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Oms: nel mondo ogni 40 secondi una persona si toglie la vita
Il suicidio è la seconda causa di morte dei giovani tra i 15 e i 29 anni dopo gli incidenti stradali. Per migliorare le strategie nazionali di prevenzione del fenomeno occorre monitorare i suicidi e intervenire sui fattori determinanti. 10/10/2019
Ricorre il 10 ottobre la Giornata mondiale della salute mentale, organizzata dalla Federazione mondiale per la salute mentale e supportata quest’anno dall’Associazione internazionale per la prevenzione del suicidio.
Un recente comunicato stampa dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) annuncia che ogni 40 secondi una persona muore suicida.
Il numero di Paesi con strategie nazionali di prevenzione del suicidio, pur aumentato rispetto al 2014, anno della pubblicazione del primo rapporto globale dell’Oms sul suicidio, è ancora troppo modesto. Nonostante i progressi nei programmi di prevenzione, le frequenti azioni suicida richiedono uno sforzo di tutti i Paesi nella promozione di strategie di prevenzione all’interno dei programmi nazionali di educazione sanitaria.
Il 79% dei suicidi si registra nei Paesi a basso e medio reddito, ma è in quelli a reddito più alto che si rileva il tasso di suicidio più elevato: 11,5 ogni 100mila abitanti. Le percentuali del tasso di suicidio globale standardizzato per età (10,5 ogni 100mila abitanti nel 2016) non sono omogenee, variando da cinque morti a oltre 30 ogni 100mila abitanti. Il suicidio – si legge inoltre nel Comunicato – costituisce la seconda causa di morte dei giovani tra i 15 e i 29 anni, dopo gli incidenti stradali.
La correlazione tra suicidi e disordini mentali, in particolare la depressione e i disturbi legati all’abuso di alcool, è particolarmente significativa nei Paesi ad alto reddito. Molti suicidi sono dovuti alla difficoltà nell’affrontare momenti di stress determinati da problemi economici, dalla rottura di una relazione o da sofferenze prolungate causate da esperienze traumatizzanti come violenze, abusi, perdite o senso di isolamento. Il tasso di suicidio è molto alto anche tra le persone che patiscono esperienze discriminanti, come rifugiati, migranti, popolazioni indigene, comunità di Lesbiche, gay, bisessuali e transgender (Lgbt) e carcerati.
Il 20% dei suicidi nel mondo avviene tramite l’auto-avvelenamento da pesticidi, la cui elevata tossicità determina un gran numero di casi di morte seguita a tentativi di suicidio. Molto comuni anche l’impiccagione e il ricorso ad armi da fuoco. La conoscenza dei metodi più ricorrenti è importante per escogitare strategie di prevenzione che già si sono dimostrate molto efficaci: tra queste, limitare le possibilità ai mezzi del suicidio. Nel caso dei pesticidi, un esempio significativo è il caso dello Sri Lanka, dove una serie di divieti ha portato a un calo dei suicidi del 70% e una stima di 93mila vite salvate tra il 1995 e il 2015.
Per far fronte al problema, l’Oms propone che ogni Paese si equipaggi di una strategia nazionale che preveda anzitutto la registrazione immediata del fenomeno e il suo monitoraggio costante: almeno un centinaio dei 183 Paesi membri dell'Oms sono chiamati a migliorare significativamente la qualità dei dati prodotti. Inoltre – secondo l’Oms - è importante intervenire con misure in grado di incidere sui vari determinanti della salute mentale delle persone, anzitutto attraverso l’educazione e il sostegno. Affinché vengano regolate politiche di misurazione, controllo e prevenzione del problema, è altresì necessario un forte coordinamento tra i diversi settori della società: sanitario, educativo, mediatico e lavorativo. Il fenomeno è complesso e trasversale in quanto connesso alla dimensione del benessere della persona e alla sua salute mentale, come indicato anche nel Target 3.4 dell’Obiettivo 3 dell’Agenda 2030 (entro il 2030, ridurre di un terzo la mortalità prematura da malattie non trasmissibili attraverso la prevenzione e la cura e promuovere la salute mentale e il benessere).
di Mariaflavia Cascelli