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In Italia bisogna investire sull’educazione per ridurre le diseguaglianze
Secondo il report di Openpolis 1,2 milioni di minori vivono in condizioni di povertà assoluta. La soluzione al problema è offrire a tutti e tutte pari accesso all’istruzione. 26/4/2019
Il presupposto che ha guidato Openpolis e l’impresa sociale Con i bambini per elaborare insieme il rapporto “Scuole e asili per ricucire il paese” è chiaro sin dalle prime righe: rafforzare l’accesso ai servizi educativi per bambini/e e adolescenti è essenziale per contrastare la povertà.
Il documento individua e ordina i dati da cui partire per elaborare una riflessione approfondita sulle opportunità che l’Italia offre alla popolazione minorile in termini di formazione scolastica, affrontando tre tematiche: la povertà minorile, la presenza di asili nido sul territorio e la possibilità di raggiungere le scuole.
In base alle statistiche, la povertà assoluta incide maggiormente nella fascia della popolazione che comprende i minori di 18 anni. In sostanza 1,2 milioni di bambini e adolescenti non ha accesso a un insieme di beni e servizi che nel contesto italiano sono necessari per mantenere uno standard di vita dignitoso.
Oltre alla gravità della situazione attuale, un fattore preoccupante è la tendenza all’ereditarietà, elemento che compromette la mobilità sociale nel nostro Paese. Oltre al fatto che tendenzialmente le famiglie più povere sono anche le meno istruite, le scelte di studio dei genitori influenzano le decisioni dei figli: ciò significa che minore è i livello di scolarizzazione della famiglia, più basse sono le possibilità che la nuova generazione abbia un livello superiore di istruzione. In questo modo vengono perpetuate le diseguaglianze dal punto di vista sociale e lo sviluppo economico è bloccato.
Il rapporto suggerisce che una possibile soluzione all’abbattimento delle diseguaglianze economiche dei più giovani è offrire a tutti i minori uguali opportunità, quindi investire di più sull’educazione. D’altro canto purtroppo il nostro Paese spende solo il 3,9% del Pil in istruzione, mentre la media europea è del 4,7%.
Un aspetto importante che Openpolis mette in risalto è quello delle disuguaglianze “a strati” tipiche del nostro territorio. Infatti, il tema povertà educativa e minorile va analizzato e affrontato tenendo in considerazione le forti differenze interne di origine geografica, economica, sociale e culturale, che caratterizzano la ricchezza ma anche la complessità dell’Italia.
La seconda parte del documento si concentra su la presenza degli asili nido, intesi come primo luogo di formazione della persona e non un semplice servizio assistenziale.
L’obiettivo europeo, posto durante il Consiglio di Barcellona del 2002, ha come target di arrivare ad almeno 33 posti ogni 100 bambini sotto i tre anni. All’Italia mancano ancora dieci punti.
Come si può notare dal grafico inoltre sono inoltre presenti forti differenze tra nord e sud: troviamo ai primi posti Valle d’Aosta, Umbria, Emilia Romagna e Toscana, mentre in fondo alla classifica sono presenti le regioni meridionali.
Il servizio degli asili nido inoltre tende a essere maggiormente diffuso nei capoluoghi piuttosto che nelle aree interne. In queste zone infatti, colpite dallo spopolamento, l’offerta copre solo il 10,3% del totale.
Non tutti riecono a raggiungere agevolmente gli edifici scolastici. I giovani in età per andare alle superiori sono 2,9 milioni e uno su cinque vive nelle aree interne. Di questi, quasi 300 mila vivono in un comune interno dove non c'è la scuola superiore statale, e quindi devono necessariamente uscire dal comune per raggiungere il proprio complesso scolastico.
Inoltre la tendenza che si osserva è che più un comune è periferico, minore è la popolazione giovane che lo abita; ed è proprio in queste aree che l’offerta educativa e la sua qualità sono compromesse. Il tempo che un ragazzo o una ragazza delle scuole superiori di secondo grado impiega per raggiungere la scuola può avere ricadute significative sulla decisione di continuare o abbandonare la formazione scolastica.
È possibile adottare tre strategie da mettere in atto per evitare tale problematica: fornire a bambini e ragazzi gli strumenti e la formazione per decidere in autonomia se andarsene o restare dove sono cresciuti, insegnare ai più giovani anche le competenze che attengono alle specificità della loro terra, così da poter avere un futuro se decidono di restare, costituire un centro civico aperto sul territorio.
Le disuguaglianze economiche dunque derivano spesso da un accesso non eguale all’istruzione da parte di tutte e tutti. La povertà minorile quindi deve essere considerata non solo guardando all’aspetto economico, ma anche tenendo presenti il livelli di accessibilità e qualità dei servizi educativi.
di Eleonora Angeloni