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Su 16 Paesi offline, 14 in Africa: la denuncia dell'E-government Survey '18
Il documento dell'Onu individua i collegamenti tra internet e sviluppo sostenibile, delineando le sfide presenti e future. Particolare attenzione alla resilienza ai cambiamenti climatici e alla sicurezza informatica.
“I Paesi di tutte le regioni del mondo continuano a fare passi da gigante nei loro sforzi per migliorare l'e-government e fornire servizi pubblici online”. Così si apre il rapporto “2018 Un E-Government Survey” pubblicato il 19 luglio dal Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite.
La relazione dell'Onu esamina come l'utilizzo di internet da parte delle strutture governative possa facilitare politiche e servizi integrati nelle varie dimensioni dello sviluppo sostenibile. “Quest’indagine viene pubblicata in un periodo storico denso di rapidi cambiamenti tecnologici, con gli Stati membri nel terzo anno di attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile”, afferma il rapporto. L’obiettivo della ricerca è quindi quello di misurare l'efficacia dell'e-government nell'erogazione di servizi pubblici, identificare modelli di sviluppo e individuare le aree in cui il potenziale delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (Tic) non è stato ancora pienamente sfruttato.
Il quadro metodologico per la raccolta e la valutazione dei dati si basa su una visione olistica dell'e-government, che incorpora tre dimensioni: l'adeguatezza dell'infrastruttura di telecomunicazione, la capacità delle risorse umane di promuovere e utilizzare le Tic e la disponibilità di servizi e contenuti online.
Nella classifica del 2018 sullo sviluppo dell’e-government nei 193 paesi membri dell’Onu, Danimarca, Australia e Repubblica di Corea primeggiano sulle restanti nazioni, raggiungendo un indice Egdi (indice di sviluppo dell'e-government) molto alto. Questo indice varia da un minimo di 0 a un massimo di 1,00. Quest'anno, un numero maggiore di Paesi (40) ha raggiunto il livello più alto dei valori dell'indice, in un intervallo da 0,75 a 1,00, rispetto al 2016, quando c'erano solo 29 paesi compresi in quella categoria. Questi paesi conducono anche i rispettivi rating regionali in Europa, Oceania e Asia. Le Mauritius sono leader in Africa, mentre gli Stati Uniti nelle Americhe.
“Globalmente, quasi due terzi dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite dimostrano un alto livello di sviluppo dell'e-government con valori di Egdi compresi nell'intervallo 0,5 e 1”, si legge nello studio. “La quota di Paesi con bassi livelli di e-government, nell'intervallo 0 a 0,25, è sceso di un significativo 50%, da 32 Paesi nel 2016 a 16 nel 2018”.
Nonostante alcuni guadagni e importanti investimenti nello sviluppo di e-government effettuati da molti Paesi, tuttavia il divario digitale persiste. Quattordici Nazioni sulle sedici con punteggi non soddisfacenti sono africane e appartengono al gruppo dei Paesi meno sviluppati. I punteggi medi regionali dell'indice in Africa e Oceania sono significativamente inferiori all'Egdi medio mondiale di 0,55 (0,34 per l'Africa e 0,46 per l'Oceania): questo implica un divario digitale da colmare.
Dal rapporto si deduce inoltre che i Paesi europei guidano lo sviluppo di e-government a livello globale; le Americhe e l'Asia condividono posizioni quasi uguali e un indice di sviluppo di e-government medio-alto (con grandi eccezioni di efficienza come Stati Uniti e Canada), mentre i Paesi africani continuano a lottare per migliorare la propria posizione. Otto degli 11 nuovi Paesi inseriti nella metà alta della classifica nel 2018 provengono dall'Europa (Bielorussia, Grecia, Liechtenstein, Malta, Monaco, Polonia, Portogallo e Russia) e due dall'Asia (Cipro e Kazakistan).
In Africa solamente quattro Paesi su 54 hanno un punteggio superiore all'Egdi medio mondiale di 0,55, mentre 14 Paesi hanno punteggi Egdi molto bassi sotto 0,25. Il rapporto sottolinea che “esiste una correlazione positiva tra il livello di reddito del Paese e la sua posizione di e-government”. Gli Stati ad alto reddito hanno in genere punteggi Egdi molto alti, mentre quelli a basso reddito continuano a rimanere indietro.
Particolare attenzione viene poi dedicata nel rapporto al tema della resilienza. “Il documento considera i modi in cui, utilizzando la tecnologia digitale, i governi possono e stanno rispondendo a shock provenienti da disastri naturali o provocati dall'uomo”. L'indagine infatti riconosce la progressiva dipendenza dalle tecnologie digitali nella gestione delle risposte di emergenza, nell'esecuzione di funzioni essenziali e nel rapido recupero dalle crisi.
Le Tic svolgono infatti un ruolo importante nel garantire che la risposta alle catastrofi e il recupero siano rapidi ed efficienti. Esempi come Uganda, Madagascar, Cile, Sri Lanka e Bhutan sottolineano l'importanza di trasmettere le corrette informazioni al momento giusto. Dato che alcuni disastri quali inondazioni, cicloni e tifoni e siccità sono di natura transfrontaliera, la condivisione e il coordinamento interregionale e globale dei dati tra i Paesi e le regioni interessate sono cruciali.
L'indagine rileva inoltre una correlazione negativa tra uso digitale ed esclusione sociale. “L'uso online offre un'opportunità per l'e-inclusion”, si legge nel rapporto, “ma rischia anche di creare un nuovo divario digitale, a causa dell'accesso insufficiente nei Paesi a basso reddito, della mancanza di dispositivi o della larghezza di banda e della velocità”.
La sicurezza informatica è un fattore chiave nella trasformazione verso un e-government resiliente. Le misure di sicurezza devono essere integrate strategicamente sin dall'inizio, durante la fase di progettazione. “E’ necessario un cambiamento nelle procedure esistenti e una maggiore consapevolezza della sicurezza informatica tra i dipendenti pubblici, osservando ad esempio come gli attacchi di ransomware (tipo di malware che richiede un “riscatto” da pagare per la riattivazione del sito) stiano colpendo in particolare aziende e consumatori, diffondendo email e informazioni dannose”. Ad esempio, nel maggio 2017, il cyber-attacco del ransomware WannaCry ha causato gravi disagi alle infrastrutture di aziende e ospedali in oltre 150 Stati, sollecitando la richiesta di una maggiore cooperazione globale.
Secondo la ricerca, inoltre, dal 2012 c'è stato un costante aumento del numero di siti web nazionali con informazioni su programmi specifici a beneficio di donne e bambini, persone con disabilità, anziani, indigeni e persone che vivono in povertà. Parte della popolazione mondiale rimane tuttavia offline, il che aumenta il rischio che gruppi vulnerabili senza accesso a internet cadano più indietro nella società digitale in rapida evoluzione. La tecnologia può sia aiutare che ostacolare l'obiettivo generale di “non lasciare indietro nessuno”.
I governi possono rispondere sviluppando le politiche, i servizi e i regolamenti necessari ma molti di questi strumenti sono lenti nell'essere "portati sul mercato". Principi come l'efficacia, la responsabilità, l'affidabilità e l'apertura dovrebbero dirigere le tecnologie e non viceversa. “Mentre l'e-government ha iniziato a portare servizi online”, conclude il documento, “il futuro riguarderà il potere del governo digitale di sfruttare l'innovazione e la resilienza della società e di trasformare la governance per conseguire meglio gli SDGs”.
di Flavio Natale