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WeWorld: Italia spaccata, donne e bambini sempre più a rischio esclusione
“Mai più invisibili”, il nuovo Rapporto sulla condizione di donne e minori, ci restituisce il ritratto di un Paese solcato da profondi divari, in cui opportunità, benessere e salute sono determinati dal luogo dove si è nati. [VIDEO] 4/3/20
Un Paese a due velocità, frenato da un divario Nord-Sud sempre più esteso. È la fotografia che emerge dal rapporto “Mai più invisibili. Indice 2020 sulla condizione di donne, bambini e bambine in Italia” realizzato dalla onlus WeWorld per misurare il tasso di inclusione di donne e popolazione under 18. L’indagine ha utilizzato 38 indicatori per rilevare molteplici aspetti (economico, educativo, sanitario, culturale, politico, civile), oltre a nuove dimensioni diventate prioritarie nell’Agenda 2030, come ad esempio ambiente, sicurezza e protezione, pari opportunità, partecipazione politica, capitale umano e sociale.
VIDEO SUL RAPPORTO MAI PIU' INVISIBILI, CON L'INTERVISTA A ELENA CANEVA
Coordinatrice del Centro studi di WeWorld
Il Rapporto pubblicato ieri evidenzia, oltre alla nota spaccatura tra Nord e Sud del Paese, una seconda suddivisione: tra Nord e Centro-ovest da una parte, Centro-est e Sud dall’altra. Donne e bambini vivono in condizioni di buona o di sufficiente inclusione nei territori al Nord e nel Centro-ovest, mentre sono in condizione di grave esclusione o di insufficiente inclusione al Sud, nelle isole e nella parte centro orientale del Paese.
La classifica vede al primo posto il Trentino-Alto Adige (valore indice pari a 4,8), seguito da Lombardia e Valle d’Aosta (3,4), Emilia-Romagna (3), Lazio e Friuli Venezia-Giulia (2,1), Veneto (1,9), Toscana (1,6), Liguria (1,5), Piemonte (1), Marche (0). In coda alla lista, con un indice in negativo, si piazzano le regioni del Centro-est e Sud Italia: gli ultimi posti sono occupati da Sardegna (-2,6), Puglia (-3,5), Campania (-3,9), Sicilia (-4,3). Fanalino di coda è la Calabria, con un indice di -4,5. Donne e bambini residenti in Calabria vivono uno svantaggio doppio, determinato da povertà economica ed educativa, rispetto a donne e bambini del Trentino-Alto Adige, con un divario di ben 9,3 punti tra le due regioni.
“Si conferma”, ha commentato Marco Chiesara, presidente di WeWorld, “la difficoltà a garantire i diritti di donne, bambini e bambine, soprattutto in alcune regioni. Dal 2015 ad oggi l’Italia sta avendo un declino costante che è stato determinato in particolare dall’erosione della dimensione educativa riguardante i bambini, e dalla scarsa partecipazione alla vita economica e politica da parte delle donne”. Inoltre, ha continuato Chiesara, “la povertà femminile incide sull’inclusione dei bambini sotto molteplici aspetti, in primis quello educativo. Povertà economica, ma non solo, delle donne e povertà educativa dei bambini sono intrecciate e si alimentano a vicenda, in un circolo vizioso che può essere spezzato solo con politiche e interventi ad hoc, che tengano conto anche delle specificità territoriali”.
I divari tra territori sono particolarmente accentuati nella dimensione educativa per i bambini e le bambine. In alcune regioni del Sud i picchi di dispersione scolastica sfiorano il 20%, a fronte del 10,6% della media europea. La quota di popolazione con al massimo l’istruzione secondaria inferiore è in media del 38,6% nel Paese, ma raggiunge circa il 50% in Sicilia, Sardegna e Puglia. In Italia pochi bambini frequentano gli asili nido: si tratta solo dell’11,9% dei bimbi tra 0 e 2 anni, sia per scelta delle famiglie sia per mancanza di strutture.
Per quanto riguarda le donne, infatti, le differenze regionali più marcate si riscontrano in relazione alle condizioni economiche. In Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna circa due donne su dieci sono a rischio povertà ed esclusione sociale, mentre in Sicilia lo è una donna su due. La quota di donne occupate in Italia settentrionale e centrale è il doppio di quella del Sud. Infine, il tasso di occupazione femminile in Italia è tra i più bassi in Europa: 52,5% a fronte di una media europea del 66,4%.
di Andrea De Tommasi