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Ocse: le strategie di crescita economica devono considerare l'inclusione sociale
La redistribuzione ex post non basta a ridurre le diseguaglianze: il 10% più ricco della popolazione detiene il 50% dei beni, il 40% più povero il 3%. Ventiquattro nuovi indicatori per monitorare la situazione.
“L'uguaglianza deve essere presa in considerazione fin dall'inizio, quando i governi progettano politiche di crescita, piuttosto che affrontarne successivamente gli effetti attraverso la ridistribuzione”. Con queste parole si apre il documento di presentazione del progetto “Opportunities for All: A Framework for Policy Action on Inclusive Growth”, redatto dall’Ocse. “Un approccio ‘ex ante’ può aiutare persone, imprese e regioni a realizzare il proprio potenziale e guidare la crescita, allineando le politiche nazionali e internazionali”.
Il progetto Opportunities for all consiste nello sviluppo e nel monitoraggio di un quadro di riforme politiche sulla crescita inclusiva (elaborato dall’Ocse), capaci di guidare l’azione internazionale verso un futuro più solido e sicuro. Opportunities for All raccomanda di abbandonare l'approccio "crescere prima, distribuire dopo" per integrare pienamente l'equità nel processo decisionale come motore di crescita e produttività. Per raggiungere questi obiettivi, l’Organizzazione ha sviluppato un “pacchetto” di 24 indicatori di crescita inclusiva per monitorare i progressi compiuti dai singoli Stati su questo modello di crescita. "Il quadro dell'Ocse per l'azione politica sulla crescita inclusiva aiuterà i paesi a mettere in atto politiche che consentano a tutte le persone, le imprese e le regioni di prosperare", dichiara Angel Gurría, segretario generale Ocse.
Ma su quali problematiche andrà ad agire direttamente l’Ocse? “L'economia globale si sta finalmente riprendendo dalla crisi del 2007-08, con tassi di crescita paragonabili al periodo pre-crisi,” si legge nel documento, “ma permangono profonde cicatrici”. Infatti, l'ineguaglianza è al suo picco in molti paesi Ocse, rispetto ai risultati registrati negli ultimi 30 anni. “Oggi, il reddito medio del 10% più ricco della popolazione è circa dieci volte quello del 10% più povero (negli anni '80 era sette volte)”. In termini di ricchezza, invece, il quadro peggiora ancor di più: il 10% più ricco possiede circa il 50% dei beni, mentre il 40% più povero ne possiede appena il 3%.
Inoltre, spiega l’Ocse, “gli svantaggi si combinano, poiché un reddito familiare basso può portare a un'istruzione di bassa qualità e a lavori precari, ostacolando la mobilità socio-economica e intergenerazionale”.
Queste disuguaglianze si estendono quindi ben oltre reddito e ricchezza, permeando ogni area della vita, che si tratti di istruzione, aspettativa di vita o prospettive di lavoro. “Per risolvere questo problema”, afferma il documento, “i responsabili politici e i leader del settore privato dovrebbero sostenere modelli di crescita inclusiva che danno la priorità al benessere, in particolare dei più poveri, e alla conservazione del pianeta”.
Ma cosa significa esattamente “crescita inclusiva”? "Una crescita inclusiva significa non solo che i benefici della crescita economica sono ampiamente condivisi, ma che il processo di crescita stesso è costruito con la partecipazione di tutti, in particolare gruppi a basso reddito e imprese in difficoltà”, dichiara Gabriela Ramos, capo di gabinetto del segretario generale Ocse. “Abbiamo dunque bisogno di un modello di crescita con considerazioni sull'equità ex ante che metta le persone al centro del processo decisionale ".
Inoltre, prosegue il documento: “Perseguire la crescita inclusiva può aiutare a frenare il crescente senso di disaffezione politica e disincanto rispetto alla globalizzazione, rafforzando la fiducia pubblica nei governi e nel contratto sociale”. In poche parole, abbiamo bisogno di crescita per innovare, di rafforzare i nostri sistemi sanitari e di istruzione e investimenti in infrastrutture nuove e sostenibili per i trasporti e l'energia. Ma questa crescita deve coinvolgere tutti, perché “gli approcci che non sono inclusivi semplicemente falliranno di nuovo”.
Il ruolo della crescita inclusiva è tanto più importante in quanto la globalizzazione e la digitalizzazione stanno esercitando nuove pressioni sulle nostre vite, incidendo sulla produzione, sui servizi e sull'occupazione, nonché sul governo.
Il punto fondamentale è quindi l’investimento in persone e luoghi che sono stati lasciati indietro, tramite opportunità e risorse per eliminare svantaggi come l'accesso ineguale all'istruzione precoce, ai servizi sanitari o al mercato del lavoro. Tra i molteplici passi da compiere, la ricerca dell'Ocse dimostra che un cambiamento può essere ottenuto partendo da:
- La promozione di servizi per un’infanzia di qualità, programmi di educazione e acquisizione di competenze, in particolare attraverso l'istruzione professionale e terziaria;
- L’accesso a servizi sanitari di qualità;
- La promozione della ripresa regionale, con una ripartizione equa ed efficiente della manodopera, del capitale e delle risorse naturali all'interno delle regioni e tra di esse.
Per quanto riguarda il futuro, l’organizzazione sta guidando le ricerche nazionali sulla crescita inclusiva, in modo da aiutare i governi a comprendere il potenziale di un'economia di crescita sostenibile incentrata sulle persone. Queste revisioni hanno lo scopo di fornire un'approfondita esplorazione e analisi della presenza di disuguaglianze multidaimensionali a livello nazionale, e aiutano i Paesi a progettare e attuare quadri efficienti di politica di crescita inclusiva. Il lavoro in corso dell'Ocse va in questa direzione poiché “la nostra missione”, conclude il documento, “è ispirare politiche migliori per vite migliori”.
di Flavio Natale