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Investire sul clima conviene: il caso delle città a zero emissioni
Investendo 1800 miliardi di dollari all’anno sul taglio delle emissioni nelle città si possono risparmiare 24mila miliardi di dollari e creare 87 milioni di posti di lavoro, dice la Coalizione per le transizioni urbane 25/9/2019
Il 19 settembre la Coalizione per le transizioni urbane, un’associazione che individua iniziative globali per aiutare governanti e amministratori a promuovere città più inclusive, più connesse e soprattutto a zero emissioni di carbonio, ha pubblicato il rapporto “Climate Emergency, Urban Opportunity”, realizzato con il supporto di 50 istituzioni diverse, tra cui il prestigioso World resources institute, il Ross institute e il C40 Cities climate leadership group. Il nuovo studio, pubblicato pochi giorni prima dell’apertura del summit sul clima delle Nazioni Unite a New York, mostra come investire per la sostenibilità ambientale porti vantaggi economici.
Il focus del Rapporto sono le città che, nelle parole del Segretario generale dell’Onu, António Guterres, sono importantissimi “poli di crescita, di innovazione e di benessere”. Nelle aree urbane vive più della metà della popolazione mondiale e viene prodotto circa l’80% del Pil globale, ma anche il 75% delle emissioni di carbonio. Ebbene, secondo il Rapporto della Coalizione, con un investimento di circa 1800 miliardi di dollari all’anno (pari al 2% del Pil mondiale) si potrebbero finanziare misure di riduzione delle emissioni per ottenere entro il 2050 un risparmio complessivo pari a 24mila miliardi di dollari. Si ridurrebbero anche le emissioni di circa il 90% rispetto ai livelli attuali, e questo usando tecnologie già note e disponibili. Le minori emissioni di sostanze tossiche ammonterebbero a quanto è stato immesso nell’atmosfera nel 2014 da Cina e Stati Uniti, i due maggiori inquinatori del mondo.
Ma non si avrebbe soltanto un mondo più pulito e un’aria più respirabile, si godrebbe anche di un clima più fresco. Infatti, il rapporto calcola che la riduzione delle emissioni urbane contribuirebbe per circa la metà a mantenere gli aumenti della temperatura terrestre entro i due gradi centigradi, come previsto dagli accordi di Parigi. Secondo Christiana Figueres, vice-presidente del Global Covenant of Mayors, una tra le 50 associazioni che hanno promosso il Rapporto e che riunisce sindaci e amministratori di aree urbane di tutto il mondo per contrastare i cambiamenti climatici, i benefici globali di una riduzione delle emissioni deriverebbero dai minori costi per la spesa sanitaria, da una maggiore inclusione sociale e da aumenti della produttività. Senza contare, sostiene Figueres, gli 87 milioni di nuovi posti di lavoro che sarebbero creati entro il 2030 nei vari settori delle energie pulite e rinnovabili e in quelli legati al trasporto pubblico. Inoltre, molte misure, per esempio nel campo dell’illuminazione pubblica, dei veicoli elettrici e del miglioramento del sistema dei trasporti diventerebbero redditizie in meno di cinque anni, pagandosi, per così dire, da sole.
Esiste però un importante limite alla capacità operativa delle amministrazioni urbane, ammette la Figueres. Infatti, se da un lato il contributo della società civile, del settore privato, delle città e comunità locali è fondamentale per affrontare i problemi, questi soggetti non sono vincolati dagli Accordi di Parigi, che non hanno firmato. L’iniziativa quindi non può venire che dai governi nazionali. E qui rimane ancora moltissimo da fare se, come sostiene il Rapporto, meno del 40% delle Nazioni ha definito una propria strategia per le aree urbane e al momento attuale solo sette Paesi in tutto il mondo hanno approntato piani nazionali per le politiche urbane che affrontano i temi delle aree cittadine e dei cambiamenti climatici.
Al momento la crescita della popolazione urbana è molto alta ed è destinata a crescere ulteriormente in futuro. Nei prossimi dieci anni verranno effettuati investimenti in infrastrutture per miliardi di dollari. I governi nazionali, sostiene il Rapporto, sono davanti a un bivio: le scelte e le politiche intraprese oggi determineranno il futuro dei loro Paesi, sia esso di solida prosperità, oppure di declino e di fragilità.
di William Valentini