Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Mais, grano, riso e soia occupano circa il 50% delle terre coltivate nel mondo

A lanciare l’allarme sulla perdita di biodiversità nel comparto agricolo è uno studio canadese che basa le sue ricerche sui dati della Fao: le aziende agricole di Asia e Europa somigliano sempre più a quelle americane. 12/3/2019

Di 6mila specie vegetali coltivate sul pianeta, in meno di 200 contribuiscono alla stragrande maggioranza del cibo prodotto e, di queste, “solo nove vengono utilizzate per il 66% della produzione totale”.
Per quanto riguarda le specie animali, su 7745 razze di bestiame conosciute, il 26% è a rischio estinzione.
E ancora, più della metà delle risorse ittiche di tutti gli ecosistemi marini nel mondo vive già una condizione vicina alla non sostenibilità (ovvero non viene assicurato il tasso di riproduzione delle specie), con circa il 33% delle specie marine che risultano sovrasfruttate.

Dati diffusi dalla Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che attraverso il rapporto "The State of the World’s Biodiversity for Food and Agriculture" lancia un messaggio forte e chiaro: la biodiversità, alla base dei meccanismi di sussistenza del genere umano, sta scomparendo.
Partendo proprio da una serie di studi prodotti dalla Fao, un team di ricercatori dell’Università di Toronto si è posto la seguente domanda: quante e quali sono le colture su cui si basa il sistema agricolo globale?

Soia, grano, riso e mais, solo queste quattro specie vegetali occupano circa il 50% delle terre coltivate sul pianeta, il resto viene spartito da altre 152 colture. Un numero abbastanza esiguo, se pensiamo che attualmente le persone da sfamare sono circa 7 miliardi e arriveranno quasi a 10 miliardi entro il 2050.
Il problema della perdita di biodiversità nel comparto alimentare è piuttosto recente. Nel 1980, infatti, il mondo aveva conosciuto il picco massimo di diversità nelle colture ma, da quando si sono affermate negli anni ’90 sul mercato le grandi multinazionali del cibo e dei semi, il processo di produzione alimentare si è andato pian piano uniformando.

Secondo lo studio “Regional and global shifts in crop diversity through the Anthropocene” condotto dai ricercatori canadesi, siamo di fronte a un bel problema.
In primis, perché una minor diversità biologica non incide solamente sul contenuto dei nostri piatti, ma è capace di generare diversi effetti indesiderati: rende l’intera produzione alimentare globale meno resistente a parassiti e malattie, ingigantendo così i rischi legati alla sicurezza alimentare.

In secondo luogo, perché la sparizione di determinate culture può avere anche risvolti etici: pensiamo ad esempio a tutte quelle persone che identificano nel mangiare un determinato cibo parte del proprio bagaglio culturale.
Secondo la prima firma dello studio, Adam Martin del Dipartimento di scienze fisiche e ambientali dell'Università di Toronto, spetta ai decisori politici intervenire: “Sarà importante capire se i governi si muoveranno per promuovere più tipi di colture diverse, o se continueranno a incentivare le stesse forme di colture”.
Le grandi aziende agricole globali, infatti, sembrano diventare sempre più simili: in Asia e in Europa i processi di produzione alimentare tendono a diventare come quelli del Nord e del Sud America. 

Guarda lo studio dei ricercatori canadesi

Scarica il rapporto Fao

 

di Ivan Manzo

martedì 12 marzo 2019

Aderenti