Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Più di 40 milioni di persone vivono in una situazione di “schiavitù moderna”

È quanto emerge dal “Global Slavery Index”. Negli Stati Uniti sono oltre 400mila ma è l’Asia il continente più colpito dal fenomeno, con punte nella Corea del Nord. I matrimoni forzati provocano 15 milioni di schiave.

Sebbene sia erroneamente ritenuto un fenomeno quasi debellato, il problema della schiavitù è ancora molto diffuso nel mondo. A conferma arriva il “Global Slavery Index 2018”, pubblicato dalla Walk Free Foundation, che descrive un nuovo tipo di schiavitù: quella moderna.

Quando si parla di “schiavitù moderna” si fa riferimento a una serie di condizioni identificate nel lavoro e nel matrimonio forzato (o servitù sessuale), nella tratta di esseri umani, nella schiavitù per debito. In sostanza, si tratta di attività di sfruttamento dove la persona coinvolta non può rifiutare o abbandonare la sua posizione a causa di minacce, violenza, coercizione, inganno e/o abuso di potere.

Dai risultati emersi dall’indice è emerso che questo fenomeno non è solo prerogativa dei Paesi dove una forte indigenza rischia di accentuarlo. In uno dei Paesi più avanzati al mondo come gli Stati Uniti, infatti, sono più di 400mila le persone in questa condizione, per via del lavoro forzato. Molte di queste ricevono, infatti, un salario che va ben al di sotto di quello minimo consentito.

A livello globale risultano 40,3 milioni gli individui da considerare veri e propri schiavi, di cui oltre il 70% sono donne. Un dato sorprendente, che dimostra quanto sia grave e attuale il problema.

Il rapporto stima che la maggior parte delle vittime si trovi oggi in Asia, con la Corea del Nord a possedere il più alto tasso di schiavitù al mondo. Dove, in una popolazione di 2,6 milioni di persone, è stato calcolato che ogni dieci persone c’è uno schiavo moderno, costretto a lavorare per conto del governo nel settore agricolo e delle costruzioni. Si tratta di una mobilitazione forzata, senza paga, che coinvolge non solo gli adulti, ma anche bambini e giovani donne (spesso a ricevere il corrispettivo sono le scuole di appartenenza). 

Per quanto riguarda le categorie, 25 milioni di schiavi moderni sono costretti a svolgere un lavoro forzato mentre, quasi un terzo del totale, e cioè 15 milioni, entrano nella schiavitù per matrimonio forzato. Fenomeno che coinvolge soprattutto donne e ragazze, che più si trovano in una situazione economica difficile e più hanno probabilità di essere sottomesse.

Inoltre, lo studio sostiene che le cifre riguardanti il lavoro forzato sono ingannevoli e che Paesi come gli Stati Uniti esacerbano questo tipo di problema in altre parti del mondo attraverso le importazione dei prodotti, quali computer, telefoni cellulari, indumenti, pesce, cacao e legname. Si stima che solo il Paese a stelle e strisce importi 122 miliardi di dollari di elettronica e indumenti dalla Cina, nazione dove il rischio di lavoro forzato nelle filiere di produzione risulta il più alto al mondo.

Per contrastare questo fenomeno, la Walk Free Foundation sottolinea la necessità di rendere illegale il matrimonio forzato, cominciando dall’istituire un'età minima legale di 18 anni.

Sul lavoro forzato, sarebbe invece opportuna la creazione di una banca dati nazionale dei casi riscontrati, in modo da creare maggiore trasparenza nella catena di approvvigionamento.

Per mettere a punto il Global Slavery Index, il gruppo di lavoro si è basato su sondaggi nazionali e sui database di informazioni di altre agenzie, come ad esempio l'Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite.

 

di Ivan Manzo

venerdì 27 luglio 2018

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