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La crescita della popolazione urbana pone nuove sfide per lo sviluppo sostenibile
Secondo il “World Urbanization Prospects 2018” delle Nazioni Unite, nel 2050 quasi il 70% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane. Una trasformazione radicale da gestire con una visione strategica.
Più della metà della popolazione mondiale, circa il 55%, risiede nelle metropoli ed il trend, come avvenuto negli ultimi decenni, è destinato ad andare avanti. Si calcola che nel 1930 solo il 30% della popolazione viveva in aree urbane mentre nel 2050 la quota sarà addirittura pari al 68% del totale.
Un numero altissimo, che impone una visione di lungo termine alla classe politica odierna, chiamata a gestire in modo sostenibile questa profonda trasformazione che sta investendo le società.
Proprio il fenomeno dell’emigrazione da zone rurali a zone urbane, esploso grazie alla globalizzazione, è oggetto di studio nella “World Urbanization Prospects 2018”, pubblicazione lanciata dal dipartimento di economia e affari sociali delle Nazioni Unite, il 16 maggio.
Il report, che fornisce informazioni sulla dimensione delle popolazioni urbane e rurali di 233 paesi, analizza la modifica dei flussi migratori dal 1950 al 2018 e oltre, attraverso scenari che arrivano fino al 2050. Inoltre, monitora da vicino l’andamento della popolazione di 1.900 insediamenti urbani, quelli che già contano almeno 300mila abitanti.
Oggi la regione più urbanizzata è il Nord America (82% della popolazione vive in aree urbane), seguita da America latina (81%), Europa (74%) e Oceania (68%). In generale, quasi la metà della popolazione mondiale vive in città con meno di mezzo milione di abitanti, mentre circa una persone su otto vive in una delle 33 megalopoli, quelle con più di 10 milioni di abitanti. Secondo le proiezioni, entro il 2030 si aggiungeranno altre 10 megalopoli (43 in tutto), la maggior parte delle quali nei paesi in via di sviluppo. In particolare in Africa e Asia, dove risiedono le aree con il più alto tasso di crescita urbana al mondo.
Attualmente è Tokyo a possedere lo scettro dell’agglomerato urbano numero uno, con i suoi 37 milioni di abitanti; seguono Delhi con 29 milioni, Shangai con 26 milioni e a pari merito San Paolo e Città del Messico con 22 milioni di abitanti. Ma le cose sono destinate a cambiare. Già nel 2028 diventerà Delhi l’area urbana maggiore del mondo, sia per il proprio alto tasso di crescita e sia per la flessione, che il report ci dice, subirà la città giapponese. Una trasformazione netta, che investe in primis proprio l’India, se pensiamo che ancora oggi rappresenta la più grande popolazione rurale al mondo con 893 milioni di persone (seconda la Cina con 578 milioni).
Una modifica strutturale che, nonostante l’aumento demografico totale dei prossimi anni, farà diminuire la popolazione rurale dagli attuali 3,4 miliardi di persone ai 3,1 miliardi nel 2050.
La crescita diffusa delle zone urbane segnala, dunque, l’importanza di costruire città sempre più resilienti e sostenibili, con infrastrutture moderne e a misura d’uomo, capaci di ridurre al minimo la produzione di gas climalteranti e smog. Occorrono soluzioni in grado di soddisfare la nuova domanda di alloggi, trasporti, sistemi energetici e servizi di base quali istruzione e assistenza sanitaria. Comprendere la diversità delle tendenze che interessano le popolazioni urbane e rurali e le conseguenze per lo sviluppo sostenibile saranno elementi essenziali per il successo dell'attuazione dell'Agenda 2030.
di Ivan Manzo