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Le tre linee guida dell’Europa del futuro: proteggere, preparare, trasformare
Tre Rapporti si concentrano sulla necessità di rimettere la ricerca al centro di investimenti Ue. Tra le proposte un centro europeo di previsione dei rischi, uno strumento di monitoraggio e risposta umanitaria e condivisione strutturata di dati. 9/6/20
“Il nostro Pianeta sta affrontando una profonda crisi sistemica, radicata in una serie di sfide globali interconnesse come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l'inquinamento, la povertà diffusa, la disuguaglianza e la crescente instabilità. La convergenza delle crisi ambientali e sanitarie è a oggi la più grande minaccia esistenziale per l'umanità”. Il rapporto “Protect, prepare and transform Europe” elaborato da Esir, gruppo formato dalla Commissione europea che riunisce 15 esperti che operano per lo sviluppo del settore ricerca e innovazione (R&I) all’interno di una trasformazione sociale, economica, ambientale e digitale europea, pone l’attenzione sul legame profondo tra ripresa e riconsiderazione del ruolo della ricerca. “Il Covid-19 non può essere interpretato come una minaccia singola, ma come un evento estremo all'interno di un continuum di crisi, che comporta rischi a lungo termine per la salute umana, la prosperità economica e la stabilità planetaria”.
Per questa ragione, secondo i tecnici, l'Europa dovrebbe cogliere l'occasione per definire una governance più sostenibile e costruttiva, promuovendo modelli economici trasformativi e resilienti. “Seguire la scienza, ottimizzare la tecnologia e aggiornare l'infrastruttura digitale è stato il mantra di tutti i governi che hanno contenuto con successo l’epidemia nei rispettivi Paesi”.
L’approccio che suggerisce l’Esir è “proteggi-prepara-trasforma”, ovvero un processo che indirizzi gli investimenti verso una maggiore protezione dagli impatti negativi degli shock sociali, economici e ambientali; implichi una migliore preparazione per affrontare i rischi emergenti su larga scala; conduca a una profonda trasformazione verso la sostenibilità.
Queste direttive si dovrebbero tradurre, secondo l’Esir, in sei principali raccomandazioni, in grado di porre nuovamente la ricerca al centro del dibattito pubblico, utilizzando anche lo stimolo fiscale messo in campo per far ripartire l’economia Ue:
- Fare il punto sulla crisi pandemica per aiutare l'Unione a “riscrivere il futuro” attraverso una migliore comprensione delle risposte alla crisi, mettendo in atto uno sforzo multidisciplinare per mappare, analizzare e riprogettare i sistemi sociali, ambientali ed economici.
- Trarre insegnamenti dalle risposte politiche dei governi locali e nazionali: i Paesi che hanno gestito la crisi concentrandosi sul benessere e adottando nuovi modelli economici orientati alla sostenibilità offrono preziose lezioni da cui imparare.
- Intensificare la scansione e previsione delle future crisi, considerando la creazione di un centro per la previsione dei rischi su larga scala.
- Sviluppare una "Mappa europea delle crisi", delineando le zone maggiormente a rischio, con la possibilità di istituire uno strumento europeo di monitoraggio e risposta umanitaria per garantire un aiuto tempestivo.
- Sviluppare capacità di risposta rapida per organizzare e distribuire dati pubblici in situazioni di emergenza, proponendo un piano per rinnovare l'infrastruttura europea di visualizzazione di questi dati.
“Le attività di ricerca e innovazione sono leve fondamentali per garantire una ripresa sostenibile e inclusiva, rafforzando al contempo la resilienza dei nostri settori produttivi, la competitività delle economie e la trasformazione dei sistemi socioeconomici”. Queste sono le parole di un altro rapporto prodotto dalla Commissione europea, che mette la ricerca al centro della discussione, dal titolo: “The role of research and innovation in support of Europe’s recovery from the Covid-19 crisis”.
Il documento punta soprattutto sulla necessità di investimenti nella ricerca, svolgendo il settore R&I un ruolo essenziale nella risposta allo scoppio del Covid-19. “Nel contesto attuale, abbiamo bisogno di soluzioni scientifiche, di una migliore comprensione del virus, nonché dello sviluppo di vaccini, trattamenti e diagnostica” affermano i ricercatori. È di fondamentale importanza, dunque, investire in sistemi sanitari nazionali più forti e resistenti, in grado di fornire risposte rapide attingendo alle ultime scoperte scientifiche, con accesso condiviso in tutta l’Unione.
Come hanno dimostrato le precedenti crisi, gli investimenti nel settore R&I, sia pubblici che privati, sono stati tradizionalmente considerati variabili marginali all’interno di conti pubblici e privati, anziché investimenti strategici chiave. In proporzione diretta alla contrazione della crescita stimata dall'Ocse, è possibile calcolare che nel 2020 assisteremo ad esempio a una perdita di investimenti totali in R&I pubblici e privati di -1,3% (3,9 miliardi di euro) nell'Unione Europea. Questo fenomeno potrebbe essere attenuato dando priorità agli investimenti in questo settore per affrontare la Pandemia.
Sulla centralità di innovazione e ricerca si concentra anche il rapporto della Commissione “Science, research and innovation performance of the Eu”. “L'Europa deve affrontare la doppia sfida delle transizioni verde e digitale per diventare un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva” ricorda il documento. “Ciò significa che la nostra politica in materia di R&I dovrà adattarsi per garantire che questo settore contribuisca a un rinnovamento in termini di sostenibilità - sociale, ambientale ed economica - promuovendo al contempo la competitività dell'Ue”.
La competitività dell'Europa dovrebbe infatti basarsi su un quadro di istituzioni e politiche che garantiscano una sostenibilità a lungo termine (competitività sostenibile) e, allo stesso tempo, la sostenibilità dovrebbe diventare un motore chiave per la competitività e la crescita dell'Europa (sostenibilità competitiva). Il settore R&I sarà inoltre fondamentale per sostenere il passaggio a un'economia circolare a basse emissioni di carbonio e garantire un percorso a zero emissioni entro il 2050.
di Flavio Natale