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Wef: la vita delle imprese si è accorciata di 50 anni, bisogna reinventarsi
Secondo il World economic forum, le sfide della sostenibilità mettono in discussione la sopravvivenza di molte società. Aziende come Facebook, Ing, Microsoft, Dsm sono già attive per garantirsi un futuro nel mondo no carbon. 30/4/2019
“Le imprese hanno un ruolo vitale nel frenare gli effetti del cambiamento climatico, limitando le emissioni di carbonio. Ma il successo non riguarda solo l'azione delle singole aziende. Bisogna consolidare gli sforzi”. Con queste parole si apre il documento Two Degrees of Transformation del World economic forum (Wef). Questo rapporto ha l’obiettivo di riunire esempi provenienti da tutto il mondo del lavoro, per elaborare innovativi metodi di business. Il documento è redatto in collaborazione con Ceo Climate Leaders, coalizione di amministratori delegati creata dal Wef, impegnati nelle sfide della sostenibilità.
Secondo il documento, il cambiamento, tanto nelle singole aziende quanto nel sistema economico passa per cinque tendenze specifiche:
-Reinventare le imprese. Solo ripensando il tipo di attività rispetto alle nuove sfide è infatti possibile prosperare in un futuro a basse emissioni;
-Integrare i settori: aziende di diversi settori si devono unire per sviluppare prodotti, processi e tecnologie a basse emissioni di carbonio, colmando il vuoto lasciato da chi non si adatta;
-Creare catene di valore sostenibile, con un impegno da parte delle imprese nello sviluppo di collaborazioni con i governi e organizzazioni della società civile;
-Sfruttare i dati e la connettività, esplorando le applicazioni della tecnologia alla sostenibilità;
-Finanziare il cambiamento: trovare nuovi canali di investimento, non più legati alleenergie fossili.
Questi pilastri non sono solo “giusti” ma necessari alle aziende per sopravvivere. “La durata media di una società elencata nell'indice S&P 500 si è infatti abbreviata di oltre 50 anni” spiega il documento, “da 67 negli anni '20 a soli 15 oggi”.
Le aziende devono dunque riesaminare costantemente la direzione che stanno prendendo i loro mercati, oltre a cercare opportunità per nuovi prodotti e servizi. “Le società che non prendono atto della mutevole economia e delle opportunità di crescita emergenti saranno quelle che scompariranno nel prossimo decennio” prosegue il documento, che elenca poi esempi particolarmente virtuosi di transizione sostenibile. Uno dei più famosi è la Royal Dsm (prima Dutch State Mines), originariamente società mineraria di proprietà del governo olandese. Dal 1902, si è trasformata più volte, mutando in una società petrolchimica e, più recentemente, in un'azienda mondiale di nutrizione e materiali per la salute. La Dsm entro il 2025 vuole impegnarsi a utilizzare le rinnovabili per il 50% dell’energia che acquista e stabilire un prezzo interno del carbonio di 50 euro per tonnellata di CO2.
Acciona è un'altra azienda che pensa a lungo termine. Originariamente società di costruzioni e ingegneria civile, nell'ultimo decennio si è trasformata in una multinazionale che offre tecnologie per le energie rinnovabili, edifici sostenibili e infrastrutture civili, impianti di trattamento delle acque reflue e di desalinizzazione. Prima del 2004, il 94% dei profitti dell'azienda proveniva dal’edilizia. Nel 2016, oltre il 72% degli introiti era collegato ad attività rinnovabili, all'acqua e ad altri servizi ambientali.
Nel 2017, invece, l'energia danese del petrolio e del gas naturale (Dong) è diventata Ørsted, completando il passaggio dal petrolio e dal gas alle energie rinnovabili (in particolare lo sviluppo eolico offshore e l'energia a batteria). Ørsted ha ridotto il consumo di carbone del 73% dal 2006 ed eliminerà completamente il carbone entro il 2025. Le emissioni di carbonio sono diminuite del 52% dal 2006 e la società punta a ridurle del 96% (in relazione ai livelli del 2006). Ora ha il 25% del mercato eolico offshore globale, fornendo energia a nove milioni di persone. Punta a portare questo numero a 30 milioni entro il 2025.
Anche nel settore bancario ci sono movimenti importanti. Ing Group ha ad esempio annunciato che dal 2025 non finanzierà più i clienti del settore delle utilities con oltre il 5% di energia a carbone nel proprio mix energetico. Tuttavia, continuerà a finanziare progetti di energia non-carbon per gli stessi clienti. Supporterà i clienti di servizi pubblici che fanno affidamento sul carbone solo per un 10% del loro mix, e che possiedono una strategia per ridurre il consumo attorno allo zero entro il 2025.
Nel settore dell’informatica ci sono altrettanti stravolgimenti. Nella COP23 Microsoft ha annunciato l’obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio del 75% entro il 2030. Il 44% dell'elettricità dei data center Microsoft proviene inoltre da fonti eoliche, solari e idroelettriche. Microsoft punta a raggiungere quota 50% entro la fine del 2018 e 60% nel prossimo decennio.
Il Future of internet power (FoIP) riunisce invece alcune delle aziende del web più influenti del mondo, tra cui Hewlett Packard Enterprise, Salesforce, Adobe, Facebook, eBay e Symantec, unite nel progetto di creare un Internet alimentato al 100% da energia rinnovabile. I data center hanno consumato infatti il 2% dell'energia degli Stati Uniti nel 2014, e con un maggior numero di attività svolte ora nel cloud, questo consumo sta crescendo. FoIP ha anche co-fondato la Renewable energy buyers’ alliance (Reba), una coalizione che collabora con oltre cento grandi acquirenti per aiutare le aziende ad acquistare 60 Gw di energia rinnovabile negli Stati Uniti entro il 2025.
“La speranza è dunque che questi esempi siano di ispirazione per capire cosa come operare nella propria impresa per realizzare cambiamenti reali e sconfiggere il cambiamento climatico” conclude il rapporto.
di Flavio Natale