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“Limits Revisited”: un esame del dibattito sui limiti della crescita
Gli studi più recenti dimostrano come le previsioni del rapporto del Club di Roma del 1972 si stiano avverando. I prossimi anni diventano fondamentali perché vengano adottate risposte, strategie e politiche che invertano la tendenza.
È recentemente stato pubblicato un nuovo studio, condotto da Tim Jackson e Robin Webster per conto dell’All-Party Parliamentary Group (APPG) on Limits to Growth, volto a esplorare le evidenze più recenti legate alle ipotesi formulate nel rapporto Limits to Growth (tradotto in italiano con il titolo “I limiti dello sviluppo”) nel lontano 1972 e a sintetizzare i punti più importanti riguardanti il dibattito nato attorno alla ricerca.
Ancora oggi, infatti, a più di quarant’anni dalla pubblicazione del rapporto, il dibattito sull’argomento è quanto mai vivo.
Diversi studi sono stati realizzati nel corso di tutto questo tempo allo scopo di verificare se lo scenario originale fosse verosimile. Tutte le ricerche hanno dimostrato una sorprendente quanto inquietante corrispondenza tra le proiezioni e la realtà.
Emerge piuttosto chiaramente che i trend descritti dal gruppo di scienziati del MIT di Boston non siano stati aggiustati nel tempo, delineando uno scenario inquietante rispetto all’approssimarsi delle loro previsioni. Il superamento dei limiti fisici del pianeta (concetto di overshoot), infatti, porterebbe necessariamente al calo della qualità e quantità delle risorse disponibili e di conseguenza della produzione e degli standard di vita correnti (concetto di collapse).
È chiaro ai più, dunque, che il mondo stia seguendo una traiettoria di insostenibilità in termini prima di tutto ambientali, ma conseguentemente anche economici e sociali.
Nel tentativo di perfezionare le idee descritte in Limits to Growth, dalla ricerca di Johan Rockstrom è nato il concetto di planetary boundaries, con il quale si identificano i limiti delle risorse fisiche e dei sistemi ecologici che reggono l’attuale modello di sviluppo e garantiscono la vita sulla terra. Il team dello Stockholm Resilience Centre ha individuato, infatti, un set di nove processi ecologici fondamentali che regolano la terra, gli oceani e l’atmosfera e ha postulato che l’equilibrio interno a queste dimensioni rappresenterebbe lo spazio entro il quale l’umanità potrebbe muoversi per agire in sicurezza, senza, cioè, determinare cambiamenti ambientali irreversibili e rischiosi. Dal rapporto pubblicato nel 2015, tuttavia, emerge che il modello di sviluppo corrente non può realisticamente essere mantenuto così come è.
I termini del dibattito su Limits to Growth oscillano, purtroppo, ancora tra il pessimismo di chi si concentra sulla finitezza delle risorse e l’ottimismo di chi crede ciecamente nel semplice progresso tecnologico. Come dichiarato, invece, da Anders Wijkman, copresidente del Club of Rome, bisogna “sviluppare una narrazione positiva, dove crescita e sviluppo sono affrontati in termini qualitativi e non quantitativi.”
Con il passare del tempo, il dibattito attorno a Limits to Growth si è allargato arrivando a trattare anche temi di giustizia sociale. La maggiore pressione sulle risorse del pianeta, infatti, viene esercitata dalla parte più industrializzata del mondo attraverso i suoi modelli di consumo, mentre le disuguaglianze aumentano e il numero di poveri assoluti è ancora significativo. È così che negli ultimi anni è cresciuta sempre più la riflessione sui limiti sociali della crescita, oltre a quelli fisici.
Stando così le cose, cresce la necessità di sviluppare e applicare una strategia in grado di “proteggere il benessere dell’uomo e garantire progresso sociale” e per la quale ognuno possa prosperare, mantenendo il mondo entro uno spazio di azione sicuro per il pianeta.
Tra le lezioni più importanti del rapporto originale e valide ancora oggi, bisogna tenere presente che con il passare del tempo diminuiscono anche le opzioni per intervenire, correggere i trend e controllare certi processi.
Infine, dunque, Limits Revisited sottolinea come vi siano una serie di implicazioni di diverso tipo delle quali il dibattito politico dovrebbe tener conto e sulle quali dovrebbe costruire una strategia per far fronte ai limiti della crescita e comprendere le sfide dello sviluppo nel 21° secolo.
La prudenza sarebbe nell’agire per tempo, trasformando sistemi tecnologici, istituzioni economiche e stili di vita. Ciò che serve è una pronta risposta politica, la quale, però, a detta degli autori, tarda ad arrivare. I governi sono ancora reticenti a ragionare oltre il breve termine e avrebbero lasciato cadere nel vuoto l’appello lanciato oltre quaranta anni fa dal gruppo di scienziati di Boston perché si adottino prospettive di lungo periodo.
Limits Revisited conclude affermando che “un elemento fondamentale in questo processo deve essere l’abilità di aprire uno spazio politico per un confronto bilanciato e informato sia sui limiti che le possibilità di cambiamento.”
Leggi Limits to Growth
Leggi Limits Revisited
A cura di Matteo Mancini
26/04/2016