Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Disuguaglianze salariali e retribuzioni insufficienti impediscono una vita migliore

188 milioni di disoccupati, 165 milioni di persone non retribuite adeguatamente e 120 milioni di persone hanno smesso di cercare lavoro o non vi hanno accesso. Ecco i nuovi dati dell’Oil sul mondo del lavoro. 30/1/20

C’è forte discrepanza tra l’offerta e la domanda di lavoro, ma la causa non è attribuibile solo alla disoccupazione. Forza lavoro sottoutilizzata, disuguaglianze di genere, età, posizione geografica e reddito, sono fattori determinanti. Lo dice il Rapporto “World employment and social outlook: trends 2020” diffuso il 20 gennaiodall’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil)l.
“Per milioni di persone è sempre più difficile costruirsi una vita migliore attraverso il lavoro”, ha dichiarato il direttore generale dell’Ilo, Guy Ryder. “La persistenza delle disparità e dell’esclusione legata al lavoro impedisce loro di trovare un lavoro dignitoso e di costruire un futuro migliore. Si tratta di una realtà piuttosto preoccupante che ha implicazioni importanti sulla coesione sociale”.
Il Rapporto si concentra su quattro aspetti chiave: crescita economica inferiore alle previsioni e mancanza di inclusione nei Paesi a basso reddito; forza lavoro sottoutilizzata; lavoro dignitoso; disuguaglianze.
Nel 2018, nei Paesi a basso reddito il reddito pro capite giornaliero è stato inferiore a cinque dollari. Negli ultimi 18 anni la crescita è stata solo dell’1,8%, e il divario rispetto ai Paesi a medio e alto reddito è aumentato. Sono necessarie, afferma il Rapporto, trasformazioni strutturali, potenziamento tecnologico e diversificazione delle attività lavorative per favorire un’occupazione con più alto valore aggiunto.
Secondo i dati diffusi nel mondo ci sono oltre 470 milioni di persone divise tra chi non ha accesso al mondo del lavoro (188 milioni), chi non viene adeguatamente retribuito (165 milioni) e chi non riesce a lavorare per il numero di ore desiderato (120 milioni). E per il 2020, le prospettive parlano di disoccupazione in aumento di 2,5 milioni.
Nel 2019 il tasso di disoccupazione globale è stato pari al 5,4% mentre il tasso di forza lavoro sottoutilizzata è circa il 13%, più del doppio rispetto alla disoccupazione. Il rallentamento della crescita economica, dichiara il Report, non riesce ad assorbire l’aumento della forza lavoro. Le ripercussioni dell’incertezza sugli scambi commerciali e delle tensioni geopolitiche sulla fiducia delle imprese e dei consumatori per i prossimi anni complicano le previsioni sul futuro del mercato del lavoro.
Il terzo aspetto su cui si concentra il Rapporto è relativo alle condizioni di lavoro in cui vessano i circa 3,3 miliardi di lavoratori in tutto il mondo. Nel 2019 avere un lavoro retribuito non era garanzia di condizioni lavorative dignitose. La mancanza di reddito costringe spesso i lavoratori ad accettare lavori in nero, con basse retribuzioni e senza diritti sul lavoro. Nel mondo ci sono circa due miliardi di lavoratori sommersi, il 61% della forza lavoro globale, per lo più autonomi o coadiuvanti familiari che vivono in Paesi a basso e medio reddito.  Inoltre, sottolinea il Rapporto, nel 2019, più di 630 milioni di lavoratori in tutto il mondo vivono in condizioni di povertà lavorativa, con un reddito inferiore a 3,20 dollari al giorno. Un dato che secondo le stime aumenterà soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, ostacolando il raggiungimento del primo Obiettivo di sviluppo sostenibile – sconfiggere la povertà.
L’ultimo aspetto su cui si concentra lo studio sono le disuguaglianze. Nel 2019, il tasso di attività femminile è solo del 47%, rispetto al 74% di quello maschile. In alcune regioni come Nord Africa e Stati arabi gli stereotipi secondo cui le donne sono destinate a svolgere lavori di assistenza e cura mentre gli uomini sono i capifamiglia sono ancora molto evidenti.
L’età è un’altra discriminante nel mercato del lavoro. In tutto il mondo ci sono 267 milioni di neet (not in education, employment or training), giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione.
La posizione geografica condiziona fortemente la probabilità di trovare un lavoro retribuito e di buona qualità. Nei Paesi a basso reddito, la vulnerabilità di molti lavoratori li spinge ad occupare qualsiasi lavoro, a discapito della qualità. Questo è il motivo per cui in questi Paesi si registra il più alto rapporto tra il numero degli occupati e il totale della popolazione in età lavorativa (68%).
La disoccupazione è più alta in Nord Africa, Asia centrale e occidentale, mentre i tassi più bassi si osservano nel Sud-Est asiatico, nel Pacifico e in America del Nord. Rimangono evidenti le disparità geografiche all’interno dei Paesi: in tutto il mondo, il tasso di occupazione della popolazione in età lavorativa che vive nelle aree rurali è superiore a quello nelle aree urbane (59% contro il 56%).
Queste disparità tra mondo rurale e urbano, continua il Rapporto, potrebbero aggravarsi in futuro a causa dell’innovazione tecnologica. In Asia e nel Pacifico, ad esempio, il progresso tecnologico e le politiche sull’innovazione favoriscono la creazione di nuovi posti di lavoro soprattutto nelle aree urbane.
Una situazione che costringe i lavoratori a migrare dalle campagne verso le aree urbane, alla ricerca di migliori opportunità. Secondo il Report la percentuale globale di popolazione in età lavorativa che vive nelle aree urbane è passata dal 50% nel 2005 al 55% nel 2019.
Le disuguaglianze e la mancanza di lavoro dignitoso, conclude il Rapporto, portano all’inefficienza economica e rappresentano un rischio per la coesione sociale all’interno dei Paesi.
“Sarà possibile individuare un percorso di sviluppo sostenibile e inclusivo solo affrontando questo tipo di disuguaglianze nel mercato del lavoro e di disparità nell’accesso al lavoro dignitoso” conclude Stefan Kühn, autore principale del Rapporto.

 

di Tommaso Tautonico

giovedì 30 gennaio 2020

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