Notizie
Guterres mobilita gli investimenti per gli SDGs, ma serve un approccio diverso
Il segretario generale dell’Onu vorrebbe passare “from billions to trillions”, ma secondo il rapporto dell’Odi, l’obiettivo è irrealistico senza modifiche al sistema, con maggiore attenzione ai Paesi più poveri 29/4/2019
A settembre 2019, all’interno della 74esima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, verrà inaugurata la Global investor for sustainable development alliance, composta dai responsabili di aziende di tutto il mondo, per mobilitare gli investimenti privati verso lo sviluppo sostenibile. Ad annunciarlo, durante l’Ecosoc 2019 Financing for development forum, il 15 aprile, è stato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che ha affermato: “Le sole risorse attuali saranno lungi dall’essere sufficienti: avremo bisogno di investimenti sostanziali e a lungo termine da parte del settore privato. Investire nello sviluppo sostenibile non è una questione di buona volontà; è la radice della prosperità globale a lungo termine che funziona per tutte le persone, salvaguardando il clima, l’ambiente e le risorse naturali”.
Secondo un recente studio del Fondo monetario internazionale citato dal segretario generale, infatti, il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile ha bisogno di ulteriori 2,6 migliaia di miliardi di dollari l’anno di investimento nei Paesi in via di sviluppo.
La creazione della nuova alleanza di investitori delle Nazioni Unite risponde alla necessità condivisa dalla comunità internazionale di mobilitare la finanza privata a favore degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, tramite il meccanismo della finanza mista, per trasformare gli aiuti allo sviluppo from billions to trillions (da miliardi in migliaia di miliardi di dollar)i. Impresa che secondo il rapporto “Blended finance in the poorest countries: the need for a better approach” pubblicato dall’Overseas development institute (Odi), si può definire irrealistica.
Il Rapporto, basato sui portafogli di investimento di oltre tre quarti dei finanziamenti privati mobilitati nei Paesi in via di sviluppo nel periodo 2012-2015 per un totale di 8,1 miliardi di dollari, dimostra che i politici nutrono aspettative eccessive su quanto denaro possa essere mobilitato tramite la finanza mista, ma prima di tutto sottolinea la mancanza di una definizione comune di questo tipo di investimento.
“La nostra ricerca”, ha affermato l’autrice principale del Rapporto Samantha Attridge, “dimostra che è necessario un controllo urgente della realtà sulla finanza mista. L’attuale approccio non sta facendo leva su quantità significative di investimenti privati in generale e molto poco per i Paesi a basso reddito. Il mantra from billions to trillions è completamente irrealistico senza modifiche significative del sistema”.
La comunità internazionale , osserva il dossier, sta ponendo un’enfasi crescente sul meccanismo della finanza mista, senza che però ci sia una congrua considerazione politica del potenziale di questo tipo di finanziamento nei contesti specifici, rendendo necessaria l’analisi di caso per caso, per individuare le circostanze in cui la finanza mista rappresenta un buon rapporto qualità - prezzo nell’investimento e per capire quando, dove e come usarla.
La spinta verso la finanza mista, inoltre, rischia di distogliere gli aiuti pubblici allo sviluppo dal loro obiettivo principale che è sradicare la povertà dei Paesi più poveri: il Rapporto, infatti, mostra che è più facile mobilitare gli investimenti privati nei Paesi a medio reddito (Mic) rispetto ai Paesi a basso reddito (Lic), destinati soprattutto ai settori “duri”, quali infrastrutture, servizi bancari e finanziari, rispetto ai settori sociali, più urgenti nei contesti di basso reddito, poiché riguardano la salute, l’istruzione e la protezione sociale.
Per ogni dollaro pubblico investito tramite finanza mista - spiega il dossier - ai Lic sono destinati soltanto 0,37 centesimi, mentre 0,75 vanno a tutti i Paesi in via di sviluppo e il 96,3% dei finanziamenti privati è indirizzato verso Paesi con un rating del credito, in grado di rimborsare le obbligazioni contratte nel presente e nel passato, che la maggior parte dei Lic sono impossibilitati ad avere.
Per questi motivi, raccomanda il Rapporto, i donatori e le istituzioni finanziarie per lo sviluppo dovrebbero apportare modifiche urgenti ai loro modelli di business, dovrebbero creare un clima di investimento favorevole per le imprese e i progetti nei Paesi a basso reddito e adottare un approccio personalizzato per garantire i finanziamenti necessari.
Nel dossier, inoltre, emerge che il potenziale della finanza mista nei Lic è ostacolato anche da altri fattori, come la mancanza di aziende private e progetti su cui investire, la scarsa trasparenza dei dati sugli investimenti, che mina la fiducia nei confronti di questo approccio, e la bassa propensione al rischio di organismi finanziati con fondi pubblici, come banche multilaterali e istituzioni finanziarie per lo sviluppo.
Alla luce di questi impedimenti la finanza commerciale e quella privata non fluiscono liberamente nei Paesi in cui il clima di investimento è impegnativo, i mercati non funzionano e il tasso di rendimento per il rischio non è competitivo.
Sebbene gli investimenti privati mobilitati verso la finanza mista crescano ogni anno, gli importi sono molto limitati rispetto al deficit annuale stimato per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, che le finanze pubbliche nazionali e internazionali non possono colmare da sole.
Scarica il rapporto dell’Odi
di Viola Brancatella