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Nel 2019, il cambiamento climatico ha causato danni per 140 miliardi di dollari
Un rapporto del Christian Aid tira le somme dell’anno che si conclude. Inondazioni, incendi, tifoni, hanno devastato quasi tutte le regioni nel mondo: Stati Uniti, Cina, India e Giappone i Paesi più colpiti. 30/12/19
“La crisi climatica è responsabile di almeno 15 dei fenomeni di maltempo estremi che nel 2019 hanno causato danni per oltre un miliardo di dollari, e la metà di questi ha provocato danni per 10 miliardi”. Questi i dati emersi dal Rapporto dell’Ong britannica Christian Aid, associazione di chiese protestanti e ortodosse che si occupa di supportare lo sviluppo sostenibile e la lotta alla povertà in Sud America, nei Caraibi, in Africa e Asia. Il documento si è occupato di calcolare, mese per mese, i cataclismi vissuti dal Pianeta, partendo dalle alluvioni e inondazioni registrate in Argentina, Uruguay e Australia a gennaio-febbraio, fino ai grandi incendi che hanno colpito la California a novembre. All’appello mancano i roghi che attualmente stanno devastando la costa orientale australiana e la regione di Sydney, a causa della siccità e del caldo record.
Il costo complessivo dei disastri è ancora più spaventoso: 140 miliardi di dollari di danni, per 4.578 morti. “È inoltre probabile che queste cifre siano sottostimate” avvertono gli studiosi Katherine Kramer e Joe Ware, autori del Rapporto, “in alcuni casi infatti i dati includono solo le perdite assicurate e non tengono conto di quelle non assicurate e della perdita di produttività”.
Nello specifico le inondazioni in Argentina e Uruguay nel gennaio di quest’anno hanno costretto 11mila persone a lasciare le proprie abitazioni. Il ciclone Idai ha provocato 1300 vittime in Zimbabwe, Mozambico e Malawi a marzo, mentre il ciclone Fani ha colpito l'India e il Bangladesh a maggio e giugno, dove i monsoni hanno ucciso 1900 persone solamente in India, registrando la più alta perdita di vite umane del 2019 per un evento climatico.
“Quest’anno abbiamo assistito a eventi meteorologici estremi ancora più gravi rispetto allo scorso” ha affermato Michael Mann, direttore del Earth System Science Center presso la Pennsylvania State University. “Ogni giorno e ogni ora ci viene ricordato il costo dell'inazione per il clima”.
I disastri più ingenti dal punto di vista finanziario sono stati gli incendi in California, che hanno causato danni per 25 miliardi di dollari, seguiti dal tifone Hagibis in Giappone (15 miliardi), che ha provocato inoltre l’interruzione della Coppa del Mondo di Rugby, e le inondazioni nel centro-ovest americano (12,5 miliardi) e in Cina (12 miliardi).
Gli Stati Uniti del negazionista Donald Trump, dunque, sono il Paese che paga il prezzo più alto per i fenomeni del cambiamento climatico: 57 miliardi di dollari, quasi la metà per gli incendi dilagati in California a causa dell’aumento delle temperature. In Nord America, l'uragano Dorian ha danneggiato buona parte della costa orientale americana, dalle Bahamas al Canada, uccidendo 673 persone.
“Questo documento si concentra sul costo finanziario degli eventi meteorologici estremi causati dal cambiamento climatico, ma in molti Paesi in via di sviluppo il costo umano per le comunità vulnerabili è persino superiore a quello finanziario” ricorda il Rapporto. Siccità a insorgenza lenta e inondazioni marittime stanno infatti impattando sulla quotidianità di milioni di persone in tutto il mondo, e non vengono registrati a causa della loro natura “minima” ma costante.
“Il 2020 sarà un anno decisivo per comprendere come il mondo risponderà alla crescente crisi climatica” afferma Kat Kramer. “Abbiamo il più grande vertice da quando è stato firmato l'accordo di Parigi cinque anni fa, che si svolge a Glasgow, dove i Paesi devono impegnarsi a ridurre ulteriormente le proprie emissioni in linea con il limite di temperatura, incrementando i finanziamenti per i Paesi più poveri”.
Le nazioni si incontreranno infatti a Glasgow all'inizio di novembre 2020 per aggiornare i loro piani in base all'accordo di Parigi, che le obbliga ad agire per garantire che gli aumenti della temperatura globale non superino i 2°C rispetto ai livelli preindustriali.
di Flavio Natale