del ‘46, a suffragio universale, in cui si svolsero sia il Referendum per la Repubblica che le elezioni amministrative. Le votazioni permisero a 21 donne su 556 eletti di entrare nell’Assemblea Costituente e ad alcune di far parte della Commissione dei 75 per la Carta Costituzionale, entrata in vigore il primo gennaio del ‘48. Il 18 aprile dello stesso anno, le elezioni politiche della prima legislatura permisero l’ingresso in Parlamento a 49 donne (il 5% degli eletti) tra deputate (7%) e senatrici (1%). Facendo un salto di 70 anni, alle elezioni del 4 marzo del 2018, grazie alla nuova legge elettorale che ha tra le sue disposizioni la rappresentanza di genere, sono state elette 334 donne, 225 (su 405 uomini) alla Camera e 109 (su 205 uomini) al Senato, per la prima volta presieduto da una donna, Maria Elisabetta Alberta Casellati. Su 9.529 candidati alle elezioni, inoltre, la metà era rappresentata da donne, che in sette Regioni (Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Lazio, Campania, Sicilia e Calabria) hanno superato il 40% degli eletti. Per quanto riguarda le prime cittadine, si è registrato un aumento nei decenni: erano 10 nel 1946, 145 nel 1986 e 1.097 nel 2016, con un’incidenza maggiore nei piccoli comuni del Nord del Paese. Sono in aumento anche le donne assessori, passate da 1.459 nel 1986 a 6.843 nel 2016 e le italiane elette al Parlamento Europeo sono il 39,7%, oltre la media europea. Nonostante il trend di crescita, cominciato nel 2006, il confronto tra il numero di candidate (4.327, il 45%) e il numero delle elette nei due rami del Parlamento (334, il 35%) mostra le difficoltà delle donne a conquistare un seggio anche con la nuova legge elettorale. La presenza femminile è esigua anche nella presidenza delle commissioni parlamentari d’inchiesta (l’11%) nei comitati di controllo e nei ministeri, che sono rappresentati da donne al 40%, esclusivamente in materie sociali (sanità, istruzione, politiche sociali).

A livello legislativo, il cammino della rappresentanza femminile è cominciato nel 1993, con la disciplina della formazione delle liste dei candidati e nel 2001-2003 le pari opportunità sono entrate nella Costituzione. Nel 2015, con l’Italicum, si è stabilito l’obbligo di rappresentanza paritaria dei due sessi nelle candidature circoscrizionali, e nel 2017, con la legge n.165, la promozione femminile è diventata un obbligo dei partiti con l’alternanza di genere nella sequenza della lista, la quota di genere nelle candidature uninominali e la quota di genere nella posizione di capolista per i collegi plurinominali. L’aumento della componente femminile nella composizione del Parlamento italiano - conclude il dossier - non è trascurabile e con l’applicazione della legge elettorale del 2017 il trend in ascesa è stato confermato, ma le donne hanno avuto più difficoltà degli uomini a ottenere un seggio in Parlamento e, anche a livello locale, l’elezione dei sindaci è sbilanciata a favore degli uomini, in una tendenza generale che esclude le donne dalle posizioni di maggior rilievo. Il Dossier, infine, ricorda che su 18 legislature totali soltanto in cinque casi la presidenza della Camera è stata affidata a una donna e nessuna donna è stata mai Presidente del Consiglio.

 

 

Viola Brancatella

 

giovedì 10 maggio 2018

Aderenti