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Indice di Percezione della Corruzione 2018: Italia al 53esimo posto, ma in miglioramento
Lo studio di Transparency International analizza la diffusione della corruzione nel settore pubblico: c'è ancora molto da fare in materia. 4/2/2019
La maggior parte dei Paesi del mondo non riesce a contrastare il diffondersi del fenomeno della corruzione che incide in modo negativo sulla qualità delle nostre democrazie, come sottolinea il target 16.5 degli SDGs.
È quanto emerge dall'ultima versione del Corruption Perceptions Index (Cpi), studio rilasciato il 29 gennaio da Transparency International e diffuso nel nostro Paese da Transparency International Italia durante un evento tenuto presso la sede dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac). All’evento erano presenti il presidente di Transparency International Italia, Virginio Carnevali, il presidente di Anac, Raffaele Cantone, e la presidente della Commissione giustizia della Camera dei deputati, Giulia Sarti.
Lo studio, pubblicato annualmente, si basa su 13 sondaggi condotti da esperti del fenomeno della corruzione in 180 Paesi del mondo. Inoltre, sono stati incrociati i dati provenienti da altri studi di settore: il "Democracy Index" costruito da "The Economist Intelligence Unit", il "Freedom in the World Index" prodotto da "Freedom House", e l'"Annual Democracy Report" realizzato da "Varieties of Democracy".
La valutazione punta il dito sull'attività corruttiva presente all'interno del comparto pubblico e, attraverso la creazione dell'Indice di percezione della corruzione (Ipc), assegna un punteggio che varia tra zero e 100: più è vicino a zero e più la nazione è giudicata corrotta; quando tende a 100, invece, la nazione viene considerata pulita.
Secondo la classifica Ipc, le nazioni meno corrotte al mondo sono Danimarca, con un punteggio pari a 88 (nel 2015 era però di 91), Nuova Zelanda con 87 (91 nel 2015), Finlandia, Svezia, Singapore e Svizzera con 85.
In generale, però, oltre i due terzi dei 180 Paesi analizzati hanno fatto registrate un punteggio medio molto basso, pari a 43. Dal 2012 in poi, solo 20 nazioni hanno migliorato la propria prestazione; ne sono un esempio Estonia e Costa d’Avorio, mentre in 16, tra cui figurano Cile, Malta e Australia, sono molto peggiorate.
In fondo alla classifica troviamo la Somalia (punteggio di 10), la Siria (con 13), il Sud Sudan (con 13), lo Yemen (con 14) e la Corea del Nord (con 14).
L’Ipc posiziona l’Italia al 53esimo posto con un punteggio pari a 52; se contiamo le sole nazioni europee, si posiziona 25esima su 31. La buona notizia è che, pur procedendo a passo lento, la nostra nazione migliora di anno in anno la sua posizione. L’Indice, infatti, nel 2015 le assegnava un punteggio di 44, nel 2016 di 47 e lo scorso anno di 50. Un trend positivo, che va avanti dal 2012, grazie all’introduzione di importanti leggi come quella anticorruzione, la legge Severino, la nuova legge sugli appalti, senza dimenticare l’istituzione dell’Anac. Il settore pubblico italiano, specifica lo studio, rimane però ancora poco trasparente e pieno di conflitti d’interesse.
C’è poi la parte che riguarda i Paesi da tenere sotto osservazione, quelli che pur avendo buoni punteggi, vivono un periodo di instabilità. È il caso degli Stati Uniti (punteggio pari a 71) che per la prima volta dal 2011 si trovano fuori dalle prime 20 posizioni dell’Ipc, per via della mancanza di etica riscontrata in alcune scelte fatte dal suo goverrno.
Sotto la lente di ingrandimento anche il Brasile alla posizione 105: nel Paese sudamericano le promesse pre-elettorali del governo Bolsonaro di lotta alla corruzione non sembrano avere seguito, almeno per ora.
Infine, il rapporto analizza la relazione tra democrazia e corruzione: i Paesi con una democrazia matura segnano in media un punteggio di 75, quelli con democrazie definite “viziate” registrano una media di 49, i regimi “ibridi” 35 e i regimi autocratici hanno un punteggio medio di 30.
“La nostra ricerca stabilisce un chiaro collegamento tra democrazia sana e lotta efficace contro la corruzione del settore pubblico", ha dichiarato Delia Ferreira Rubio, presidente di Transparency International, “la corruzione è molto più probabile che fiorisca dove le basi democratiche risultano deboli, come visto in molti Paesi”.
Per rafforzare la democrazia, Transparency International invita tutti i governi a: rafforzare gli organi di controllo sul sistema politico, invece che indebolirli; colmare la mancanza di norme anticorruzione nella propria legislatura; sostenere le organizzazioni di società civile che tengono d’occhio l’impegno politico nella lotta alla corruzione; garantire la sicurezza dei giornalisti e la libertà di stampa.
di Ivan Manzo