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L’integrazione dei rifugiati nei Paesi Ocse sta diventando più difficile
In cinque anni i rifugiati nell’area sono passati da 3 a 6 milioni. I bassi livelli di istruzione e le difficoltà a entrare nel mercato del lavoro inducono l’Ocse a raccomandare nuove iniziative. 15/1/2019
L’11 gennaio l’Ocse ha pubblicato il rapporto “Ready to help? Improving resilience of integration systems for refugees and other vulnerable migrants”, che vuole individuare le modalità di sviluppo e miglioramento della resilienza dei sistemi in risposta ai flussi di rifugiati e migranti costantemente in crescita. Il Rapporto rileva che l’aumento della popolazione di rifugiati nei Paesi dell’Ocse, da circa 2 milioni a metà del 2013 a circa 6 milioni di oggi, ha avuto un impatto limitato a livello geografico, ma soprattutto demografico. I rifugiati recenti, che entro il 2020 contribuiranno alla crescita della popolazione europea in età lavorativa dello 0,3%, sono però costretti ad affrontare, all’interno delle dinamiche legate al mercato del lavoro, ostacoli decisamente più elevati rispetto ad altri gruppi di immigrati. Le cause di questo fenomeno sono identificate con la presenza di bassi livelli di istruzione e di una lenta transizione verso l’occupazione. In alcuni pPesi, come l’Austria, la Grecia e la Svezia, l’effetto dell’afflusso dei rifugiati sarà più evidente: secondo i dati presentati infatti i rifugiati recenti andranno ad aumentare la forza lavoro dello 0.5% in Austria, Grecia e Svezia e dello 0,8% in Germania. In Turchia invece, i rifugiati siriani rappresentano già circa il 3% della popolazione in età lavorativa.
Basandosi sulle raccomandazioni del Global Compact on Refugees e sul lavoro dell'Ocse, il Rapporto identifica una serie di politiche per migliorare l'integrazione e per rispondere a tutte le sfide legate all’accoglienza iniziale dei rifugiati e dei migranti più vulnerabili. Le iniziative considerate includono in particolare:
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l’aumento della cooperazione internazionale, a partire dal coordinamento con gli attori umanitari e di pace nei Paesi in via di sviluppo che ospitano i rifugiati;
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il miglioramento della trasparenza e della semplicità nei percorsi di accesso al mercato del lavoro per i rifugiati e per i migranti;
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la crescita della collaborazione con un’ampia varietà di parti interessate e coinvolte nell’integrazione dei migranti, come la società civile, il settore privato, le parti sociali e gli organismi governativi a livello subnazionale;
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la programmazione di una chiara strategia di integrazione a lungo termine;
- l’identificazione dei partner, dei canali di comunicazione e delle responsabilità verso i grandi afflussi di persone che cercano protezione.
di Cecilia Menichella