Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Unep: la temperatura è aumentata 170 volte più velocemente del normale

L’Onu analizza le criticità del rapporto uomo-ambiente. Biologia sintetica, permafrost, biodiversità, inquinamento da azoto e adattamento al centro dell’analisi. La soluzione nella cooperazione. [VIDEO] 8/4/2019

“In pochi decenni il genere umano ha modificato deliberatamente oltre il 75% della superficie terrestre del Pianeta e il flusso di oltre il 93% dei fiumi nel mondo”. Con queste parole Joyce Msuya, direttrice esecutiva dell’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) introduce i risultati emersi dal report Frontiers 2018/19 Emerging Issues of Environmental Concern. Il documento pubblicato il 4 marzo 2019 copre cinque questioni chiave, evidenziandone le criticità: sviluppi della biologia sintetica, biodiversità, vulnerabilità del permafrost, inquinamento da azoto, adattamento ai cambiamenti climatici

“La capacità di alterare con successo gli organismi a livello genetico ha interessato sia gli scienziati che il pubblico” dichiara il rapporto, nella prima sezione dedicata alla biologia sintetica. Le tecniche di editing genetico stanno infatti avanzando rapidamente, e con loro la promessa di benefici biologici ed ecologici, dallo sradicamento delle malattie umane alla preservazione della specie. Un esempio è Crispr-Cas9, strumento di modifica genetica delle piante coltivate applicabile in campo agricolo. A differenza di altri metodi di modifica del Dna già utilizzati, Crispr-Cas9 consente una precisione notevole nella manipolazione dei genomi e non lascia tracce in altre parti del genoma stesso, come accadeva invece con le tecniche Ogm.

Questa capacità di creare vita sintetica e alterare il Dna esistente comporta però il rischio di contaminazione incrociata e conseguenze indesiderate. In questo periodo stanno infatti fiorendo i cosiddetti biohacker, ovvero persone e comunità che portano avanti ricerche biologiche al di fuori delle istituzioni, condividendo i risultati tra loro. Questo fenomeno può però comportare il rischio di rilascio accidentale di organismi geneticamente modificati nell'ambiente. 

Il rapporto affronta poi la preoccupante questione sulla biodiversità. “L'industrializzazione su larga scala ha portato alla diffusa frammentazione di paesaggi precedentemente intatti in tutto il mondo”. Dall'eliminazione delle foreste pluviali riccamente popolate fino alle dighe dei possenti fiumi, l'effetto a catena degli ecosistemi isolati e colpiti è dannoso per la salute della flora e della fauna tanto quanto per l’essere umano. Ad esempio, la costruzione della diga di Belo Monte nel 2011 ha completamente ridisegnato il fiume Xingu (Brasile). Oltre l'80% del flusso fluviale è stato dirottato, causando l'essiccazione di vaste aree e incidendo direttamente sulle comunità indigene e sugli animali selvatici che vivono nell'area.

                                    

 “Gli sforzi nazionali richiedono anche un riscontro a livello internazionale, poiché gli ecosistemi non sono limitati dai confini nazionali” dichiara il documento. 

Inoltre, con l'aumento delle temperature globali, l'Artico si sta riscaldando due volte più velocemente della media e gli scienziati sono sempre più allarmati sul tasso di accelerazione del disgelo del permafrost, ovvero quell’area del nostro pianeta dove il suolo è perennemente ghiacciato. “Il genere umano ha fatto innalzare le temperature globali 170 volte più velocemente del tasso naturale”, aggiunge il report. Il disgelo del permafrost non ha solo un impatto diretto sull'ecologia, ma è anche un potenziale "elemento di svolta" verso un effetto serra fuori controllo. La funzione del permafrost è infatti anche quella di preservare ricchi giacimenti di carbonio nel suolo, attenuando gli effetti globali dei cambiamenti climatici. Sbloccare questi “beni congelati”, che mantengono il carbonio e altri gas serra sequestrati sottoterra potrebbe portare a conseguenze catastrofiche.

Un’altra sezione del rapporto è dedicata all’azoto, uno degli elementi naturali più abbondanti e in gran parte benigno nelle sue forme non reattive. Una quantità eccessiva può però essere dannosa. Sotto forma di protossido di azoto, infatti, questo elemento è 300 volte più potente dell'anidride carbonica come gas serra. Anche in questo caso, è necessario un approccio globale e coerente alla gestione dell'azoto al fine di trasformare il ciclo di questo elemento chimico in una forma sostenibile. Basti pensare che ogni anno un valore stimato di 200 miliardi di dollari di azoto reattivo viene perso nell'ambiente, degradando i nostri terreni, inquinando l’aria e innescando la diffusione di "zone morte", con conseguente proliferazioni di alghe tossiche nei corsi d'acqua. “Cina, India e Unione europea stanno compiendo sforzi notevoli per arginare il fenomeno” dichiara il documento.

L’ultimo capitolo del rapporto è dedicato all’adattamento ai cambiamenti climatici, strettamente collegato al processo evolutivo dell’essere umano. Le strategie di adattamento devono infatti affrontare le vulnerabilità e aumentare la resilienza. In questo capitolo si approfondiscono discussioni sulle varie forme di adattamento (adattamento reale o fittizio) e su come combinarle con l’imperativo globale di mantenere la temperatura al di sotto di 1,5 °C. 

Il fil rouge di questi capitoli è la necessità incombente di un approccio olistico da parte della comunità internazionale e di una cooperazione a livello globale. “Le questioni esaminate nel rapporto dovrebbero servire a ricordare che, ogni volta che interferiamo con la natura, sia a scala globale che a livello molecolare, rischiamo di creare impatti di lunga durata sul nostro pianeta”, conclude il documento. “Ma agendo con previdenza e lavorando insieme, possiamo stare al passo con questi problemi e creare soluzioni che serviranno a tutti noi, per le generazioni a venire”.

di Flavio Natale

lunedì 8 aprile 2019

Aderenti